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Luigi Pirandello
La giara
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Il guardaroba dell'eloquenza
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Il
guardaroba
dell'
eloquenza
Ascoltando
per
via
o nelle
case
dei
conoscenti
o nei
pubblici
ritrovi
le
chiacchiere
della
gente
sugli
avvenimenti
del
giorno
,
Bonaventura
Camposoldani
aveva
intuito
che sopra i
comuni
bisogni
materiali
e i
casi
quotidiani
della
vita
e le
ordinarie
occupazioni
,
gravita
una certa
atmosfera
ideale
, fatta di
concetti
più o meno
grossolani
, di
riflessioni
più o meno
ovvie
, di
considerazioni
generiche
, di
motti
e
proverbi
e
via
dicendo
, a cui nei
momenti
d'
ozio
tutti coloro che
sogliono
stare l'
intero
giorno
sotto il
peso
delle loro
meschine
esistenze
cercano
di
sollevarsi
per
prendere
una
boccata
d'
aria
.
Naturalmente
, in questa
atmosfera
ideale
sono come tanti
pesci
fuor
d'
acqua
; si
smarriscono
facilmente
,
abbagliati
dallo
sprazzo
di qualche
pensiero
improvviso
.
Bisognava
saper
cogliere
questo
momento
per
prenderli
all'
amo
.
Bonaventura
Camposoldani
s'
era
addestrato
meravigliosamente
.
Avere un'
idea
"
unificatrice
";
proporla
a una
dozzina
d'
amici
di qualche
autorità
e di molte
aderenze
;
indire
una prima
riunione
per lo
svolgimento
dell'
idea
e la
dimostrazione
dei
vantaggi
da
cavarne
, delle
benemerenze
da
acquistarne
; poi
nominare
una
commissione
per
compilare
uno
statuto
: tutto
era
qui.
Nominata
la
commissione
,
compilato
lo
statuto
,
indetta
una
nuova
riunione
per
discuterne
e
approvarne
gli
articoli
; per la
nomina
delle
cariche
sociali
;
eletto
ad
unanimità
presidente
Bonaventura
Camposoldani
che ne aveva avuto l'
idea
e aveva
trovato
la
sede
provvisoria
senza
darsi
un
momento
di
requie
; il
circolo
nasceva
e
cominciava
subito a
morire
per tutti i
socii
che non se ne
curavano
più;
seguitava
a
vivere
soltanto
per
Bonaventura
Camposoldani
che -
presidente
,
consigliere
,
amministratore
,
cassiere
,
segretario
- al
primo
d'ogni
mese
mandava
l'
esattore
a
svegliare
con
garbo
, per un
momentino
solo, gli
addormentati
, il cui
sonno
,
leggero
nel
primo
mese
,
diveniva
a
mano
a
mano
più
grave
e
infine
letargo
profondo
.
L'
esattore
di tutti i
circoli
fondati
da
Bonaventura
Camposoldani
era
sempre lo stesso: un
vecchietto
che si
chiamava
Bencivenni
.
Squallido
piccolo
gracile
tremulo
,
spirava
dai
chiari
occhietti
cilestri
,
perennemente
pieni
di
lagrime
, una
serafica
ingenuità
.
Camposoldani
lo aveva da un
pezzo
soprannominato
Geremia
, e tutti
credevano
che si
chiamasse
davvero
Geremia
di
nome
e
Bencivenni
di
cognome
.
Lo
proteggeva
Camposoldani
perché
veramente
il
povero
vecchio
meritava
d'
essere
protetto
:
reduce
dalle
patrie
battaglie
,
superstite
di
Villa
Glori
e - per
modestia
-
morto
di
fame
.
A
voltare
la
pagina
, un po'
sciocco
era
anche
stato
, per
dire
la
verità
. S'
era
presa
in
moglie
la
vedova
d'un suo
fratello
d'
armi
morto
a
Digione
; s'
era
tirati
su quattro
figliuoli
non suoi; la
moglie
dopo cinque
anni
gli
era
morta
; i tre
figliastri
, appena
cresciuti
, lo avevano
abbandonato
; ed
era
rimasto
solo, così
vecchio
, nella
miseria
, con la
figliastra
femmina
,
amata
come una
figlia
vera
. Se
piangeva
sempre, dunque,
Geremia
ne aveva
ragione
.
Ma non
piangeva
nient
'affatto
Geremia
.
Pareva
che
piangesse
; non
piangeva
.
Linfatico
di
natura
,
andava
facilmente
soggetto
ai
raffreddori
. E non solo gli
occhi
gli
sgocciolavano
, ma il
naso
, quel
povero
naso
gracile
e
pallidissimo
,
affilato
,
stirato
a
furia
di
soffiarselo
per
impedire
ogni
volta
un'
ira
di
Dio
, certe
scariche
interminabili
di
starnuti
comicissimi
,
piccoli
,
rapidi
,
secchi
, durante le quali
pareva
che,
terribilmente
stizzito
contro se stesso, volesse col
naso
beccarsi
il
petto
.
- Mea
culpa
... mea
culpa
... mea
culpa
... -
diceva
Camposoldani
,
imitando
a ogni
starnuto
le
scrollatine
del
vecchio
.
Il quale,
andando
in
giro
tutto il
giorno
,
arrivava
sempre
stanco
morto
nelle
case
dei
socii
.
Perduto
in
vecchi
abiti
sempre
fuor
di
stagione
, avuti in
elemosina
o
comperati
di
combinazione
, coi
poveri
piedi
imbarcati
in certe
scarpacce
legate
con lo
spago
,
entrava
parlando
sottovoce
, quasi tra sé, con una
larva
di
sorriso
su le
labbra
,
sorriso
ragionevole
e pur
mesto
. Certe
mossettine
di
capo
aveva poi,
aggraziate
, e un
muover
di
palpebre
pieno
di
filosofica
indulgenza
su quegli
occhietti
chiari
,
ingenui
e
acquosi
, che tutti a
guardarlo
non
sapevano
che
pensarne
.
Pareva
seguitasse
un
discorso
per cui gli avessero
dato
corda
la
mattina
,
uscendo
di
casa
: un
discorso
ch'egli forse non
interrompeva
neanche per
via
, né
salendo
o
scendendo
le
scale
. Infatti, nelle
case
dei
socii
entrava
parlando
, e
parlando
ne
usciva
, senza
smettere
un
momento
, neppure mentre con la
mano
tremicchiante
raspava
sul
registro
la
ricevuta
della
tassa
mensile
.
Ma nessuno
riusciva
a
capire
che cosa
dicesse
.
Tutti
supponevano
che il
povero
vecchio
si
lamentasse
del troppo
camminare
, del
salire
e
scendere
troppe
scale
, alla sua
età
, così
mal
ridotto
. Se non che, in
mezzo
a quel
biascichio
fitto
, tra un
sorrisetto
e l'altro
mesto
e
ragionevole
, ecco che si
coglieva
ora
il
nome
di un
ministro
o di questo o quel
deputato
al
Parlamento
,
ora
il
titolo
d'un
giornale
. E tutti allora
restavano
stupiti
e
frastornati
a
mirarlo
, non
comprendendo
come
c'
entrassero
quei
nomi
e quei
titoli
di
giornali
nelle sue
lamentele
.
C'
entravano
, invece,
benissimo
. Perché
Geremia
Bencivenni
non si
lamentava
affatto, ma
intendeva
di
conversare
, così
sottovoce
e quasi tra sé; forse
credeva
ne avesse l'
obbligo
,
avvicinando
tanta
gente
perbene
; e
parlava
di
politica
, delle
belle
leggi
che si
votano
in
Parlamento
, o
commentava
un
fatto
di
cronaca
, o
dava
notizia
del
socio
A da cui
era
stato
poc'
anzi, o del
socio
B
dal quale si sarebbe or
ora
recato
.
