Scommettere sulla carità
49. Dalla comunione intra‑ecclesiale, la
carità si apre per sua natura al servizio universale, proiettandoci nell'impegno
di un amore operoso e concreto verso ogni essere umano.
E un ambito, questo, che qualifica in modo ugualmente decisivo la vita
cristiana, lo stile ecclesiale e la programmazione pastorale. Il secolo e il
millennio che si avviano dovranno ancora vedere, ed anzi è auspicabile che lo
vedano con forza maggiore, a quale grado di dedizione sappia arrivare la carità
verso i più poveri. Se siamo ripartiti davvero dalla contemplazione di Cristo,
dovremo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli
stesso ha voluto identificarsi: « Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho
avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e
mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a
trovarmi » (Mt 25,35‑36). Questa pagina non è un semplice invito
alla carità: è una pagina di cristologia, che proietta un fascio di luce sul
mistero di Cristo. Su questa pagina, non meno che sul versante dell'ortodossia,
la Chiesa misura la sua fedeltà di Sposa di Cristo.
Certo, non va dimenticato che nessuno può essere escluso dal nostro
amore, dal momento che « con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in
certo modo a ogni uomo ».35 Ma stando alle
inequivocabili parole del Vangelo, nella persona dei poveri c'è una sua
presenza speciale, che impone alla Chiesa un'opzione preferenziale per loro.
Attraverso tale opzione, si testimonia lo stile dell'amore di Dio, la sua
provvidenza, la sua misericordia, e in qualche modo si seminano ancora nella
storia quei semi del Regno di Dio che Gesù stesso pose nella sua vita terrena
venendo incontro a quanti ricorrevano a lui per tutte le necessità spirituali e
materiali.
50. In effetti sono tanti, nel nostro tempo, i
bisogni che interpellano la sensibilità cristiana. Il nostro mondo comincia il
nuovo millennio carico delle contraddizioni di una crescita economica,
culturale, tecnologica, che offre a pochi fortunati grandi possibilità,
lasciando milioni e milioni di persone non solo ai margini del progresso, ma
alle prese con condizioni di vita ben al di sotto del minimo dovuto alla
dignità umana. E possibile che, nel nostro tempo, ci sia ancora chi muore di
fame? chi resta condannato all'analfabetismo? chi manca delle cure mediche più
elementari? chi non ha una casa in cui ripararsi?
Lo scenario della povertà può allargarsi indefinitamente, se
aggiungiamo alle vecchie le nuove povertà, che investono spesso anche gli
ambienti e le categorie non prive di risorse economiche, ma esposte alla
disperazione del non senso, all'insidia della droga, all'abbandono nell'età
avanzata o nella malattia, all'emarginazione o alla discriminazione sociale. Il
cristiano, che si affaccia su questo scenario, deve imparare a fare il suo atto
di fede in Cristo decifrandone l'appello che egli manda da questo mondo della
povertà. Si tratta di continuare una tradizione di carità che ha avuto già nei
due passati millenni tantissime espressioni, ma che oggi forse richiede ancora
maggiore inventiva. E l'ora di una nuova « fantasia della carità », che si
dispieghi non tanto e non solo nell'efficacia dei soccorsi prestati, ma nella
capacità di farsi vicini, solidali con chi soffre, così che il gesto di aiuto
sia sentito non come obolo umiliante, ma come fraterna condivisione.
Dobbiamo per questo fare in modo che i poveri si sentano, in ogni
comunità cristiana, come « a casa loro ». Non sarebbe, questo stile, la più
grande ed efficace presentazione della buona novella del Regno? Senza questa
forma di evangelizzazione, compiuta attraverso la carità e la testimonianza
della povertà cristiana, l'annuncio del Vangelo, che pur è la prima carità,
rischia di essere incompreso o di affogare in quel mare di parole a cui
l'odierna società della comunicazione quotidianamente ci espone. La carità delle
opere assicura una forza inequivocabile alla carità delle parole.
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