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Luigi Pirandello
La giara
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La paura del sonno
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La
paura
del
sonno
I
Florindi
e i
Lindori
, dalle
teste
di
creta
dipinte
di
fresco
,
appesi
in
fila
ad
asciugare
su uno dei cinque
cordini
di
ferro
tesi
da una
parete
all'altra nella
penombra
della
stanzaccia
, che aveva sì due
finestroni
, ma più con
impannate
che con
vetri
,
chiamavano
la
moglie
del
fabbricante
di
burattini
, la quale si
era
appisolata
con l'
ago
sospeso
in una
mano
che
pian
pianino
le si
abbassava
in
grembo
, davanti a un gran
canestro
tutto
pieno
di
berrettini
, di
brachette
, di
giubboncini
variopinti
.
-
Parona
bela
!
E l'
appisolata
si
scoteva
di
soprassalto
; si
stropicciava
gli
occhi
; si
rimetteva
a
cucire
. Uno - due - tre
punti
e, a poco a poco, di
nuovo
, ecco le
palpebre
socchiudersi
e il
capo
pian
pianino
reclinarsi
sul
seno
, come se volesse, un po'
tardi
veramente
e con molto
languore
,
dir
di sì ai
Florindi
e ai
Lindori
: un sì che voleva
dir
no, perché le
parrucchine
,
dormendo
, non le faceva
davvero
quella
buona
signora
Fana
.
-
Neh
,
signo
'!, -
chiamavano
allora i
Pulcinelli
, dal
secondo
cordino
.
L'
appisolata
tornava
a
scuotersi
di
soprassalto
; si
stropicciava
gli
occhi
; si
rimetteva
a
cucire
. Uno - due - tre
punti
... ed ecco, di
nuovo
, le
palpebre
socchiudersi
, il
capo
reclinarsi
pian
pianino
, come se volesse
dir
di sì anche ai
Pulcinelli
. Ma,
ahimè
, non faceva neanche le
casacche
e i
berrettoncini
la
buona
signora
Fana
, così.
E
aspettavano
pure
tocchi
e
toghe
,
maglie
e
brachette
e
manti
reali
, su gli altri
cordoncini
di
ferro
,
giudici
,
pagliaccetti
,
contadinotti
e
Carlimagni
e
Ferraù
di
Spagna
: tutto, insomma, un
popolo
vario
di
burattini
e
marionette
.
Saverio
Càrzara
,
marito
della
signora
Fana
, per questa sua
svariata
e
ingegnosa
produzione
s'
era
acquistato
il
nome
e la
fama
di
Mago
delle
fiere
.
Realmente
aveva la
passione
del suo
mestiere
, e tanto
impegno
, tanto
studio
e tanto
amore
poneva
nel
fabbricare
le sue
creaturine
, quanto forse il
Signore
Iddio
nel
crear
gli
uomini
non ne
mise
.
- Ah, quante
cose
storte
hai tu fatte,
Signore
Iddio
! -
soleva
infatti
ripetere
il
Mago
. - Ci hai
dato
i
denti
, e a uno a uno ce li
levi
; la
vista
, e ce la
levi
; la
forza
, e ce la
levi
.
Ora
guardami
,
Signore
iddio
, come m'hai
ridotto
! Di tante
cose
belle
che ci hai
date
, nessuna dunque
dobbiamo
riportarne
a te?
Bel
gusto
, di qui a
cent'
anni
,
vedersi
comparire
davanti
figure
come la mia!
Egli, il
Mago
, ogni
sera
,
vincendo
lo
stento
con la
pazienza
,
leggeva
ogni
sorta
di
libri
: dai
Reali
di
Francia
alle
commedie
del
Goldoni
, per
arricchirsi
vieppiù
la
mente
di
nuove
cognizioni
utili
al suo
mestiere
.
Gli
era
di
conforto
a quello
studio
un buon
fiasco
di
vino
. E
leggeva
ad
alta
voce
,
magnificamente
spropositando
.
Spesso
rileggeva
tre e quattro
volte
di
seguito
lo stesso
periodo
, o per il
gusto
di
ripeterselo
, o per
capirne
meglio
il
senso
. Talvolta, nei
punti
più
drammatici
e
commoventi
, a qualche
frase
d'
effetto
,
chiudeva
furiosamente
il
libro
,
balzava
in
piedi
e
ripeteva
la
frase
ad
altissima
voce
,
accompagnandola
con un
largo
ed
energico
gesto
:
- E lo
bollò
con due
palle
in
fronte
!
Si
raccoglieva
, ci
ripensava
un po', e poi di
nuovo
:
- E lo
bollò
con due
palle
in
fronte
!