Se qualcuno gli
diceva
che non
intendeva
più
pagare
perché non voleva più far
parte
del
circolo
,
Geremia
non se ne
dava
per
inteso
:
staccava
, come se niente
fosse
, la
ricevuta
debitamente
firmata
e la
lasciava
lì
sul
tavolino
; quasi che questo solo
fosse
il suo
compito
e non
dovesse
curarsi
d'altro, almeno
fin
tanto che
c'
era
qualche
socio
, il quale, o per
levarselo
davanti o per
pietà
o per
dabbenaggine
,
seguitava
a
pagare
.
Quando poi
Geremia
, più
cadente
che mai, veniva ad
annunziare
che proprio non
c'
era
più nessuno che volesse
pagare
e, in
prova
,
tirava
fuori
rovesciate
tutte le
tasche
della
giacca
, del
panciotto
, dei
calzoni
e
mostrava
anche la
fodera
del
cappelluccio
bisunto
,
Bonaventura
Camposoldani
restava
per un
momento
perplesso
, se
disperdere
con un
soffio
quella
larva
di
circolo
di cui
Geremia
gli
rappresentava
l'
immagine
, o se
risuscitarla
con un
lampo
geniale
.
Nel
primo
caso
, avrebbe
dovuto
rimettersi
alla
fatica
di
fondarne
subito un altro. Gli
seccava
. E poi,
meglio
non
abusare
. Dunque, un
lampo
... un
lampo
... Che
lampo
?
Contava
segnatamente
su due
cose
,
Camposoldani
. Cioè, su quella che egli
chiamava
"
elasticità
morale
" del
popolo
italiano
e su la
pigrizia
mentale
di esso.
Martino
Lutero
avrebbe voluto
pagare
centomila
fiorini
perché gli
fosse
risparmiata
la
vista
di
Roma
?
Martino
Lutero
era
uno
sciocco
.
Ecco qua:
temperamenti
per
temperature
.
Bisognava
considerare
prima di tutto la
temperatura
.
In
Germania
fa
freddo
.
Ora
,
naturalmente
, il
freddo
, come
congela
l'
acqua
, così
irrigidisce
gli
spiriti
.
Formule
precise
.
Precetti
e
norme
assolute
. Non
c'
è
elasticità
.
In
ltalia
fa
caldo
.
Il
sole
, se da un
canto
addormenta
gl'
ingegni
e
intorpidisce
le
energie
, dall'altro
mantiene
elastiche
,
accese
, in
continua
fusione
le
anime
.
Tirate
, le
anime
cedono
, s'
allungano
come una
pasta
molle
, si
lasciano
aggirare
intorno a un
gomitolo
qualsiasi, purché si
faccia
con
garbo
, s'
intende
, e
pian
pianino
.
Tolleranza
. Che vuol
dire
tolleranza
? Ma
appunto
questo:
pigrizia
mentale
,
elasticità
morale
.
Vivere
e
lasciar
vivere
.
Il
popolo
italiano
non vuol
darsi
la
pena
di
pensare
:
commette
a pochi l'
incarico
di
pensare
per lui.
Ora
questi pochi, siamo
giusti
, anche per poter
pensare
così in
grande
, per tutti, senza
stancarsi
, bisogna che siano ben
nutriti
.
Mens
sana
in
corpore
sano
. E il
popolo
italiano
li
lascia
mangiare
, purché facciano sempre con
garbo
, s'
intende
, e
salvino
in certo qual modo le
apparenze
. Poi
batte
le
mani
, senza troppo
scaldarsi
, ogni qual
volta
i suoi
commessi
pensatori
riescano
per
avventura
a
procurargli
qualche
soddisfazioncella
.
Ecco qua: qualche
soddisfazioncella
doveva
egli
procurare
ai
socii
del
circolo
moribondo
per
destarli
dalla loro
morosità
.
E
Bonaventura
Camposoldani
ci
riusciva
quasi sempre.
Quest'
ultimo
non
era
propriamente
un
circolo
, ma un'
associazione
nazionale
con un
intento
eminentemente
patriottico
e
civile
.
Si
proponeva
di
raccogliere
in
esercito
operoso
, in ogni
provincia
e
comune
d'
Italia
, tutti coloro cui stesse a
cuore
sanare
finalmente la
piaga
vergognosa
dell'
analfabetismo
e
diffondere
per
via
di
letture
e
conferenze
il
gusto
della
cultura
nel
popolo
italiano
.
Nel
fondo
dell'
anima
Bonaventura
Camposoldani
stimava
pregio
inestimabile
del
popolo
italiano
la
costante
avversione
a ogni
genere
di
cultura
e d'
educazione
, come quelle che, appena
conquistate
,
rendono
necessarie
tante
cose
di cui, per esser
saggi
veramente
, si
dovrebbe
fare a meno. Ma non
osava
più
dirselo
neanche in
tacito
sinu
,
ora
che ben
settantacinque
sezioni
contro l'
analfabetismo
s'erano
formate
in meno d'un
anno
, delle quali
quarantadue
(
sintomo
consolantissimo
di
salutare
risveglio
!) nelle
provincie
meridionali
. La
nuova
Associazione
nazionale
per la
cultura
del
popolo
contava
ormai
più di mille e
seicento
soci
.
Sede
centrale
,
Roma
. E il
Governo
saggiamente
aveva
concesso
, per
costituirle
un
fondo
di
riserva
necessario
, una
tombola
telegrafica
, che aveva
fruttato
la
bellezza
di
quarantacinque
mila
lire
, poco più, poco meno.
Le aveva
inaugurate
quasi tutte lui, quelle
settantacinque
sezioni
,
improvvisando
un
discorso
di un'
ora
per ciascuna, sui
beneficii
dell'
alfabeto
e i
vantaggi
della
cultura
. Solo quattro o cinque, per non
parer
troppo
invadente
, le aveva
lasciate
inaugurare
a un tal
Pascotti
,
professore
di
storia
in un
liceo
di
Roma
,
vicepresidente
della
sede
centrale
,
bell'
uomo
, tutto quanto
rotondo
, anche nella
voce
:
rotondo
e
pastoso
.
Pover
'
uomo
,
bisognava
compatirlo
; aveva la
debolezza
di
credersi
sul
serio
un
forte
oratore
: aveva
veramente
una
grande
facilità
di
parola
, e
parlava
dipinto
, con
frasi
fiorite
, a
periodi
numerosi
; s'
impostava
che neanche
Demostene
o
Cicerone
, e
giù
per
ore
e
ore
, senza mai
concludere
nulla,
abbandonato
beatamente
all'
onda
sonora
che gli
fluiva
dalle
labbra
. Come se
fosse
una
pasta
molle
, con le
mani
grassocce
levate
davanti alla
bocca
,
pareva
palpeggiasse
quella sua
eloquenza
e la
arrotondasse
e la
appallottolasse
,
atteggiati
gli
occhi
di
voluttà
. Per un
momento
, tutti stavano a
sentirlo
con
piacere
; ma poi, le
fronti
che s'erano
aggrottate
nell'
attenzione
,
cominciavano
a
tirar
su a poco a poco le
sopracciglia
; gli
occhi
si
ingrandivano
, si
spalancavano
intorno
smarriti
, come per
cercare
una
via
di
scampo
.
Indignato
dell'
esito
di quei suoi cinque
discorsi
inaugurali
,
Pascotti
s'
era
dimesso
da
vicepresidente
e non s'
era
fatto
più
vivo
.
Ottenuta
la
tombola
,
sbollito
il
primo
fervore
, la
sede
centrale
di
Roma
s'
era
profondamente
addormentata
.
Lavoravano
ancora con
alacrità
un po'
inquietante
le
sezioni
,
segnatamente
due o tre, ma per
fortuna
molto
lontane
, in
Calabria
e in
Sicilia
.
