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La giornata comincia ogni giorno con il rituale della
colazione: Emil Lundi a capotavola, la moglie Anna Sofia alla sua destra, i
sette figli sparpagliati. Anna Sofia è una madre premurosa, e ogni mattina
controlla che i figli siano pronti, che nessuno sia in ritardo per la scuola,
che i vestiti siano adatti alla stagione, che i compiti siano stati fatti. Paul
è il dormiglione della famiglia, e la mamma fatica ogni giorno a svegliarlo. Il
lunedì e il martedì sono dedicati a lavare e a stirare i panni. Anna Sofia è
una donna allegra e piena di vita, parla e parla e sorride e la casa, ogni
mattina, è colma delle sue parole e delle sue risate. Quando non ha un figlio a
tiro, chiacchiera con il cane: un enorme bulldog che, sostiene Anna Sofia, “sa
fare tutto tranne parlare”. Ogni giorno è così, tranne il quattordici di
aprile. Quel giorno, a colazione il silenzio è pesante: mamma non parla, non
sorride, non scherza. I suoi occhi si riempiono di lacrime. “Vi ricordate che
giorno è oggi?”, chiede malinconica ai figli. Poi comincia a raccontare, gli
occhi chini e le mani strette in grembo. Si interrompe e dice: “Nessuno però
che non sia stato sul Titanic potrà mai davvero capire che cosa è
successo”. Riprende a raccontare, descrive la “città galleggiante”. È triste, molto
triste: i figli ascoltano il racconto in silenzio. Il rito si compie ogni anno,
a colazione, sempre uguale: ogni quattordici aprile Anna Sofia celebra la sua
messa da requiem di fronte al marito e ai sette figli smettendo il sorriso e le
parole allegre, gli occhi ancora pieni di un terrore più grande dei suoi
diciott’anni di allora. C’è un grande silenzio, e il tempo si ferma.
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