La
moglie
dormiva
quietamente
,
seduta
all'altro
capo
del
tavolino
,
affagottata
in un
ampio
scialle
di
lana
. Di tanto in tanto il suo
ronfo
crescente
infastidiva
il
marito
, il quale allora
interrompeva
la
lettura
per
mettersi
a fare con le
labbra
il verso con cui si
chiamano
i
gatti
. La
moglie
si
destava
; ma, poco dopo,
ripigliava
a
dormire
.
Saverio
Càrzara
e la
signora
Fana
(come ella si faceva
chiamare
: - Perché io
veramente
, di
nascita
e d'
educazione
, sono
signora
! -) erano da
dodici
anni
uniti
in
matrimonio
, e mai una
lite
, mai un
malinteso
avevano
turbato
la
quiete
laboriosa
della loro
casetta
.
Da
giovanotto
, il
Càrzara
, sì,
era
stato
un po'
focoso
, tanto che
portava
ancora i
calzoni
a
campana
a modo dei
guappi
: e forse avrebbe voluto
pettinarsi
ancora coi
fiaccagote
; ma i
capelli
, eh! gli erano
caduti
precocemente
; avrebbe voluto
fors
'anche
parlare
con l'
enfasi
d'un
tempo
; ma la
voce
aveva
adesso
certi
improvvisi
ridicolissimi
cangiamenti
di
tono
, che
don
Saverio
preferiva
star
zitto
, e
parlava
solo quando non poteva farne a meno; e lo faceva ogni
volta
in
fretta
e
arrossendo
.
Al
guasto
dei
capelli
, all'
infermità
della
voce
s'
era
poi
unita
, a
finir
d'
estinguere
il
giovanile
fervore
del
Mago
, l'
indole
placidissima
della
moglie
.
Piccola
di
statura
,
stecchita
, come di
legno
, la
signora
Fana
pareva
avesse lo
spirito
avvelenato
di
sonno
:
dormiva
sempre,
infusa
come in un'
aura
spessa
e
greve
di
letargo
; o si
rintanava
in un
cupo
,
oscuro
silenzio
,
rifuggendo
in tutti i
modi
da ogni
sensazione
della
vita
.
Aveva
accolto
i
primi
impeti
d'
amore
del
marito
come un
lenzuolo
bagnato
un
febbricitante
. E così gli
ardori
del
Càrzara
a poco a poco si erano
raffreddati
.
Attendeva
ora
assiduamente
al
lavoro
, senza mai
stancarsi
. Qualche
volta
,
dimentico
della
infermità
della
voce
, si
provava
a
canticchiare
,
lavorando
;
smetteva
però subito, non appena la
dolorosa
coscienza
di quella
ridicola
infermità
gli si
ridestava
;
sbuffava
, e
continuava
(come per
ingannar
se stesso) a
modulare
il
motivo
fischiando
. S'
intratteneva
qualche
sera
un po' di
soverchio
col
fiasco
del
vino
; ma la
placida
moglie
ci
passava
sopra, purché egli la
lasciasse
dormire
.
Questa del
continuo
sonno
della
moglie
era
una
spina
che di
giorno
in
giorno
si faceva più
pungente
per il
Mago
. I
burattini
, è
vero
,
esposti
ignudi
su i
cordini
di
ferro
non erano
capaci
di
soffrire
il
freddo
o la
vergogna
; ma,
andando
a lungo di questo
passo
,
don
Saverio
si
vedeva
minacciato
d'avere tra breve tutte le
stanze
invase
dalle sue
creaturine
ignude
e
supplicanti
la
signora
Fana
di
fornir
loro, alla
fine
, la tanto
attesa
opera
dell'
ago.
Senza
contare
che
quattrini
in
casa
non ne
entravano
davvero
,
seguitando
così.
-
Fana
! -
chiamava
egli pertanto, dalla
stanza
attigua
, in cui
lavorava
, e -
Fana
! - di
lì
a poco, se ella non
rispondeva
, e -
Fana
!
Fana
! - di
mezz'
ora
in
mezz'
ora
, per quanto
era
lunga
la
giornata
. Finché
stanco
, per farla breve, di quella
continua
sorveglianza
,
prese
un
giorno
il
partito
di
lasciar
dormire
in
pace
la
moglie
e di
dare
a
cucir
fuori i
varii
indumenti
delle sue
creaturine
.
Era
il
meglio
che potesse fare, perché la
signora
Fana
,
imbestiata
nel
sonno
,
infastidita
dai
continui
richiami
,
cominciava
a
rispondere
con poco
garbo
al
marito
.
- Questo
sonno
è la mia
croce
, -
diceva
il
Mago
a gli
amici
, di cui
ascoltava
ora
con
compiacimento
le
commiserazioni
, e in
ispecie
quelle della
vicina
, a cui aveva
rimesso
l'
incarico
della
fornitura
del
vestiario
per i suoi
burattini
.