Che
risate
si faceva
Bonaventura
Camposoldani
nel
leggere
le
relazioni
in
istile
eroico
dei
presidenti
di quelle
sezioni
,
poveri
maestri
elementari
! Certuni
mandavano
finanche
allegri
trattatelli
di
pedagogia
interi
interi
. Ma che
fatica
anche,
doverli
abbassar
di
tono
,
riassumere
, e qua
raddrizzare
un
periodo
, e
là
pescare
il
senso
miseramente
naufragato
in un
mare
di
frasi
accavallate
e
spumanti
!
Doveva
pure
mandarle
a
stampa
, quelle
relazioni
, nel
Bollettino
dell'
Associazione
, che aveva
stimato
opportuno
pubblicare
almeno una
volta
al
mese
, perché le
quarantacinquemila
lire
della
tombola
dessero
qualche
segno
di
vita
.
E questa
volta
aveva
dovuto
anche
dar
sede
stabile
all'
Associazione
. Aveva
preso
in
affitto
un
quartierino
al
primo
piano
d'una
vecchia
casa
in
via
delle
Marmorelle
, due
stanzette
e una
bella
sala
per le
sedute
,
caso
mai i
soci
di
Roma
per qualche
miracolo
si fossero
sognati
di
tenerne
qualcuna.
Una
tavola
coperta
da un
panno
verde
per la
Presidenza
e il
Consiglio
,
penne
e
calamai
, una
cinquantina
di
seggiole
, tre
tende
alle
finestre
, cinque
ritratti
oleografici
dei tre
re
e delle due
regine
alle
pareti
, un
mezzobusto
di
gesso
abbronzato
,
indispensabile
, di
Dante
Alighieri
su una
colonnina
pure
di
gesso
dietro la
tavola
della
Presidenza
, un
vassojo
con due
bottiglie
da
acqua
e quattro
bicchieri
, una
cassetta
da
sputare
... che altro? ah, la
bandiera
dell'
Associazione
: tutto questo, nella
sala
delle
sedute
.
In una delle due
stanzette
s'
era
allogato
lui,
Camposoldani
: non per
dormirci
, no: per
lavorare
dalla
mattina
alla
sera
, poiché i
consiglieri
eletti
e il
segretario
, al
solito
, lo
lasciavano
solo e
doveva
far tutto da sé; tanto che, a un certo
punto
, aveva
stimato
inutile
tenere
ancora in
affitto
la
camera
mobigliata
in
via
Ovidio
, in
fondo
ai
Prati
, e la
notte
,
stanco
del
lavoro
di tutta la
giornata
, si
buttava
a
dormire
vestito
,
lì
su l'
ottomana
, per poche
ore
.
Nell'altra
stanzetta
c'
era
allogato
Geremia
con la
figliuola
.
Povero
Geremia
! Aveva finalmente una
retribuzione
fissa
, sul
fondo
della
tombola
telegrafica
, e
casa
franca
. Poteva
ormai
dire
che l'
Italia
, per cui aveva
sofferto
e
combattuto
, s'
era
alla
fine
costituita
e
rassettata
. In
premio
delle
eroiche
fatiche
della sua
gioventù
, in
compenso
dei molti
stenti
patiti
fino
alla
vecchiaja
,
alloggiava
nella
sede
d'una
Associazione
nazionale
, e
Tudina
, la
figliastra
, poteva alla
fine
stendere
ad
asciugare
su le
cinquanta
sedie
della
sala
tutti i suoi
straccetti
, talvolta anche sul
mezzobusto
di
Dante
Alighieri
; per
ignoranza
,
badiamo
,
povera
Tudina
, non per
mancanza
di
rispetto
al
padre
della
lingua
italiana
.
Dante
Alighieri
, per
Tudina
,
era
tutto in quel
naso
sdegnosamente
arricciato
. Lo
chiamava
: Quell'
uomo
che
sente
puzza
.
E non
capiva
,
Tudina
, perché
Camposoldani
lo
tenesse
lì
, in
capo
alla
sala
, dietro la
tavola
della
Presidenza
.
Stendendo
il
bucato
su le
sedie
non poteva
soffrire
quella
faccia
di
gesso
che la
guardava
dalla
colonnina
con quel
cipiglio
sdegnoso
, e
correva
subito a
nasconderla
con uno
straccetto
.
Non
era
brutta
Tudina
, ma neanche
bella
.
Belli
,
veramente
belli
, aveva gli
occhi
soltanto
, e anche i
capelli
:
neri
profondi
e
brillanti
, gli
occhi
;
neri
e
riccioluti
, i
capelli
.
Aveva già
ventiquattro
anni
, ma
pareva
ne avesse
quindici
, non più. Nelle
carni
, nell'
aria
della
testa
, in quegli
occhi
brillanti
, in quei
capelli
riccioluti
, sempre
arruffati
,
era
rimasta
ragazza
, una
ragazza
mezzo
selvaggia
,
irriducibile
a ogni
principio
d'
esperienza
e di
cultura
.
Era
stata a
scuola
, da
bambina
; in parecchie
scuole
: da tutte
era
stata
cacciata
via
. Una
volta
s'
era
messa
sotto i
piedi
una
compagna
, e per
miracolo
non le aveva
strappato
gli
occhi
; un'altra
volta
s'
era
ribellata
con
atti
non meno
violenti
di
insubordinazione
alla
maestra
. Nessuno aveva voluto
tener
conto
della
ragione
di quegli
atti
violenti
. Ma s'
era
messa
quella
compagna
sotto i
piedi
vedendosi
derisa
per aver
detto
che aveva
paura
dei
cani
perché una
gatta
, da
bambina
, l'aveva
sgraffiata
. Quella
compagna
non
sapeva
ch'ella
teneva
amorosamente
in
braccio
quella
gatta
, la quale aveva
fatto
da poco certi
gattini
bellini
bellini
, e che un
cane
s'
era
accostato
minaccioso
,
abbajando
, e che la
gatta
allora s'
era
arruffata
e, non potendo
sgraffiare
il
cane
, aveva
sgraffiato
lei:
donde
,
logicamente
, la sua
paura
dei
cani
. Quella
maestra
poi, aveva voluto
nientemeno
costringerla
a
intingere
nel
calamajo
il
pennino
, un
bel
pennino
tutto
pulito
e
lucente
che
figurava
una
mano
con l'
indice
teso
, un
amore
di
pennino
che a lei, per altro,
pareva
quasi un'
arma
, di cui,
mandandola
a
scuola
, la avessero
munita
e che ella
dovesse
custodire
gelosamente
e
conservare
intatta
.
Più
volte
, il
patrigno
,
tornando
a
casa
stanco
, la
sera
, s'
era
provato
prima di
cena
o dopo
cena
a
insegnarle
con molta
pazienza
un po' di
alfabeto
sul
sillabario
.
Il
fatto
che
b
e a fa
ba
,
enunziato
dal
patrigno
con quella
vocina
di
zanzara
e quel
sorrisetto
mesto
e
ragionevole
che gli
era
abituale
, non le
era
sembrato
né
serio
né
verosimile
.
Era
rimasta
a
mirarlo
negli
occhi
a
bocca
aperta
.
Spesso
, anche
adesso
,
rimaneva
a lungo a
mirarlo
così, per una
ragione
, che più
speciosa
non si sarebbe potuta
immaginare
.
