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Lawrence Beesley, seconda classe, 34 anni.
In quegli anni la ginnastica era un evento sociale,
più o meno come giocare a bridge o assistere ad una partita di polo, ed era
molto alla moda. La ginnastica, in quegli anni, partecipava del generale spirito
progressista dei tempi; del progresso era uno dei simboli, e non dei meno
importanti: le persone eleganti e socialmente rispettabili e al passo con la
storia non mancavano di esercitarsi regolarmente, e lo facevano vestendosi
proprio come ci si vestirebbe per un tavolo di bridge o per una partita di
polo, e dopo essersi esercitati tornavano nei loro salotti e nei loro club e
parlavano dei loro esercizi e magnificavano il progresso ed erano soddisfatti,
profondamente soddisfatti. Sul Titanic c’era una palestra, equipaggiata
come meglio non si potrebbe immaginare, e la palestra, delle meraviglie della
nave, non era fra le minori. C’è una fotografia famosa, che ritrae una signora
con guanti e cappellino a cavallo di una cyclette mentre guarda vezzosa
nell’obiettivo. Dietro di lei fa capolino un signore in giacca da camera: lo
sguardo è grave, come di chi è conscio delle proprie responsabilità e del
proprio ruolo in società. Anche lui cavalca una cyclette. Non c’è sudore
né sforzo né fatica sui due volti, e semmai un’ombra di legittima soddisfazione
appena trattenuta dalla rigonfia coscienza di sé. L’uomo si chiama Lawrence
Beesley, è un maestro di scuola al Dulwich College di Londra e sta andando in
America. Pedala sulla sua cyclette transatlantica come farebbe lezione,
o conversazione. Il naufragio lo coglie di sorpresa: se ne accorge perché,
scendendo in cabina, le scale stranamente gli sembrano
sghembe.
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