Con gli
occhi
bassi
questa
vicina
parlava
sospirando
al
Càrzara
del
marito
defunto
, "buon
uomo
, ma
pigro
,
sant'
anima
!".
- Per il
sonno
e per il
caldo
del
letto
,
vedete
, ci siamo
ridotti
in questo
stato
... Lui, no,
ormai
:
dorme
in
pace
per sempre,
poverino
! ma io... mi
vedete
! Perciò vi
dico
che nessuno può
compatirvi
più di me...
E chi
sa
quanto e
fino
a qual
punto
avrebbe voluto
davvero
compatirlo
, se il
Mago
col suo
onesto
contegno
non avesse
imposto
fin
da
principio
un
limite
alla
vedova
vicina
.
-
Badate
se quel
sonno
non
provenga
da qualche
malattia
che
cova
! - gli
suggeriva
intanto qualche
amico
.
Il
Mago
si
stizziva
,
scrollava
le
spalle
.
- Non mi
fate
ridere
!
Mangia
per due,
dorme
per quattro! Vorrei
essere
malato
io, com'è
malata
lei!
Così, in quel
tratto
di
via
, non si
parlava
d'altro che del
continuo
sonno
della
signora
Fana
,
passato
quasi in
proverbio
.
Quand'ecco una
mattina
, poco prima di
mezzogiorno
,
partire
dalla
casa
del
Càrzara
grida
e
pianti
disperati
.
Tutto il
vicinato
e altra
gente
che si
trovava
a
passare
per
via
accorrono
e
trovano
la
signora
Fana
stesa
immobile
sul
pavimento
e il
Mago
che
grida
in
ginocchio
e
piange
davanti a lei:
-
Fana
!
Fana
!
Fana
mia! Non mi
senti
più?
Perdono
!
Fana
mia...
Poi, alla
vista
di tanta
gente
,
comincia
a
percuotersi
le
guance
:
-
Assassino
!
Assassino
! L'ho
ammazzata
io! Non l'ho
curata
! Io che
credevo
...
-
Coraggio
, su!
coraggio
... - gli
ripetono
attorno
tante
voci
, nella
confusione
del
momento
. -
Coraggio
! Avete
ragione
,
poveretto
!
E alcune
braccia
lo
strappano
dalla
morta
, lo
sollevano
, lo
trascinano
in un'altra
stanza
,
sorreggendolo
; mentr'egli, con l'
escandescenza
del
primo
dolore
,
interrotto
da
singhiozzi
,
narra
com'è
avvenuta
la
disgrazia
:
- Su la
seggiola
,
là
...
Credevo
che
dormisse
... "
Fana
!
Fana
!", la
chiamo
... - Ah
Fana
mia! Io t'ho
ammazzata
... - La
chiamavo
... Chi poteva
supporre
? - E lei, come poteva
rispondermi
?
Morta
,
capite
? Così, su la
seggiola
! Me le
accosto
per
scuoterla
,
pian
piano
... e lei... oh
Dio
! me la
vedo
traboccare
a
testa
giù
, sotto gli
occhi
...
Morta
!
morta
! Oh
Fana
mia!
Il
Càrzara
siede
inconsolabile
, tra un
crocchio
d'
amici
; mentre la
signora
Fana
è
sollevata
da
terra
e
messa
a
giacere
sul
letto
, subito
assiepato
da
curiosi
che si
sporgono
a
guardare
di su le
spalle
dei più
vicini
. Ha gli
occhi
chiusi
, la
buona
signora
Fana
, e
pare
che
dorma
placidamente
; ma è
fredda
e
pallida
, come di
cera
. E
c'
è chi vuol
sentire
quanto le
pesi
il
braccio
; chi le
tasta
la
fronte
,
vincendo
il
ribrezzo
, con
paurosa
curiosità
; chi la
rassetta
addosso
qualche
piega
della
veste
.
Il
popolo
delle
marionette
,
appeso
su i
cordini
di
ferro
,
par
che
assista
atterrito
dall'
alto
a questa
scena
, con gli
occhi
immobili
nell'
ombra
della
camera
. I
pulcinelli
, senza
berrettoncini
,
par
che se li siano
levati
dal
capo
per
rispetto
verso la
morta
: i
Florindi
e i
Lindori
, senza
parrucchine
,
pare
che se le sieno
strappate
nella
disperazione
del
dolore
;
soltanto
i
paladini
di
Francia
,
chiusi
nelle loro
armature
di
latta
o di
cartone
indorato
,
ostentano
un
fiero
disdegno
per quell'
umile
morte
non
avvenuta
in
campo
di
battaglia
; e i
piccoli
Pasquini
, dalle
folte
sopracciglia
dipinte
e il
codino
arguto
sulla
nuca
,
conservano
la
smorfia
furbesca
del
sorriso
che
scontorce
loro la
faccia
, come se volessero
dire
: "Ma che! ma che! La
padrona
fa per
burla
!".