Non
era
mica
certa,
Tudina
, che quel suo
patrigno
fosse
vero
, un
uomo
vero
, di
carne
e
ossa
come tutti gli altri, e non
piuttosto
una
larva
d'
uomo
, un'
ombra
che un
soffio
poteva
portar
via
. Lo
vedeva
parlare
,
sorridere
; ma che
dicesse
, perché o di che
sorridesse
, non
capiva
neanche lei. Non
capiva
perché talvolta gli
brillassero
gli
occhi
chiari
dietro il
velo
perenne
delle
lagrime
. E non
sapeva
credere
che le
dita
tremicchianti
di quelle
manine
esangui
avessero
tatto
, da
sentir
le
cose
che
toccavano
, o ch'egli
avvertisse
il
gusto
dei
cibi
che
mangiava
, o che in quella
testa
candida
si potessero
volgere
pensieri
. Le
pareva
quasi
aereo
, quel
patrigno
, un
uomo
che per sé, di suo, non avesse nulla, a cui tutto venisse di
combinazione
, non perché lui facesse qualche cosa per averlo, ma perché gli altri glielo
davano
, quasi per
ridere
, per il
gusto
di
vedere
come stava così
parato
e
messo
su, con quella
camicia
, con quel
cappello
, con quelle
scarpe
, con quei
calzoni
, con quel
pastrano
: tutto, sempre, troppo
largo
, tanto
largo
che vi
sembrava
dentro
perduto
.
Quegli
abiti
, quel
cappello
, quelle
scarpe
conservavano
tutti qualche cosa della loro
provenienza
;
Tudina
li
riconosceva
per quelli di
Tizio
o di
Cajo
; ma chi
era
, che
consistenza
aveva colui che li
portava
?
Mai una
camicia
di suo; mai un
pajo
di
scarpe
fatte per i suoi
piedi
; mai un
cappello
che gli
calzasse
giusto
in
capo
!
La
miseria
, l'
incertezza
d'ogni
stato
, quel
vederlo
andare
sempre
vagabondo
quasi per
aria
,
smarrito
, dietro a
faccende
vane
, con quel
ronzio
di
parole
senza
senso
su le
labbra
tra i
risolini
e le
lagrime
, le
davano
quell'
idea
dell'
irrealità
di lui, non solo, ma anche di se stessa e di tutto. Dove, in che poteva
toccarla
, la
realtà
, lei, in quella
perpetua
precarietà
d'
esistenza
, se
attorno
e dentro di lei tutto
era
instabile
e
incerto
, se non aveva niente né nessuno a cui
appoggiarsi
?
E
Tudina
balzava
talvolta d'
improvviso
a
stracciare
, a
rompere
, a
fracassare
, un
fascio
di
carte
, un
viso
, un qualunque
oggetto
, che
stranamente
a poco a poco le s'
avvistasse
davanti agli
occhi
; così,
apparentemente
per un
impeto
selvaggio
, ma in
realtà
per un
bisogno
istintivo
,
incosciente
, di
togliersi
dinanzi e
distruggere
certe
cose
di cui non
riusciva
a
cogliere
il
senso
e il
valore
, o di
sperimentare
la sua
presenza
, la sua
forza
contro di esse, per il
dispetto
ch'esse le facevano nel
vedersele
star
lì
davanti, ecco, come se lei non ci
fosse
, come se lei, volendo, non le potesse
stracciare
,
rompere
,
fracassare
. Quel
vaso
lì
... ma sì che lei poteva da
lì
metterlo
qui, e da qui
lì
, e anche
sbatterlo
forte
, così, sul
divanzale
della
finestra
, e
fracassarlo
... ecco
fatto
... Perché? Ma per niente... così... perché le faceva
dispetto
! Invece per certi altri
oggetti
tenui
,
labili
,
minuscoli
, di nessun
valore
, un
pezzetto
di
carta
velina
colorata
, un
chicco
di
vetro
, un
bottone
di
camicia
di
finta
madreperla
, aveva
protezione
,
cura
,
delicatezza
infinita
: li
lisciava
con un
dito
e se li
metteva
fra le
labbra
. E certi
giorni
non
finiva
mai di
carezzarsi
con le
dita
i
folti
riccioli
neri
,
asserpolati
sul
capo
,
allungandoli
pian
piano
e poi
lasciandoli
riasserpolare
, non per
civetteria
, ma per il
piacere
che le
dava
quella
carezza
;
cert'
altri
giorni
al
contrario
se li
stracciava
col
pettine
rabbiosamente
.
Bonaventura
Camposoldani
non aveva mai
badato
a quella
figliastra
di
Geremia
.
Le
donne
non
entravano
, se non per poco e di
passata
, nella sua
vita
. Tutt'al più, la
donna
, ecco, così in
astratto
, la
donna
come
questione
sociale
, il
problema
giuridico
della
donna
, sì, un
giorno
o l'altro avrebbe potuto
interessarlo
.
Era
un
problema
, una
questione
sociale
come un'altra, da
studiare
, a cui
attendere
; e poteva
entrare
nel
campo
della sua
attività
: non da
risolvere
,
Dio
guardi
!
Se tutti i
problemi
sociali
, come a
mano
a
mano
sorgono
dalla
vita
e s'
impongono
all'
attenzione
e allo
studio
dei
commessi
pensatori
, si
risolvessero
in quattro e
quattr'
otto,
addio
professione
!
E
vero
, sì, che la
vita
è
prolifica
di
problemi
sociali
e se qualcuno per
miracolo
se ne
risolve
, ne
sorgono
subito altri due o tre
nuovi
; ma è una
fatica
,
mettersi
ogni
volta
daccapo
a
pensare
a un
problema
nuovo
, quand'è così
comodo
adagiarsi
nei
vecchi
,
bastando
al
pubblico
che i
problemi
sociali
sieno
posti
e il
sapere
che
c'
è chi
pensa
a
risolverli
. Si
sa
che è proprio di tutti i
problemi
sociali
esser
posti
e non mai
risolti
. I
problemi
nuovi
, del
resto
, hanno questo di
male
, che sono
avvertiti
soltanto
da pochi in
principio
. Non
era
dunque per lui, che non aveva ancora un
ufficio
fisso
,
stabilmente
retribuito
e con
diritto
a
pensione
, per cui si sarebbe potuto
prendere
il
lusso
di
studii
sempre
nuovi
e
difficili
, di
lente
e
accorte
preparazioni
. Egli
professava
liberamente
,
creando
circoli
,
istituzioni
accanto a quelli dello
Stato
; e aveva perciò
bisogno
di
problemi
posti
da
lunga
data
, di cui
fosse
largamente
riconosciuta
la
gravità
.
Ne aveva uno per le
mani
, che prima d'esser
risolto
, non una
vita
, ma gli avrebbe
dato
tempo
di
viverne
dieci di
novant'
anni
ciascuna! Il
guajo
era
che i
denari
della
tombola
telegrafica
,
purtroppo
, si
assottigliavano
di
giorno
in
giorno
...
S'
accorse
di
Tudina
per quello
straccetto
bagnato
messo
ad
asciugare
sul
mezzo
busto
di
Dante
Alighieri
. La prima
volta
che lo
vide
corse
a farle in
camera
una
severa
riprensione
, ma non poté fare a meno di
sorridere
quando
Tudina
si
mostrò
stupita
, che
meritasse
tanto
rispetto
quell'
uomo
lì
con quel
naso
articciato
, come se
sentisse
puzza
.
Tudina
interpretò
il
sorriso
di lui come una
concessione
, e
seguitò
a
stendere
lo
straccetto
, non
ostante
le
rinnovate
riprensioni
.
Bonaventura
Camposoldani
interpretò
questa
pervicacia
della
ragazza
come un'
arte
per
attirar
la sua
attenzione
, e una
mattina
, che si
trovava
di buon
umore
,
entrò
nella
cameretta
di lei per
tirarle
l'
orecchio
come a una
bambina
discola
e
impertinente
, e
dirle
che non
doveva
farlo più, o che, se voleva farlo ancora... Ma
Tudina
si
ribellò
a quella
tirata
d'
orecchio
,
respingendolo
gagliardamente
;
Bonaventura
Camposoldani
si
sentì
allora
eccitato
alla
lotta
: l'
afferrò
; tutti e due si
dibatterono
, un po'
ridendo
, un po' facendo sul
serio
; finché
Tudina
, nel
vedersi
presa
da lui come non s'
aspettava
affatto di
potere
esser
presa
, non
diventò
furibonda
:
urlò
,
morse
,
sgraffiò
,
dapprima
; poi, non volendo
concedere
, si
sentì
costretta
dal suo stesso
corpo
a
cedere
; e
restò
alla
fine
come
esterrefatta
nello
scompiglio
.
