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Congregazione per le Chiese Orientali
Conferenza Stampa “Il Giubileo e le Chiese Orientali Cattoliche”

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MONS. CLAUDIO GUGEROTTI
SOTTO-SEGRETARIO DELLA CONGREGAZIONE
PER LE CHIESE ORIENTALI

Può suonare strano che si parli di Oriente in riferimento al Giubileo e di valori orientali in rapporto ad una realtà che sembra essere espressione tipica della sensibilità teologica occidentale. Intento della Congregazione per le Chiese Orientali, nel proporre il sussidio pastorale “Il Grande Giubileo del Duemila e le Chiese Orientali Cattoliche”, della Libreria Editrice Vaticana, non è affatto quello di andare a ricercare se vi siano in Oriente cose simili ad un Giubileo o elementi dottrinali affini a quelli che sottostanno al Giubileo.

Suo scopo è invece molto più pratico: rilevare come l’Oriente cristiano conosca bene e valorizzi in varia forma quegli atteggiamenti spirituali che compaiono nel Giubileo, e possa quindi viverli “a modo proprio”, attingendo non tanto, o non primariamente da quello che la Chiesa latina può produrre al riguardo, mai dai contenuti della propria specifica tradizione.

Naturalmente il documento non poteva soffermarsi su ogni singola tradizione ecclesiale dell’Oriente cristiano, ma si è limitato a richiamare alcuni principi generali. Ha chiaramente specificato però che tali linee generali vanno ulteriormente arricchite degli apporti specifici di ogni tradizione orientale. E questo è compito delle Gerarchie delle singole Chiese. Il sussidio ha voluto però dare un esempio di tale atteggiamento che dovrebbe guidare ogni Chiesa orientale, collocando in appendice una presentazione dei calendari liturgici di ciascuna tradizione, e mettendo in evidenza come in ognuno di essi figurino aspetti da valorizzare in rapporto al Giubileo.

Chi leggerà gli elementi presentati dal documento si accorgerà che essi non sono esclusivi dell’Oriente cristiano. Per questo la Congregazione ha ritenuto di fare un servizio anche ai Latini, mettendo a loro disposizione considerazioni e aspetti che possano arricchire il proprio approccio al Giubileo, scoprendo per analogia tesori forse dimenticati o non sufficientemente considerati.

La prima parte, sulla quale si sofferma il mio intervento, ha per titolo: “Il Giubileo nelle Chiese Orientali cattoliche”, va dalla pag. 5 alla pag. 24 ed è divisa in tre capitoli: indicazioni teologiche, indicazioni spirituali e indicazioni concrete.

Mi limiterò a soffermare l’attenzione su alcuni punti specifici.

Il capitolo sulle indicazioni teologiche colloca il Giubileo nella cornice del valore cristiano del tempo, indissolubilmente legato alla figura di Gesù Cristo, Signore del tempo e della storia.

Ciò che costituisce l’asse portante di tutta la prima parte è l’affermazione che il modo di gran lunga fondamentale per una Chiesa di celebrare il Giubileo è di farlo attraverso la liturgia. La liturgia è il luogo dell’epifania di Cristo nel tempo, e lo spazio dove la persona umanadivieneCristo per grazia. Tutto l’anno liturgico non è che una celebrazione giubilare, in quanto vive i diversi momenti della salvezza. Un Giubileo, come quello del 2000, che ci riporta in modo particolare alla nascita del Signore, dalla quale si cominciò a computare cristianamente il tempo, chiede una valorizzazione particolare del periodo liturgico che prepara e celebra la Nascita e la Manifestazione del Signore. Sembrerà forse scontato, ma il Documento mostra come il modo più importante per vivere bene il Giubileo sia quello di celebrare con solennità e intensità la liturgia, e dunque i sacramenti, possibilmente approfittando dei tempi liturgici che più si adattano a ciascun sacramento: l’iniziazione cristiana nella veglia pasquale, la penitenza nei tempi penitenziali propri di ciascuna tradizione; l’unzione degli infermi, per alcuni, il giovedì santo, ecc.

Anche quando le celebrazioni giubilari diano spazio ad aspetti non strettamente liturgici, “non si manchi di conservare pertanto chiaro il senso della priorità liturgica sulle altre dimensioni. Perché ciò avvenga è indispensabile un’accurata preparazione della celebrazione, che eviti le improvvisazioni e limiti le strumentalizzazioni ideologiche” (n. 7).

L’Anno Santo, poi, esprime in modo particolare l’universalità della Chiesa, attraverso il pellegrinaggio. Per gli Orientali cattolici, che hanno versato il loro sangue per conservare la comunione con il Vescovo di Roma, venire a Roma significa manifestare e celebrare questo legame di piena comunione col Successore di Pietro. In questo modo si mostrerà pure, attraverso le celebrazioni liturgiche nei vari riti orientali, che la cattolicità è profondamente varia al proprio interno, e fa confluire tale varietà nell’unità. Inoltre se i pellegrini orientali, anche attraverso questo documento, inseriranno nei loro itinerari le numerose e preziose memorie orientali di cui Roma è ricchissima, aiuteranno a mettere in luce il ruolo dell’Urbe come santuario di tutti i cristiani, da sempre meta di pellegrinaggio anche degli Orientali, pure quando la comunione non fu più piena: le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo e i luoghi del martirio cristiano continuano a costituire anche per i fedeli ortodossi motivo di speciale, profonda venerazione.