Intanto, chi
va
, chi
corre
per un
medico
? - Un
medico
? Perché? -
Povera
signora
Fana
!
Morta
senza
conforti
religiosi
! Le
torce
! - Quattro
torce
! - Sì, ma... il
danaro
? - Eccolo qua! - (una
vicina
lo
appronta
). Si
va
per il
medico
. - Ma è
inutile
! -
Vestirla
piuttosto
! Bisogna
vestirla
! Dove saranno gli
abiti
? - Le
vicine
più
premurose
girano
per la
casa
in
cerca
dell'
armadio
;
ficcano
il
naso
da per tutto. - Dov'è l'
armadio
? - E intanto a
piè
del
letto
c'
è chi
strappa
le
scarpe
alla
morta
, mentre gli altri
raccomandano
: -
Piano
!
Piano
! - come se la
piccola
buona
signora
Fana
si possa ancora far
male
.
Arriva
il
medico
,
osserva
, tra quella
confusione
, la
giacente
; poi
domanda
ai
vicini
: - Perché m'avete
chiamato
? -. Nessuno
sa
o
attende
a
rispondergli
, e il
medico
se ne
va
. Allora le
vicine
fanno
sgomberare
la
stanza
, e poco dopo la
signora
Fana
è
vestita
e
coperta
da un
lenzuolo
.
Il
Mago
,
sorretto
per le
ascelle
, viene
condotto
davanti al
letto
di
morte
. La
signora
Fana
su l'
ampio
letto
è così
esile
e
piccina
, che s'
indovina
appena sotto il
lenzuolo
: due, tre
lievi
pieghe
soltanto
accusano
il
cadavere
al
lume
giallognolo
dei
grandi
ceri
.
È già
sopravvenuta
la
sera
. Tre
vicine
veglieranno
la
morta
tutta la
notte
. Quattro
amici
terranno
in un'altra
stanza
compagnia
al
Mago
.
- Ah, che
spasimo
qua... - si
lamenta
questi a
tarda
notte
.
- Nel
cuore
? Eh,
poveretto
!
- No. -
Don
Saverio
accenna
alla
guancia
. - Come se ci avessi un
cane
addentato
.
-
Scherzi
del
dolore
... - gli
risponde
uno degli
amici
.
E un altro gli
propone
, con
esitanza
:
- Per
stordirlo
, una
fumatina
...
Il
terzo
gli
offre
un
sigaro
.
- Ma che! No! - si
schermisce
il
Mago
, quasi
offeso
: -
Fana
è
lì
,
morta
; come faccio a
fumare
io qua?
Un
quarto
si
stringe
nelle
spalle
e
osserva
:
- Non
vedo
che
male
ci sarebbe, se non
fumate
per
piacere
...
E quell'altro gli
offre
di
nuovo
il
sigaro
(
tentazione
).
-
Grazie
, no... se mai, la
pipa
... - dice
don
Saverio
,
cavando
,
esitante
, dalla
tasca
una
vecchia
pipa
intartarita
.
I quattro
amici
lo
imitano
.
- Come vi
sentite
adesso
? - gli
domanda
uno, di
lì
a poco.
- Ma che! lo stesso... -
risponde
il
Mago
. -
Arrabbio
dal
dolore
.
- Forse,
date
ascolto
a me, un
goccetto
di
vino
... -
suggerisce
il
primo
,
rattristato
e
premuroso
.
E gli altri:
- Certo!
-
Meglio
!
-
Stordisce
di più! La
notte
è così
fredda
!
- Ma vi
pare
che possa
bere
? -
domanda
mestamente
don
Saverio
. -
Fana
lì
morta
... Se voi volete, senza
cerimonie
: di
là
ce ne
dev'
essere
...
Uno degli
amici
si
alza
infreddolito
e
va
a
prendere
il
vino
,
seguendo
le
indicazioni
del
vedovo
; non per sé, né per gli
amici
, ma per quel
poveretto
che ha
mal
di
denti
... Una
bottiglia
e cinque
bicchieri
.
Man
mano
la
conversazione
s'
avvia
;
triste
.
Resta
al
Mago
il
rimorso
di non aver
dato
ascolto
a chi gli aveva
espresso
il
dubbio
non
fosse
quel
sonno
continuo
della
moglie
il
segno
manifesto
d'una
malattia
che le
covava
dentro. Sì, così
era
:
adesso
, troppo
tardi
, egli ne aveva la
prova
nel
fatto
. Ma intanto... eh già, intanto
bisognava
pur farsi
coraggio
,
rassegnarsi
. Nessuna
colpa
volontaria
, in
fin
dei
conti
, da
parte
sua: aveva
lasciato
dormire
la
moglie
per non
infastidirla
più. La
moglie
invece
era
malata
,
dormiva
,
poverina
, quasi per
prepararsi
all'
ultimo
sonno
! Che ne
sapeva
don
Saverio
? Un
giorno
o l'altro quella
disgrazia
doveva
pure
accadere
! Non
era
più
vita
,
ormai
!