Basta
, eh?
Parentesi
chiusa
, per
Camposoldani
, o da
riaprirsi
una
volta
tanto, a
comodo
, poiché la
ragazza
abitava
lì
, nella
cameretta
accanto.
Curiosa
, però, tutta quella
ribellione
, dopo ch'ella lo aveva
provocato
... e poi, quello
spavento
... e
ora
, che?
piangeva
? oh
là
là
, che
storie
!
Basta
,
via
! che
c'
era
da
piangere
così?
Geremia
poteva
sopravvenire
da un
momento
all'altro, e perché
dargli
un
dispiacere
,
povero
vecchio
, dopo che il
fatto
era
fatto
, e si poteva
bene
nascondere
, e anche di
nascosto
seguitare
... perché no? senza
furie
, con
prudenza
...
- Ah,
brava
! Così...
Tudina
d'un
balzo
, come una
tigre
, gli
era
saltata
al collo, e lo aveva
abbracciato
freneticamente
, quasi volesse
strozzarlo
.
Sentiva
tanta
vergogna
... tanta... tanta... e voleva che quella sua
vergogna
egli la
riparasse
con tanto, tanto
amore
... sempre, perché sempre, se no, ella la avrebbe
sentita
, quella
vergogna
, e ne sarebbe
morta
, ecco.
Ma sì, ma sì... Intanto perché
tremava
così? perché
piangeva
così?
Zitta
,
calma
:
c'
era
da
godere
, non da
morire
... Perché quella
vergogna
? Nessuno avrebbe
saputo
... Stava a lei, che nessuno
sapesse
...
A lei? Eh,
fosse
dipeso
soltanto
da lei,
povera
Tudina
... Poteva non
parlare
,
Tudina
, non
dirne
nulla neanche a lui; ma, dopo tre
mesi
...
Bonaventura
Camposoldani
rimase
per più di cinque
minuti
a
grattarsi
la
fronte
. Oh
Dio
! oh
Dio
! un
figliuolo
... da quella
ragazza
... in quelle
circostanze
... E che avrebbe
fatto
,
ora
, che avrebbe
detto
quel
povero
Geremia
?
Da un
giorno
all'altro
Camposoldani
s'
aspettava
che il
vecchio
gli si
parasse
davanti a
domandargli
conto
e
ragione
di quell'
ignominiosa
complicazione
del suo
alloggio
gratuito
con la
figliuola
nella
sede
dell'
Associazione
nazionale
per la
cultura
del
popolo
.
Stimando
ormai
inevitabile
una
scenata
, avrebbe voluto che
avvenisse
al più presto, per
uscirne
comunque e
togliersi
questo
pensiero
.
Ogni
mattina
entrava
con l'
animo
sospeso
e
costernato
nella
sala
, si faceva all'
uscio
della
cameretta
ove
abitavano
il
padre
e la
figliuola
;
guardava
accigliato
l'uno e l'altra, che lo
accoglievano
in
desolato
silenzio
; e,
stizzito
,
domandava
quasi per
provocarli
:
- Nulla di
nuovo
?
Geremia
chiudeva
gli
occhi
e
apriva
le
mani
.
Quasi quasi
Camposoldani
lo avrebbe
preso
per il
petto
, gli avrebbe
dato
uno
scrollone
,
gridandogli
in
faccia
:
- Ma
parla
!
Smuoviti
!
Dimmi
quello che mi
devi
dire
e
facciamola
finita
!
Sicché, quando una
mattina
, alla sua
solita
domanda
: - "Nulla di
nuovo
?" -
Geremia
, invece di
chiudere
gli
occhi
e
aprir
le
mani
,
crollò
più
volte
il
capo
in
segno
affermativo
,
Camposoldani
non poté fare a meno di
sbuffare
:
- Ah, finalmente!
Sentiamo
!
Ma
Geremia
,
placido
placido
, si
cacciò
una
mano
nella
tasca
interna
della
giacca
, ne
trasse
un
foglio
di
carta
protocollo
ripiegato
in quattro e glielo
porse
.
- Che
significa
? - fece
Camposoldani
,
guardando
quel
foglio
spiegazzato
, senza
prenderlo
.
Geremia
si
strinse
nelle
spalle
e
rispose
:
- Non
c'
e altro...
- E che è questo?
- Non
so
. L'ha
portato
un
ragazzino
...
Camposoldani
, con le
ciglia
aggrondate
,
prese
rabbiosamente
il
foglio
; lo
spiegò
;
cominciò
a
leggere
; a un
tratto
alzò
gli
occhi
a
fulminare
Geremia
.
- Ah! Hai
fatto
questo?
Era
una
domanda
firmata
da
venticinque
socii
, perché
fosse
indetta
al più presto un'
adunanza
.
Capolista
, il
professor
Agesilao
Pascotti
.
Geremia
si
portò
le
mani
tremicchianti
al
petto
e
aprendo
le
squallide
labbra
al
solito
sorrisetto
mesto
e
ragionevole
:
- Io? -
sospirò
con un
filo
di
voce
. - Che
c'
entro io?
-
Pezzo
d'
imbecille
! -
proruppe
allora
Camposoldani
. - E
giusto
al
Pascotti
ti sei
rivolto
?
- Io?
- Che ti
figuri
che ci
guadagnerai
adesso
? Vogliono i
conti
? Ma subito!
Comincerai
dal
risponderne
tu, intanto!
- Io?
- Tu, tu per il
primo
,
caro
! tu che da
tant'
anni
vai
seminando
le
ricevute
delle
tasse
mensili
senza
riscuoterne
l'
importo
!
Pezzo
d'
imbecille
, sono tutti
morosi
questi
firmatarii
qua, tutti...
Cardilli
,
Voceri
,
Spagna
,
Falletri
,
Romeggi
...
Toh
! uno solo no!
Concetto
Sbardi
... O dove sei
andato
a
pescarlo
costui? Non sta in
Abruzzo
? Quello che
scrive
idega
! È a
Roma
? Ah, è venuto qua? E ti sei
rivolto
a lui?
Investito
così, il
povero
vecchio
s'
era
provato
più
volte
a
interromperlo
, con le
mani
protese
,
battendo
continuamente
le
palpebre
su gli
occhietti
acquosi
.
Pareva
cascato
dalle
nuvole
! Non
sapeva
nulla di nulla, proprio... Se la
prendeva
con lui?
All'
improvviso
sorse
in
mezzo
, tra i due,
Tudina
, che
ormai
non
pareva
più lei.
Gonfia
,
scarduffata
,
imbruttita
, si
levò
davanti a
Camposoldani
come l'
immagine
viva
dell'
infamia
commessa
, del
laido
delitto
di cui s'
era
macchiato
. Che
c'
entrava
il
patrigno
in quell'
istanza
? Che
interesse
poteva avere a
metter
su i
socii
contro di lui?
- E allora? - fece
Camposoldani
.
Come,
donde
era
venuta fuori quell'
istanza
? a chi
era
saltato
quel
grillo
? Per qual
ragione
, così tutt'a un
tratto
?
Gente
che non
pagava
più,
gente
che non s'
era
fatta più
viva
da tanto
tempo
...
Grattandosi
nervosamente
la
bella
barba
nera
spartita
sul
mento
.
Camposoldani
s'
immerse
a
considerare
di
nuovo
quell'
istanza
che, dalla prima
firma
, poteva
argomentarsi
scritta
tutta di
pugno
dal
Pascotti
stesso;
lesse
,
rilesse
più
volte
quella
filza
di
nomi
; alla
fine
levò
il
volto
sorridente
verso
Geremia
.
