5.
La fecondazione omologa in vitro è moralmente lecita?
La
risposta a questa domanda è strettamente dipendente dai principi ora ricordati.
Non si possono certamente ignorare le legittime aspirazioni degli sposi
sterili; per alcuni il ricorso alla FIVET omologa appare come l'unico mezzo per
ottenere un figlio sinceramente desiderato: ci si domanda se in queste
soluzioni la globalità della vita coniugale non basti ad assicurare la dignità
confacente alla procreazione umana. Si riconosce che la FIVET certamente non
può supplire all'assenza dei rapporti coniugali(47) e non può essere
preferita, considerati i rischi che si possono verificare per il figlio e i
disagi della procedura, agli atti specifici dell'unione coniugale. Ma ci si
chiede se nell'impossibilità di rimediare in altro modo alla sterilità, che è
causa di sofferenza, la fecondazione omologa in vitro non possa costituire un
aiuto, se non addirittura una terapia, per cui ne potrebbe essere ammessa la
liceità morale. Il desiderio di un figlio - o quanto meno la disponibilità a
trasmettere la vita - è un requisito necessario dal punto di vista morale per
una procreazione umana responsabile. Ma questa intenzione buona non è
sufficiente per dare una valutazione morale positiva della fecondazione in
vitro tra gli sposi. Il procedimento della FIVET deve essere giudicato in se
stesso, e non può mutuare la sua qualificazione morale definitiva né
dall'insieme della vita coniugale nella quale esso si iscrive né dagli atti
coniugali che possono precederlo o seguirlo(48). È già stato ricordato
come, nelle circostanze in cui è abitualmente praticata, la FIVET implichi la
distruzione di esseri umani, fatto questo che è contro la dottrina già
richiamata sulla illiceità dell'aborto(49). Ma anche nel caso in cui si
mettesse in atto ogni cautela per evitare la morte degli embrioni umani, la
FIVET omologa, attua la dissociazione dei gesti che sono destinati alla
fecondazione umana dall'atto coniugale. La natura propria della FIVET omologa,
pertanto, dovrà anche essere considerata astraendo dal legame con l'aborto
procurato. La FIVET omologa è attuata al di fuori del corpo dei coniugi
mediante gesti di terze persone la cui competenza e attività tecnica
determinano il successo dell'intervento; essa affida la vita e l'identità
dell'embrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un dominio della
tecnica sull'origine e sul destino della persona umana. Una siffatta relazione
di dominio è in sé contraria alla dignità e all'uguaglianza che dev'essere
comune a genitori e figli. Il concepimento in vitro è il risultato dell'azione
tecnica che presiede alla fecondazione; essa non è né di fatto ottenuta né
positivamente voluta come l'espressione e il frutto di un atto specifico
dell'unione coniugale. Nella FIVET omologa, perciò, pur considerata nel
contesto dei rapporti coniugali di fatto esistenti, la generazione della
persona umana è oggettivamente privata della sua perfezione propria: quella di
essere, cioè, il termine e il frutto di un atto coniugale in cui gli sposi
possono farsi "cooperatori con Dio per il dono della vita a una nuova
persona"(50). Queste ragioni permettono di comprendere perché
l'atto di amore coniugale sia considerato nell'insegnamento della Chiesa come
l'unico luogo degno della procreazione umana. Per le stesse ragioni il
cosiddetto "caso semplice", cioè una procedura di FIVET omologa, che
sia purificata da ogni compromissione con la prassi abortiva della distruzione
di embrioni e con la masturbazione, rimane una tecnica moralmente illecita
perché priva la procreazione umana della dignità che le è propria e
connaturale. Certamente la FIVET omologa non è gravata di tutta quella
negatività etica che si riscontra nella procreazione extraconiugale; la
famiglia e il matrimonio continuano a costituire l'ambito della nascita e
dell'educazione dei figli. Tuttavia, in conformità con la dottrina tradizionale
relativa ai beni del matrimonio e alla dignità della persona, la Chiesa rimane
contraria, dal punto di vista morale, alla fecondazione omologa in vitro;
questa è in se stessa illecita e contrastante con la dignità della procreazione
e dell'unione coniugale, anche quando tutto sia messo in atto per evitare la
morte dell'embrione umano. Pur non potendo essere approvata la modalità con cui
viene ottenuto il concepimento umano nella FIVET, ogni bambino che viene al
mondo dovrà comunque essere accolto come un dono vivente della Bontà divina e
dovrà essere educato con amore.
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