Meglio
dunque presto che
tardi
, e per tante
ragioni
...
Così, a poco a poco, la
bottiglia
si
votava
, ma
piano
piano
, senza
glo
glo
. E finalmente
ruppe
l'
alba
.
Ai quattro
angoli
del
letto
le
torce
si erano a
metà
consumate
, non
ostante
la
cura
d'una
vicina
che
pazientemente
aveva
nutrito
d'
ora
in
ora
le
fiammelle
coi
gocciolotti
raccolti
dai
fusti
, perché
contava
di
portarsi
via
i
resti
di quelle
torce
, mentre le altre due
compagne
dormivano
placidamente
accanto al
letto
funebre
.
Vennero su le
prime
ore
del
giorno
i
portantini
col
cataletto
.
I
morti
, al
tempo
del
Mago
, non si
spedivano
belli
e
incassati
all'altro
mondo
:
usavano
altri
mezzi
di
spedizione
: i
cataletti
.
Tutto il
vicinato
era
già in
attesa
, per
accompagnare
la
defunta
fino
all'
uscita
del
paese
.
Don
Saverio
volle
legare
lui stesso con le sue
mani
i
polsi
della
moglie
con un
nastrino
di
seta
gialla
, come
usava
allora; poi,
ajutato
da un
amico
,
tolse
dal
letto
la
morta
per le
spalle
e l'
adagiò
sul
cataletto
, e le
pose
sul
seno
un
Crocifisso
; la
baciò
in
fronte
e la
contemplò
un
tratto
attraverso le
lagrime
che gli
sgorgavano
abbondanti
dagli
occhi
gonfi
e
rossi
.
Un
sacerdote
,
labbreggiando
con gli
occhi
socchiusi
un'
orazione
,
benedisse
il
cadavere
, e finalmente i
portantini
s'
introdussero
tra le
stanghe
del
cataletto
, si
disposero
su gli
omeri
le
cinghie
, e
via
.
Il
Mago
ricadde
in
preda
ai quattro
amici
della
veglia
.
Andava
il
mortorio
silenzioso
per le
vie
della
cittaduzza
, a quell'
ora
deserte
.
Il
freddo
era
intenso
, e
andavano
gli
uomini
stretti
nelle
spalle
e con le
mani
in
tasca
,
guardando
il
fiato
vaporare
nell'
aria
rigida
invece del
fumo
della
pipa
che non
accendevano
per
rispetto
alla
morta
;
andavano
le
donne
avvolte
negli
scialli
neri
di
lana
o nelle
mantelline
di
panno
,
conversando
tra loro a
bassa
voce
; e
borbottando
orazioni
, le
vecchie
. Di
tratto
in
tratto
il
mortorio
s'
arrestava
, e i
portantini
si
davano
il
cambio
.
La
via
che
conduceva
al
camposanto
,
situato
in
alto
, in
cima
al colle che
sovrasta
la
cittaduzza
,
svoltava
bruscamente
al
cominciare
dell'
erta
, fuori dell'
abitato
. Proprio al
gomito
sorgeva
un
vecchio
albero
di
fico
dal
tronco
ginocchiuto
e dai
rami
aspri
e
stravolti
, coi quali
sbarrava
quasi il
passaggio
. Quest'
albero
di
fico
,
guardiano
della
via
del
cimitero
, non
era
stato
abbattuto
, perché,
rendendo
così, coi suoi
rami
,
difficile
il
transito
ai
morti
,
pareva
ai
vivi
di buon
augurio
.
Giunto
presso all'
albero
, già il
codazzo
del
mortorio
si
sbandava
, quand'ecco, a un
tratto
, avendo i
portantini
nel
darsi
un
ultimo
cambio
lasciato
impigliar
le
vesti
della
morta
tra i
rami
del
fico
più
sporgenti
, la
signora
Fana
,
solleticata
alle
gambe
, alle
mani
, al
volto
, dalle
foglie
dell'
albero
, tra le
grida
d'
orrore
di tutta la
gente
,
sorgere
a
sedere
sul
calaletto
, coi
polsi
legati
,
cerea
,
sbalordita
di
trovarsi
in quel
luogo
, all'
aria
aperta
, tra tanto
popolo
che le
urlava
intorno
raccapricciato
.
Per
volere
di
Dio
o per
mano
del
diavolo
, la
piccola
signora
Fana
era
risuscitata
; e forse il
merito
spettava
più al
diavolo
, a
giudicare
almeno dalla
prova
che della sua
resurrezione
volle subito
dare
spezzando
il
nastro
che le
legava
i
polsi
per
scagliare
contro la
gente
che la
intronava
il
crocifisso
trovatosi
in
grembo
.