-
Pascotti
? -
domandò
quasi a se stesso.
E di
nuovo
si
mise
a
considerare
le
firme
. Una
sola
gli
dava
ombra
: quella dello
Sbardi
abruzzese
. Aveva sempre
pagato
, costui,
puntualissimamente
. Come si
trovava
lì
con quegli altri a
schiera
? Gli faceva l'
effetto
d'un
lupo
tra un
branco
di
pecore
. Sì,
era
lui il
nemico
; lui, senza
dubbio
...
Era
venuto a
Roma
,
era
andato
a
trovare
il
Pascotti
già
vicepresidente
, e tutti e due... Che volevano da lui? I
conti
?
Padronissimi
. Ma se lo
Sbardi
era
andato
a
trovare
Pascotti
per
eleggerlo
comandante
supremo
della
battaglia
,
era
segno
che, per lo meno, non
sapeva
parlare
. E se
mancava
a lui il
coraggio
dell'
accusa
, il
coraggio
più
difficile
, lo avrebbe avuto il
rotondo
Pascotti
?
Via
! Lo faceva
ridere
Pascotti
.
Di
nuovo
Camposoldani
levò
il
volto
sorridente
verso
Geremia
.
- I
conti
... -
disse
.
- I... i
conti
? -
balbettò
il
vecchio
. - Da me?
Camposoldani
lo
guatò
, come se quella
ingenua
domanda
che i
socii
volessero i
conti
da lui
Geremia
, gli avesse
fatto
balenare
qualche
idea
.
- Da te... da me....
vedremo
-
disse
.
E si
ritirò
nella sua
cameretta
.
Più
tardi
Geremia
fu
mandato
in
giro
a
distribuire
gli
inviti
all'
adunanza
per la
sera
del
giorno
successivo
.
Era
come
intronato
e
pareva
che le
gambe
gli si fossero
stroncate
sotto.
Camposoldani
rimase
tutto il
giorno
all'
Associazione
a
preparare
la
difesa
. Aveva avuto la
debolezza
di
pagare
alcuni
debiti
che lo
opprimevano
; e questa
sottrazione
si poteva
mascherare
benissimo
col
viaggio
che
diceva
d'aver
fatto
in
Germania
per
studiare
l'
organismo
dei
Circoli
di
Cultura
,
fiorentissimi
, come tutti
sapevano
, in quel
paese
. Poi
c'
erano le
spese
per la
sede
sociale
,
arredo
,
pigione
; le
spese
per la
pubblicazione
del
Bollettino
; lo
stipendio
di
Geremia
... che altro? ah, le
spese
di
viaggio
per le
inaugurazioni
...
spese
che, venuto meno quasi del tutto l'
introito
delle
rate
mensili
dei
socii
, avevano
naturalmente
assottigliato
il
fondo
della
tombola
telegrafica
. Tutto
sommato
però, quanto
restava
?
Camposoldani
tirò
la
somma
. Pur
largheggiando
nelle
spese
,
pure
arrotondando
più
volte
le
cifre
, la
somma
totale
era
ben
lungi
dal
mettersi
d'
accordo
col
magro
residuo
effettivo
.
Perdersi
, no: non
era
uomo
da
perdersi
così
facilmente
,
massime
di
fronte
a quei
venticinque
firmatarii
con un
Pascotti
per
capitano
. Ma i
conti
, no, ecco! i
conti
doveva
trovar
modo di non
presentarli
. Se poi, proprio proprio vi
fosse
stato
costretto
... un
lampo
, uno dei suoi
soliti
lampi
geniali
doveva
salvarlo
... Che
lampo
?
Ci
pensò
tutta la
notte
Camposoldani
e il
giorno
appresso. Poche
ore
prima dell'
adunanza
, si
vide
all'
improvviso
comparire
davanti
Geremia
, più che mai come una
larva
, che un
soffio
sospingesse
:
entrò
parlando
, al suo
solito
,
sottovoce
, con un
tremolio
più
accentuato
del
capo
e delle
mani
, e con l'
ombra
, l'
ombra
appena del
consueto
risolino
mesto
e
ragionevole
su le
labbra
.
- L'I... l'
Italia
... che...
ta-tanti
sacrifizii
... tanti
eroismi
... l'
Italia
che...
Vittorio
...
Cavour
... chi
sa
che... che cosa
credevano
...
dovesse
diventare
... ecco qua...
donnaccia
da
trivio
...
vergogna
...
figli
bastardi
... il
di-disonore
... si
sa
!...
fratelli
contro
fratelli
... la... la
pa.
.. la
palla
d'
Aspromonte
...
bollati
d'
infamia
...
patria
di
ladri
... per
forza
!...
madre
di... di
figlie
sgualdrine
... per
forza
!... L'I... l'
Italia
... l'
Italia
...
E
bisbigliate
queste
parole
, se n'
andò
.
Camposoldani
rimase
sbalordito
; non
trovò
la
voce
per
richiamarlo
indietro
, per
saper
che cosa volesse
dire
.
Che niente niente
Geremia
aveva
protestato
in quel modo contro la
seduzione
e la
gravidanza
della
figliastra
?
Alla
seduta
, oltre ai
venticinque
firmatarii
,
intervennero
appena una
dozzina
di
socii
, che non avevano mai
posto
piede
nella
sala
dell'
Associazione
.
Dei sei
consiglieri
della
sede
centrale
di
Roma
, nessuno volle
presentarsi
. Per
lettera
, chi
dichiarò
che,
secondo
lo
statuto
sociale
, si
riteneva
già da un
pezzo
scaduto
dalla
carica
; chi,
dimesso
anche da
socio
per non aver più
pagato
; chi fece
finanche
le
meraviglie
che l'
Associazione
fosse
tuttora
in
vita
.
Alla
tavola
della
Presidenza
si
presentò
solo, a
testa
alta
,
Bonaventura
Camposoldani
. Più a
testa
alta
di lui e con
cipiglio
più
sdegnoso
del suo, si
ergeva
però dietro la
tavola
della
Presidenza
qualche altro:
Dante
Alighieri
su la
colonnina
di
gesso
abbronzato
.
Dante
Alighieri
pareva
che
sentisse
più
puzza
che mai.
Era
evidentissimo
che prima di
intervenire
alla
seduta
, quei
trentasette
socii
avevano
concertato
fra loro un
piano
di
battaglia
. Si
leggeva
chiaramente
negli
occhi
dei più
stupidi
, alcuni
intozzati
, su di sé, altri
spavaldi
, altri
sdegnosi
, col
labbro
in fuori e le
palpebre
basse
attraverso le quali
guardavano
le
sedie
, le
tende
, la
tavola
della
Presidenza
e lo stesso
Dante
Alighieri
, come per
compassione
.
Pascotti
prese
posto
in prima
fila
, nel
mezzo
;
Concetto
Sbardi
, invece, in
fondo
,
appartato
.
Era
un
ometto
tozzo
,
ispido
,
aggrondato
, che
teneva
continuamente
una
mano
spalmata
sul
mento
e si
raschiava
con le
unghie
adunche
le
guance
rase
,
stridenti
. Molti si
voltavano
a
guardarlo
, ed egli,
seccato
, s'
insaccava
di più nelle
spalle
. Ma se
c'
era
Pascotti
! Perché non
guardavano
Pascotti
? Che
stupidi
!
Camposoldani
, un po'
pallido
, con
occhi
gravi
, ma pur con un
sorrisino
ironico
appena
percettibile
sotto i
baffi
, prima di
aprir
la
seduta
,
chiamò
con un
cenno
della
mano
Geremia
, che s'
era
seduto
,
trepidante
, presso l'
uscio
, e gli
diede
un
foglio
di
carta
perché gl'
intervenuti
vi
apponessero
la
firma
di
presenza
.