Non va poi dimenticato il ruolo che questo Giubileo attribuisce nuovamente a Gerusalemme, come “città degli inizi”. Si tratta di un elemento che ricolloca in pieno onore la “matrice orientale” del cristianesimo.

Non poteva mancare poi, nel testo, un richiamo particolare alla necessità di vivere il Giubileo come occasione di incontro ecumenico, tanto più urgente per ricreare un clima di fraternità all’interno dell’Oriente cristiano, sia cattolico sia ortodosso. La celebrazione dei testimoni che, da una parte e dall’altra, hanno pagato con la vita, anche in tempi recenti, la fedeltà a Cristo, potrà essere efficacemente collocata nel quadro giubilare (n. 7). Inoltre, “visto l’aspetto penitenziale del Giubileo, oltre alla conversione individuale, sarebbe bene che dalle Chiese fossero coltivati sentimenti e celebrati segni di perdono dato e ricevuto” (n. 14).

Le indicazioni spirituali del secondo capitolo mettono in evidenza il modo orientale di vivere la penitenza e la riconciliazione, soffermandosi in particolare sul digiuno e l’ascesi e svelandone il senso profondo, non di negazione, ma di educazione e di preparazione alla gioia, mantenendo viva l’attesa e l’invocazione del ritorno del Signore Gesù, che spesso l’Occidente corre oggi il rischio di dimenticare, schiacciando la dimensione della salvezza alla pura memoria del Gesù storico. Il capitolo si conclude, richiamando la grande devozione mariana dell’Oriente: il Giubileo del Redentore è anche il Giubileo di sua Madre.

Le indicazioni concrete, d’ordine, cioè pastorale, sono forse quelle che risultano più facilmente comprensibili e che più colpiscono il lettore occidentale. Ci sia permesso di riassumerle qui:

a) Giubileo significa rinnovamento. Le Chiese Orientali cattoliche sono invitate a “ridare vitalità alle istituzioni e ai gesti della Chiesa in un tempo in cui travagli sociali e politici e potenti sfide culturali rendono insufficiente la sola ripetizione dei gesti del passato e chiedono invece scelte coraggiose” (n. 28). Un chiaro invito a rinnovare le Chiese, rinunciando alla pura nostalgia del passato e rendendo più trasparenti, aggiornate ed efficaci le loro strutture.

b) Ogni rinnovamento nasce dall’ascolto della Parola di Dio. Sarà impegno concreto dei vescovi e dei presbiteri orientali cattolici curare in particolare le omelie liturgiche, evitando che esse o siano del tutto soppresse o si soffermino eccessivamente su contenuti di circostanza o di natura ideologica (cultura nazionale, polemica confessionale, ecc.), anziché essere autentica evangelizzazione.

c) Rinnovare implica conoscere: gli Orientali cattolici sono invitati ad approfittare del Giubileo per meglio conoscere se stessi e le proprie “avite tradizioni” (OE 6), a volte oscuratesi nel tempo.

d) Gli Orientali vivono la penitenza in modo particolare col digiuno. Riscoprire la tradizione dei digiuni, di cui è costellato l’anno liturgico, e troppo frettolosamente abbandonati o ridotti ad insignificanza per imitare il modello occidentale, sarà anche un importante fattore ecumenico, visto che non pochi Orientali attribuiscono grande valore al digiuno: si è tanto più vicini a loro quanto più si digiuna come loro.

e) Nel celebrare i sacramenti, cuore dell’Anno Santo, due gesti che la latinizzazione ha contribuito a sostituire quasi totalmente dovranno essere ripristinati, come autentico uso degli Orientali: il Battesimo per immersione e l’Eucaristia sotto le specie del Pane e del Vino e non sotto l’unica specie del Pane.

f) L’Oriente è particolarmente glorioso per la teologia e la poesia dei suoi inni liturgici, in particolare di quelli dell’Ufficio divino. Questa preghiera, nelle varie ore del giorno, soprattutto al mattino e alla sera, va sparendo in molte Chiese, anche orientali. Si chiede di ripristinare nei monasteri e nelle case religiose, ma anche nelle cattedrali e nelle parrocchie, la celebrazione delle Lodi Divine, soprattutto nelle domeniche e feste.

Si tratta solo di alcune indicazioni: spetta ai Sinodi e ai singoli Vescovi orientali farle proprie e arricchirle di altri aspetti specifici. Se questi spunti susciteranno pure la curiosità di qualche latino, sarà anche questo uno dei frutti del Giubileo.




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