Scesa
poi dal
cataletto
con le
mani
tra i
capelli
, fu
circondata
dalle
amiche
, dai
curiosi
che avevano
seguito
il
mortorio
. In un
baleno
si
sparse
,
volò
la
nuova
della
resurrezione
, e
gente
accorreva
da ogni
parte
, a
vedere
il
miracolo
.
-
Miracolo
!
Miracolo
!
E la
piccola
signora
Fana
non
trovava
parole
da
rispondere
;
stordita
,
oppressa
,
tempestata
di
domande
, di
cure
,
guardava
in
bocca
la
gente
. - Una
sedia
! Una
sedia
! - Non si
reggeva
in
piedi
? - I
piedi
? - Come si
sentiva
? -
Aria
!
Aria
!
Largo
! - I
piedi
? - Come! le facevano
male
i
piedi
?
- Sì... ho le
scarpe
strette
, che non
mettevo
più da un
anno
... -
risponde
la
signora
Fana
,
guardandosi
i
piedi
,
seduta
.
I più
vicini
ridono
; le
tolgono
le
scarpe
.
- Voglio
tornare
a
casa
... -
riprende
la
signora
Fana
.
Sorge
allora un
contrasto
tra la
folla
raccolta
.
- Per
carità
! Non la
fate
andare
subito a
casa
! -
raccomandano
alcuni.
- Subito! Subito! -
tempestano
altri.
- No!
Preparate
alla
notizia
il
marito
! Potrebbe
impazzire
!
- È
giusto
! È
giusto
! - si
grida
di qua; ma di
là
,
sollevando
in
trionfo
la
sedia
su cui la
signora
Fana
sta
seduta
: - A
casa
! A
casa
!
- No! Prima in
chiesa
! A
ringraziare
Dio
!
- A
casa
! A
casa
!
Da quel
pandemonio
, intanto, tre, quattro
vicini
di
casa
del
Mago
scappano
di
corsa
per
prepararlo
al
fausto
avvenimento
, prima che
arrivi
la
processione
che
va
gridando
in
delirio
per le
vie
:
-
Miracolo
!
Miracolo
!
-
Cose
che
avvengono
... -
spiega
invece
sorridendo
un
medico
mattiniero
in una
farmacia
. - Una
sincope
cessata
a
tempo
, per
fortuna
!
Intanto i
vicini
accorsi
a
dare
l'
annunzio
,
pervenuti
in
casa
di
Càrzara
, lo
trovano
tra i quattro
amici
della
veglia
, se non del tutto
confortato
, già quasi
calmo
.
Discorre
dei suoi
burattini
e dell'
arte
sua,
fumando
e
bevendo
con gli altri, a
sorsellini
, senza aver l'
aria
di
badare
a quello che fa. La
mestizia
, sì, è
rimasta
nella
voce
, poiché il
discorso
è
partito
dalla
disgrazia
della
moglie
che da molto
tempo
non lo
ajutava
più nel suo
lavoro
; ma ne
parla
come se
fosse
morta
da più d'un
anno
. Gli
amici
gli
lodano
le sue
creaturine
, e lui se ne
compiace
; ne ha
presa
anzi una a
caso
da un
cordino
, e la
mostra
ai quattro
ammiratori
.
-
Guardate
... no, vi
prego
,
guardate
bene
. In
coscienza
, chi li
lavora
più così? Questi non si
rompono
neanche se li
sbattete
su le
corna
del
Tubba
che
osa
dirsi
mio
rivale
! È
facile
che un
bambino
,
fattura
di
Dio
,
muoja
; ma questi che faccio io
campano
cent'
anni
,
parola
d'
onore
! La
ragione
c'
è:
figli
non ne ho avuti, mi
capite
? I miei
figli
sono
stati
sempre questi qua.
Ma la
strana
animazione
che è nei
volti
dei
sopravvenuti
tutti
ansanti
,
esultanti
,
sorprende
il
Mago
e i quattro
compagni
.
- Una
buona
notizia
,
don
Saverio
!
- No, cioè... sì... una
notizia
che vi farà
piacere
...
- Che
notizia
?
- Ma... ecco,
dicono
... che tante
volte
... sì, uno si
inganna
e che poi non è
vero
... in certe
malattie
...
-
Miracoli
della
Madonna
, ecco! -
esclama
uno, con gli
occhi
spiritati
, non
sapendo
più
contenersi
.
- Che
miracoli
? che
malattie
?
Parlate
- fa il
Mago
alzandosi
,
inquieto
.
Ma già
comincia
a farsi
sentire
dal
fondo
della
via
il
clamore
confuso
della
processione
.
- Vostra
moglie
,
sentite
?