Quando
riebbe
il
foglio
firmato
,
sonò
il
campanello
e
disse
pacatamente
:
-
Signori
, l'
adunanza
era
indetta
per le
ore
20: sono già circa le 21. Da questa
nota
di
presenza
risulta
che non siamo in
numero
. I
soci
iscritti
nella
sede
di
Roma
sono
novantasei
...
-
Domando
la
parola
! -
esclamò
Pascotti
.
-
Prego
,
professore
, -
seguitò
Camposoldani
. -
Indovino
ciò che ella vorrebbe
dire
: di questi
novantasei
socii
molti
debbono
ritenersi
dimissionarii
, perché da un
pezzo
...
-
Domando
la
parola
! -
insisté
Pascotti
.
- L'avrà; ma prima mi
lasci
dire
! -
replicò
con
fermo
accento
Camposoldani
. - Io sono qui anche per far
rispettare
lo
statuto
sociale
: e
dico
loro innanzi tutto che avrei potuto
benissimo
non
tener
conto
della loro
istanza
, perché tutti i
venticinque
firmatarii
, tranne uno, come del
resto
la
maggioranza
dei
socii
inscritti
a questa
sede
, avrei potuto
considerare
come
dimissionarii
.
- No! no! no! -
gridarono
a questo
punto
parecchi
insieme
.
E
Pascotti
, per la
terza
volta
:
-
Domando
la
parola
!
Dimissionarii
perché,
signor
Presidente
? Io già - siamo in un
circolo
di
cultura
- mi
perdoni
- non
userei
mai
codesta
parola
entrata
purtroppo
nell'
uso
, e non nostra! Ma
diciam
pure
dimissionarii
, poiché di ben altro qua, che di
parole
più o meno
pure
, questa
sera
,
dovremo
discutere
.
Dimissionarii
perché,
domando
io,
signor
Presidente
?
- Ecco! - lo
interruppe
Camposoldani
,
accennando
Geremia
in
fondo
alla
sala
. - Lo
domandi
laggiù
al nostro
esattore
,
egregio
signor
Pascotti
.
Tutti si
voltarono
a
guardare
: due o tre
esclamarono
:
- E chi l'ha mai
veduto
?
- Non
dicano
così! -
esclamò
allora
Camposoldani
,
dando
un
pugno
su la
tavola
. - Lo hanno
veduto
benissimo
, Lor
Signori
, per due o tre
mesi
,
puntuale
! E non solo lo hanno
veduto
, ma egli ha
lasciato
nelle loro
case
la
ricevuta
della
tassa
,
fidandosi
che, forse
impediti
per il
momento
, Lor
Signori
sarebbero poi venuti a
pagarne
l'
importo
qua, nella
sede
sociale
aperta
tutto il
giorno
, a loro
disposizione
. Nessuno s'è mai
fatto
vedere
! Io sono
stato
qua a
lavorare
, qua a
mantener
vivo
il
fuoco
dell'
Associazione
, di cui loro questa
sera
, senza averne il
diritto
, vengono a
domandarmi
conto
. Sì, o
Signori
, senza averne il
diritto
. Perché, delle due l'una: o non
debbono
ritenersi
dimissionarii
tutti coloro che non sono in
regola
coi
pagamenti
, e allora -
c'
è poco da
dire
- qui
manca
il
numero
legale
, ed io non potrei
aprir
la
seduta
; o
debbono
ritenersi
dimissionarii
, e allora anche tutti voi, o
Signori
, tranne uno, non avete più
veste
di
socii
e potete
andar
via
. Ma no, no, no,
Signori
miei - s'
affrettò
a
soggiungere
Camposoldani
. -
Vedete
bene
che io ho
accolto
la vostra
istanza
,
felicissimo
di
vedervi
qua, finalmente! in pochi,
va
bene
; ma con la
speranza
che da questa
sera
in poi, dietro l'
esempio
vostro, la nostra
Associazione
si
risvegli
a quella
vita
feconda
, ch'
era
nei miei
voti
nel
fondarla
. Ma
figuratevi
se poteva mai
passarmi
per la
mente
di non
accogliere
la vostra
domanda
! Io sono qua, sono
stato
sempre qua a
lavorare
per tutti, a
tenere
una
continua
,
attiva
corrispondenza
con le nostre
sezioni
, ad
attendere
alla
pubblicazione
del nostro
Bollettino
, che si
diffonde
anche all'
estero
! Voi vi siete finalmente
risolti
a venire, a
partecipare
alla
vita
della nostra
Associazione
? Ma,
figuratevi
,
figuratevi
se io,
stanco
come sono, non vi
apro
le
braccia
e non vi
benedico
.
Non si
aspettava
applausi
Camposoldani
, dopo questa
volata
.
Ottenne
però l'
effetto
voluto. Tutti
apparvero
lì
per
lì
sconcertati
; e di
nuovo
molti si
voltarono
a
guardar
l'
unico
che non si
dovesse
sentire
fuor
di
posto
e
ammesso
per
indulgenza
.
Concetto
Sbardi
, questa
volta
, si
scrollò
tutto
rabbiosamente
e si
alzò
come per
andar
via
;
contemporaneamente
quattro o cinque si
levarono
e
accorsero
a
trattenerlo
, mentre gli altri
gridavano
:
-
Parli
Sbardi
!
Parli
Sbardi
!
-
Parli
Pascotti
,
perdio
-
urlò
lo
Sbardi
,
divincolandosi
. -
Lasciatemi
andare
! o
parla
Pascotti
, o io me ne
vado
!
- Ecco,
parlo
io -
disse
allora
Pascotti
,
alzandosi
un po'
impacciato
. - Col
permesso
dell'
egregio
signor
Presidente
.
- No! no!
Parli
Sbardi
!
Parli
Sbardi
!
-
Parlo
io...
-
Sbardi
!
Sbardi
!
Camposoldani
sonò
,
sogghignando
, il
campanello
: -
Signori
miei, vi
prego
... Che
cos'
è?
-
Parlo
io, -
tuonò
Pascotti
. -
Domando
la
parola
!...
-
Parli
...
Parli
...
- ...
soltanto
per
dire
, -
seguitò
il
professor
Agesilao
Pascotti
,
levando
un
braccio
maestosamente
, -
soltanto
per
dire
che nella
condizione
in cui mi ha
messo
e ci ha
messo
il
signor
presidente
, o
amici
miei, quantunque
acceso
di
candida
e, vorrei
dire
,
apostolica
condiscendenza
, con la sua
pregiudiziale
, io
stimo
e faccio
notare
all'
egregio
collega
Sbardi
che il mio
discorso
non avrebbe più quell'
efficacia
che
dovrebbe
avere, che sarebbe
giusto
che avesse,
secondo
l'
intendimento
nostro e la nostra
intesa
.
-
Benissimo
!
-
Aspettate
!
Ragion
per cui, io
prego
, io
prego
caldamente
, a
nome
di tutti i
colleghi
qui
presenti
, e,
lasciatemelo
supporre
, a
nome
anche di tutti i
socii
del
Sodalizio
nostro
sparsi
per le
terre
d'
ltalia
. - (
Benissimo
!) -
Aspettate
! -
Prego
,
dicevo
, il
professor
Concetto
Sbardi
perché
voglia
far
violenza
alla sua
natural
ritrosia
, alla sua... un po' troppo
ribelle
modestia
, e che
parli
lui, che
porti
qua lui, con la
rigidezza
severa
che gli è
solita
, le
sante
ragioni
che ci hanno
spinto
, o
Signori
, a
domandare
questa
solenne
adunanza
!
Scoppiarono
applausi
e
nuove
grida
: -
Parli
Sbardi
!
Viva
Sbardi
!
