Valore
della prassi comune vigente
5. Il sommo pontefice Pio X ha
dichiarato: "La consuetudine di non ammettere alla confessione o di non
assolvere i fanciulli pervenuti all’uso della ragione, è del tutto
riprovevole". A fatica, poi, si può venire incontro al diritto che hanno i
fanciulli battezzati di confessare i propri peccati, se all’inizio dell’età
della discrezione non vengono preparati e dolcemente avviati al sacramento
della penitenza. Si deve pure tener presente l’utilità della confessione, la quale
conserva la sua forza anche quando riguarda soltanto peccati veniali e
conferisce l’aumento della grazia e della carità, aumenta le buone disposizioni
del fanciullo a ricevere l’eucaristia e aiuta a perfezionare la vita cristiana.
Sembra quindi che non si possa escludere l’utilità della confessione in nome di
quelle forme penitenziali o del ministero della parola con cui si coltiva nei
fanciulli la virtù della penitenza; esse tuttavia possono essere compiute con
frutto insieme al sacramento della penitenza, preparato da una catechesi
adatta. L’esperienza pastorale della chiesa, avvalorata da molte testimonianze
anche attuali, insegna ad essa quanto l’età detta della discrezione sia idonea
a far sì che, mediante una ricezione ben preparata dei sacramenti della
penitenza e dell’eucaristia, la grazia battesimale dei fanciulli rechi i primi
frutti, che in seguito dovranno certamente essere accresciuti con la
prosecuzione di un’opportuna catechesi.
Tutto considerato, tenuta
presente la prassi comune e generale cui non si può derogare senza il
beneplacito della sede apostolica e dopo aver udite le conferenze episcopali,
questa medesima santa sede giudica doversi conservare la vigente consuetudine
della chiesa di premettere la confessione alla prima comunione; il che non
impedisce affatto che tale consuetudine venga in vari modi perfezionata, ad
esempio con una celebrazione penitenziale comune che preceda o segua l’accesso
al sacramento della penitenza. La santa sede non trascura le peculiari ragioni
e circostanze delle diverse regioni, ma esorta i vescovi, in questo affare di
non poca importanza, a non scostarsi dall’uso vigente se non dopo aver
conferito con essa in spirito di comunione gerarchica. Né permettano che i
parroci o gli educatori o gli istituti religiosi incomincino o continuino ad
abbandonare l’uso vigente. Nelle regioni poi dove sono già state introdotte
delle nuove prassi che si scostano notevolmente da quella primitiva, le
conferenze episcopali vedano di sottoporre tali esperimenti a nuovo esame; se poi
vorranno portarli più a lungo non lo facciano se non dopo aver parlato con la
sede apostolica, che di buon grado le ascolterà, e d’accordo con la medesima.
Il sommo pontefice Paolo VI, con lettera della sua segreteria di stato n.
177335 del 18 marzo 1971, ha approvato e confermato con la sua autorità questo
direttorio generale, insieme con l’Allegato, e ha ordinato che venisse
pubblicato.
Roma, 11 aprile 1971,
risurrezione del Signore.
Giovanni G. card. Wright,
prefetto.
Pietro Palazzini,
segretario.
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