- Ebbene?... Ebbene?... -
balbetta
don
Saverio
impallidendo
, poi, a un
tratto
,
arrossendo
.
- Non è
morta
? -
domanda
stupito
uno dei quattro
compagni
.
- No,
don
Saverio
, no!
sentite
? ve la
por
... Oh
Dio
,
don
Saverio
! Che avete?
Il
Mago
si
abbandona
sulla
seggiola
,
privo
di
sensi
.
-
Aceto
!
Aceto
!
Fategli
vento
!
Il
clamore
della
processione
cresce
, s'
avvicina
vie
più,
diviene
assordante
. La
popolazione
è già sotto la
casa
del
Mago
. E
invano
i
primi
accorsi
e due dei
compagni
si
sbracciano
a far
cenni
, a
zittire
dal
balconcino
: nessuno
dà
loro
retta
; e già la
signora
Fana
,
calata
tra gli
evviva
dalle
spalle
dei
portatori
, si
alza
dalla
seggiola
,
confusa
,
imbalordita
dai mille
rallegramenti
che le
piovono
da tutte le
parti
.
-
Zitti
!
Zitti
,
perdio
! È
svenuto
! Lo
fate
impazzire
!
La
signora
Fana
,
seguita
da gran
moltitudine
di
gente
,
sale
la
scala
- la
casa
è
inondata
-
don
Saverio
non
rinviene
.
-
Saverio
!
Saverio
!
Saverio
mio! - lo
chiama
la
moglie
,
abbracciandolo
.
-
Adesso
muore
il
marito
! -
esclama
la
gente
qua e
là
.
Finalmente il
Mago
si
rià
.
Marito
e
moglie
s'
abbracciano
piangendo
dalla
gioja
, a lungo a lungo, tra i
battimani
e gli
evviva
di tutti.
Don
Saverio
non
sa
credere
ancora ai suoi
occhi
.
- Ma come? È
vero
? È
vero
?
E
tocca
,
stringe
,
torna
ad
abbracciare
la
moglie
,
piangendo
.
- È
vero
? È
vero
?
Poi, come
impazzito
dalla
gioja
, si
mette
a
trar
salti
da
montone
e con le
mani
scuote
,
agita
,
scompiglia
su i
cordini
di
ferro
i
burattini
e le
marionette
,
invitando
gli altri a far lo stesso.
- Così! Così!
facciamoli
ballare
! Su! su!
Ballare
!
Balliamo
tutti,
perdio
!
E mille
braccia
minuscole
, mille
gambette
di
legno
si
agitano
scompostamente
, con
furia
pazza
, in
pazzo
tripudio
, tra le
risa
e le
grida
della
gente
. I più
ridicoli
di tutti sono i
piccoli
Pasquini
, con la
faccia
scontorta
dalla
smorfia
furbesca
: - "Lo
dicevamo
noi che la
padrona
faceva per
burla
!". E
danzano
e
dondolano
allegramente
.
A poco a poco, intanto, i
curiosi
sgombrano
la
casa
:
rimangono
i più
intimi
del
vicinato
: una
dozzina
di
persone
.
- A
pranzo
! a
pranzo
! Tutti quanti a
pranzo
con me! -
propone
il
Mago
.
E
tiene
una
seconda
festa
di
nozze
.
Ma,
terminata
la
festa
:
-
Badate
adesso
,
don
Saverio
! - gli
ricordano
gli
amici
sottovoce
, prima di
partirsi
. -
Badate
che vostra
moglie
non si
rimetta
a
dormire
come per l'
addietro
...
Badate
!
Da quella
notte
stessa,
cominciò
per il
Mago
una
vita
d'
inferno
.
Nulla di più
naturale
che, di
notte
,
santo
Dio
, la
moglie
dormisse
. Ma egli non poteva più
vederla
dormire
. La
toccava
leggermente
per
sentire
se non
era
fredda
; si
levava
su un
gomito
per
discernere
al
lume
del
lampadino
da
notte
se la
coperta
sulla
moglie
si
movesse
al
ritmo
del
respiro
; e, non
contento
,
accendeva
la
candela
per
meglio
esaminarla
, se non
era
troppo
pallida
...
Fredda
non
era
, e
respirava
, sì; ma perché così
piano
e a
lento
? perché così
placida
?
-
Fana
...
Fana
... -
chiamava
allora a
bassa
voce
, per non
svegliarla
di
soprassalto
.
- Ah... chi è?... che vuoi?
- Nulla... sono io... Ti
senti
male
?
- No. Perché?
Dormivo
...
-
Bene
...
dormi
, allora,
dormi
!
- Ma perché mi hai
svegliata
? Come faccio
adesso
a
riaddormentarmi
?
