Lucy Ridsdale, seconda classe, 50 anni.

La signorina Lucy Ridsdale era una maestra d’asilo un poco stufa di fare la maestra d’asilo. Non si era mai sposata: e adesso, seduta sul ponte di seconda classe che la sta portando in America, riflette sul perché. Non le dà fastidio continuare ad esser chiamata “signorina”, sebbene abbia appena superato i cinquant’anni; e non le dà fastidio essere senza figli e non poterne mai più fare. Però, adesso che avvolta in un plaid di lana guarda l’orizzonte e s’immagina l’ultimo tratto della sua vita, le viene da chiedersi come mai non si sia mai sposata. La signorina Lucy è una donna pratica e poco incline ai sentimentalismi: così, del resto, sono quasi tutte le signorine di quell’età. Non coltiva rimpianti, e una rassegnazione imperturbabile colora i suoi gesti, gli sguardi che posa sul mondo, le parole che pronuncia. Non ha rancori, la signorina Lucy: è insomma una persona in pace con la vita. E tuttavia vorrebbe venire a capo di questa sua condizione, oramai irrevocabile – così almeno le sembra – e ad ogni modo non sgradita. Non ha mai seriamente riflettuto, la signorina Lucy, sul suo essere, per l’appunto, una signorina. Le sue tre sorelle, che sta ora andando a trovare in America, e con le quali vivrà quel che resta della sua vita, si sono sposate tutte e tre e hanno fatto diversi figli. La signorina Lucy ricorda di esser stata innamorata, ed è un ricordo, per dir così, neutro: non riesce ad emozionarla. Ricorda di aver desiderato una famiglia, ma anche questo è un ricordo neutro. Mentre guarda il mare che la sta portando in America, la signorina Lucy s’interroga sulla propria vita ma non trova una risposta.