-
Signor
Sbardi
, -
disse
allora
Camposoldani
con
aria
di
sfida
. -
Via
!
faccia
contenti
i suoi
amici
! Sono
curioso
anch'io di
sentire
quel che lei ha da
dire
, quel che aveva
divisato
d'
esprimere
con la
parola
adorna
ed
eloquente
del
professor
Pascotti
.
Concetto
Sbardi
diede
una
bracciata
a coloro che gli s'erano
fatti
intorno e si fece innanzi per
parlare
.
Pareva
un
bufalo
parato
per
scagliarsi
, a
testa
bassa
.
Afferrò
con una
mano
la
spalliera
della
seggiola
che gli stava davanti,
rimase
con l'altra sul
mento
a
raschiarsi
la
guancia
, poi
cominciò
:
-
Agesilago
...
Agesilago
Pascotti
e tutti voi,
Signori
, avete
torto
a
tirarmi
per
forza
a
parlare
. Vi avevo
detto
... vi avevo
pregato
che non
so
parlare
. Io non
possiedo
come il
signor
Camposoldani
, come
Pascotti
, il... il come si
chiama
... sì, insomma, la
parola
... La
guardaroba
, volevo
dire
,
signori
, la
guardaroba
dell'
eloquenza
.
Alcuni
applaudirono
alla
frase
per
rianimare
l'
oratore
, altri
scoppiarono
a
ridere
.
-
Sissignori
, -
riprese
Concetto
Sbardi
. - Io la
chiamo
così... La
guardaroba
dell'
eloquenza
... Avete un
pensieruzzo
tisico
? E
tisico
sempre vi
resterà
, se non avete la
guardaroba
dell'
eloquenza
. Ma se avete la
guardaroba
dell'
eloquenza
, il
pensieruzzo
tisico
vi
uscirà
dalla
bocca
imbottito
di tanta
stoppa
di
frasi
, che,
parrà
un
gigante
, un
Ercole
parrà
, con la
clava
e la
pelle
del
legone
... Avete un'
ideguccia
sporca
?
fatela
entrare
nella
guardaroba
dell'
eloquenza
e l'
oratore
,
Camposoldani
,
Pascotti
, che farà? ve la farà
uscire
con la
faccia
lavata
,
pettinata
,
attillata
, con certi
pennacchi
di
parole
, tutta
appuntata
di
virgole
e
punt
'e
virgole
, che l'
ideguccia
sporca
non si
riconoscerà
più neanche lei stessa...
Signori
, io non
possiedo
la
guardaroba
dell'
eloquenza
; voi mi
forzate
a
parlare
; io non ho
nemmanco
uno
straccio
,
nemmanco
un
cencio
, per
vestire
le mie
ideghe
: e se
parlo
, qua
stasera
, ho
pagura
che mi
scappi
dalla
bocca
... non
so
che cosa... ma qualche cosa che al
signor
Camposoldani
, il quale mi
sfida
anche lui, non
farebbe
piacere
... insomma, ve lo
dico
, ho
pagura
che mi
scappi
dalla
bocca
... mi
scappi
dalla
bocca
...
- E se lo
lasci
scappare
! -
esclamò
Camposoldani
,
pallidissimo
,
dando
un altro
pugno
su la
tavola
. -
Parli
!
dica
! siamo qua per
parlare
e per
sentire
!
Concetto
Sbardi
allora
levò
il
capo
, si
tolse
la
mano
dal
mento
, e
gridò
:
-
Signor
Camposoldani
, il
ladro
nudo
!
Successe
un
pandemonio
!
Scattarono
tutti in
piedi
;
primo
fra tutti
Camposoldani
: un
balzo
da
tigre
;
brandì
la
seggiola
, si
scagliò
contro lo
Sbardi
. Molti lo
trattennero
, altri
afferrarono
lo
Sbardi
; tutti
gridavano
in
grande
orgasmo
tra le
seggiole
rovesciate
.
Pascotti
montò
su la
tavola
della
presidenza
.
-
Signori
!
signori
! È
deplorevole
! Vi
prego
,
signori
!
Ascoltatemi
!
C'
è un
malinteso
,
perdio
!
Ragioniamo
!
Signori
...
signori
...
Nessuno gli
dava
ascolto
.
-
Signori
! che
vergogna
! Ci
guarda
Dante
Alighieri
!
Camposoldani
,
disarmato
della
seggiola
,
sconvolto
,
ansimante
,
trattenuto
per le
braccia
,
cessò
alla
fine
di
divincolarsi
e
disse
a quelli che
cercavano
di
calmarlo
:
-
Basta
...
basta
... Son
calmo
...
Lasciatemi
.
Signori
, ai vostri
posti
. Sono il
presidente
.
Andò
alla
tavola
, tutti
rimasero
in
piedi
, e in
piedi
egli
parlò
:
- Non posso
stasera
, perché
veramente
non mi
aspettavo
una
siffatta
aggressione
.
Domani
! Ho il modo -
semplice
-
dignitoso
-
degno
di me - di
ricacciare
in
gola
a un
incosciente
l'
offesa
che ha
creduto
di
scagliarmi
. Venite
domani
sera
,
signori
, voi e tutti gli altri:
renderò
conto
di tutto,
minutamente
, coi
documenti
alla
mano
. La
seduta
è
tolta
.
Sonò
il
campanello
, e tutti
uscirono
in
silenzio
dalla
sala
.
Dopo
mezzanotte
,
Bonaventura
Camposoldani
,
uscito
a
prendere
un po' d'
aria
per
riconnettere
le
idee
scompigliate
e
disporsi
, con la
calma
, ad aver quel
lampo
geniale
che
doveva
salvarlo
,
rientrando
nella
sede
dell'
Associazione
,
restò
meravigliato
su la
soglia
della
sala
.
Geremia
ancora col
lume
acceso
, stava
seduto
davanti alla
tavola
della
presidenza
, col
capo
appoggiato
sul
tappeto
verde
di essa.
Camposoldani
pensò
che il
povero
vecchio
aveva forse voluto
aspettarlo
, dopo quella
seduta
tempestosa
, e s'
era
addormentato
lì
.
Attraverso l'
uscio
della
cameretta
s'
udiva
il
ronfo
cadenzato
di
Tudina
.
Bonaventura
Camposoldani
s'
accostò
alla
tavola
per
scuotere
il
vecchio
e
mandarlo
a
dormire
: ma presso la
testa
abbandonata
, di cui il
lume
lasciava
vedere
il
roseo
della
cute
di tra la
rada
canizie
,
scorse
una
lettera
chiusa
e
allibì
.
Il
lampo
geniale
, lo aveva avuto lui,
Geremia
Bencivenni
.
- L'I... l'
Italia
...
vergogna
...
figli
bastardi
...
Ma se la
figliastra
aveva già
compreso
che l'
Italia
era
fatta
male
, e che a tutti gli
onesti
e i
modesti
che avevano
concorso
a farla non
restava
altro che
servire
ai
ladri
, che
bisogno
c'
era
più di lui?
Nella
busta
, due
lettere
. In una si
accusava
di essersi
approfittato
indegnamente
della
cieca
fiducia
che il
signor
Presidente
dell'
Associazione
, suo
benefattore
, aveva
riposto
in lui per tanti
anni
, e d'aver
sottratto
quasi tutti i
fondi
della
tombola
telegrafica
.
Diceva
di averli in gran
parte
buttati
nei
botteghini
del
lotto
, e
chiedeva
perdono
al
Presidente
e a tutti i
socii
.
Nell'altra,
scritta
per il solo
Bonaventura
Camposoldani
,
diceva
testualmente
così:
"Nella
guardaroba
dell'
eloquenza
vesti
della mia
camicia
rossa
di
garibaldino
il tuo
furto
, o
ladro
nudo
! Mi
accuso
, mi
uccido
per
salvarti
, e ti
do
la
stoffa
per un
magnifico
discorso
. In
compenso
ti
chiedo
solamente di
rendere
l'
onore
alla mia
povera
figliuola
!".
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