Anche la
signora
Fana
,
ora
, aveva
paura
del
sonno
;
smaniava
sul
letto
, con gli
occhi
sbarrati
,
angosciata
dal
terrore
, come in
attesa
che qualcosa a un
tratto
dovesse
mancarle
dentro. Ma le
notti
che
era
così
smaniosa
e non
dormiva
, il
Mago
era
contentone
e
dormiva
lui, invece,
fino
a tanto però che la
moglie
,
trambasciata
dall'
insonnia
e dalla
paura
, non lo
svegliava
a sua
volta
.
Così, a nessuno dei due
recava
riposo
la
notte
. Di
giorno
, poi,
era
un altro
continuo
tormento
.
Non
dormendo
la
notte
, il
sonno
naturalmente
li
coglieva
spesso
durante la
giornata
. Ma
don
Saverio
lo
scacciava
per
sorvegliare
la
moglie
la quale
minacciava
d'
addormentarsi
, come prima, sulla
seggiola
. Per
divagarla
, la
intratteneva
in
discorsi
sciocchi
e senza
nesso
, poiché la
costante
costernazione
gl'
inaridiva
la
fantasia
.
E
pretendeva
che la
moglie
stesse ad
ascoltarlo
!
-
Figli
miei,
ajutatemi
voi! -
esclamava
il
Mago
,
rivolgendosi
ai
burattini
.
Ne
toglieva
due dai
cordini
di
ferro
, e ne
dava
uno in
mano
alla
moglie
.
-
Tieni
, tu
reggi
questo...
- Per far che? -
domandava
sorpresa
la
signora
Fana
.
-
Sta'
a
sentire
: ti faccio
sbellicare
dalle
risa
.
- Oh
Dio
,
Saverio
! Ti
pare
che sia una
ragazzina
?
- No. Ti
rappresento
una
parte
seria
: della
rotta
di
Roncisvalle
...
Sta'
a
sentire
.
E si
metteva
a
declamare
, a
casaccio
,
ripetendo
le
parole
del
libro
, come gli
sovvenivano
alla
memoria
, e a far
gestire
furiosamente
la sua
marionetta
, mentre quella
sorretta
dalla
signora
Fana
a poco a poco si
piegava
su le
gambette
, s'
inginocchiava
, come se,
impaurita
dagl
'
irosi
gesti
dell'altra, volesse
chiederle
misericordia
.
-
Fana
!
Perdio
!
- Sì,
parla
...
parla
: ti
sento
!
- Non mi
senti
!
Cava
il
brando
!
-
Cavo
...
cavo
...
- Non
cavi
un
corno
! Stai
dormendo
!
- No...
Come no? -
Giù
una
crollatina
di
capo
! - La
signora
Fana
dormiva
.
Ah che
disperazione
per il
Mago
! Si
sentiva
stretto
alla
gola
da una
voglia
rabbiosa
di
piangere
, d'
urlare
. E non
lavorava
più: le
schiere
dei
burattini
e delle
marionette
s'
assottigliavano
di
giorno
in
giorno
, su i
cordini
di
ferro
, in ogni
stanza
della
casa
.
-
Parona
bela
! -
chiamavano
i
Florindi
e i
Lindori
.
-
Neh
,
signo
'! -
chiamavano
i
Pulcinelli
.
Invano
.
Alcuni di quei
cordini
parevano
tesi
ormai
per le
mosche
che, con l'
estate
,
ricominciavano
ad
abbondare
. E quella
casa
, tanto
tranquilla
un
tempo
,
rimbombava
adesso
delle
liti
tra
marito
e
moglie
, a
causa
del
sonno
.
Il
Mago
rovesciava
le sue
bollenti
collere
su la
mobilia
,
sconquassava
seggiole
e
tavolini
,
rompeva
contro le
pareti
tazze
,
vasetti
,
boccali
.
Questo
supplizio
durò
parecchi
mesi
. Finalmente la
morte
ebbe
pietà
del
povero
Mago
, e venne a
togliersi
, questa
volta
sul
serio
, la
piccola
signora
Fana
.
Un
colpo
apoplettico
genuino
, di
pieno
giorno
, e mentr'ella non
dormiva
.
Quasi quasi, in
principio
,
don
Saverio
non voleva
prestarci
fede
. Ma,
accertata
da un
medico
la
morte
, si
mise
a
piangere
e a
strillare
come la prima
volta
. E volle
vestir
lui, con le sue
mani
, la
morta
; lui
rimetterla
sul
cataletto
e lui
annodarle
ancora una
volta
i
polsi
, mentre i
singhiozzi
gli
rompevano
il
petto
.
Però ai
portantini
, che già
sollevavano
il
cataletto
, non
seppe
tenersi
dal
dire
, tra le
lagrime
:
- Ve la
raccomando
,
poveretta
!
Fate
piano
.
Passando
davanti all'
albero
di
fico
, state
bene
attenti
.
Tenetevi
al
largo
, quanto più potete, per
carità
!
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