Reverendo Robert James Bateman, 51 anni, seconda classe.

Quando sua cognata fu fatta salire su una scialuppa, il reverendo Robert James Bateman le si avvicinò e le disse: “Se non ti vedrò più in questo mondo, ti vedrò nel prossimo”. Poi si slacciò la cravatta e gliela gettò proprio mentre la scialuppa scendeva in mare. Il suo corpo fu ritrovato e fu restituito alla famiglia, che viveva in Florida. Perché il reverendo Bateman donò alla cognata la propria cravatta? Avrebbe potuto regalarle l’orologio d’oro che portava nel panciotto; oppure l’accendisigari o magari la penna, anch’essa d’oro, da cui non si separava mai: penna e accendisigari e orologio, invece, sono finiti in fondo al mare. Ci si separa da ciò che si ha di più caro, oppure l’oggetto più prezioso lo si conserva fino alla fine, fino all’abisso? Quel che è certo, è che una cravatta è un bizzarro dono d’addio, un curioso viatico per la sopravvivenza: tanto più che il reverendo se ne privò per farne dono ad una donna. Che però – ecco forse il punto – era la moglie di suo fratello: dunque, forse, quella cravatta slacciata precipitosamente sul ponte della nave che affonda è l’estremo dono ad un fratello che il reverendo Bateman sa di non rivedere mai più: non “in questo mondo”, per lo meno. E se la cravatta fosse stata un prestito? se non fosse appartenuta al reverendo, ma a suo fratello? In punto di morte, Bateman rimette dunque i propri debiti: e al fratello manda la cravatta che questi, chissà quando chissà dove, gli aveva donato – o, per meglio dire, gli aveva prestato. Il piccolo rito si consuma in silenzio, è un gesto sottratto al clamore della folla spaventata: è il saluto di un fratello ad un fratello.