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Luigi Pirandello
Scialle nero
IntraText CT - Lettura del testo
Il "fumo"
II
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II
Tra i più
tentati
era
don
Mattia
Scala
che
possedeva
un
poderetto
con un
bel
giro
di
mandorli
e d'
olivi
a
mezza
costa
della
collina
, ove, per suo
dispetto
,
affiorava
con più
ricca
promessa
il
minerale
.
Parecchi
ingegneri
del
R.
Corpo
delle
Miniere
eran venuti a
osservare
, a
studiare
quegli
affioramenti
e a far
rilievi
. Lo
Scala
li aveva
accolti
come un
marito
geloso
può
accogliere
un
medico
, che gli venga in
casa
a
visitare
qualche
segreto
male
della
moglie
.
Chiudere
la
porta
in
faccia
a quegli
ingegneri
governativi
che venivan per
dovere
d'
ufficio
, non poteva. Si
sfogava
in
compenso
a
maltrattare
quegli altri che, o per
conto
di qualche
ricco
produttore
di
zolfo
o di qualche
società
mineraria
, venivano a
proporgli
la
cessione
o l'
affitto
del
sottosuolo
.
-
Corna
, vi
cedo
! -
gridava
. - Neanche se m'
offriste
i
tesori
di
Creso
; neanche se mi
diceste
:
Mattia
,
raspa
qua con un
piede
, come fanno le
galline
; ci
trovi
tanto
zolfo
, che
diventi
d'un
colpo
più
ricco
di... che
dico
? di
re
Fàllari
! Non
rasperei
,
parola
d'
onore
.
E se, poco poco, quelli
insistevano
:
- Insomma, ve n'
andate
, o
chiamo
i
cani
?
Gli
avveniva
spesso
di
ripetere
questa
minaccia
dei
cani
, perché il suo
poderetto
aveva il
cancello
su la
trazzera
, cioè su la
via
mulattiera
che
traversava
la
collina
,
accavalcandola
, e che
serviva
da
scorciatoja
agli
operai
delle
zolfare
, ai
capimastri
, a gl'
ingegneri
direttori
, che dalla
prossima
città
si
recavano
alla
vallata
o ne
tornavano
.
Ora
, quest'
ultimi
segnatamente
pareva
avessero
preso
gusto
a farlo
stizzire
; e, almeno una
volta
la
settimana
, si
fermavano
innanzi al
cancello
,
vedendo
don
Mattia
lì
presso, per
domandargli
:
- Niente, ancora?
-
Tè
,
Scampirro
!
Tè
,
Regina
!
Don
Mattia
, per
chiasso
,
chiamava
davvero
i
cani
. Aveva avuto anche lui un
tempo
la
mania
delle
zolfare
, per cui s'
era
ridotto
- eccolo
là
-
scannato
miserabile
!
Ora
non poteva
veder
neanche da
lontano
un
pezzo
di
zolfo
che subito, con
rispetto
parlando
, non si
sentisse
rompere
lo
stomaco
.
- E che è, il
diavolo
? - gli
domandavano
.
E lui:
-
Peggio
! Perché vi
danna
l'
anima
, il
diavolo
, ma vi fa
ricchi
, se vuole! Mentre lo
zolfo
vi fa più
poveri
di
Santo
Giobbe
; e l'
anima
ve la
danna
lo stesso!
Parlando
,
pareva
il
telegrafo
. (Il
telegrafo
s'
intende
come
usava
prima, ad
asta
.) Lungo lungo,
allampanato
, sempre col
cappellaccio
bianco
in
capo
,
buttato
indietro
, a
spera
; e
portava
a gli
orecchi
un
pajo
di
catenaccetti
d'
oro
, che
davano
a
vedere
quello che, del
resto
, egli non si
curava
di
nascondere
, come
fosse
cioè venuto su da una
famiglia
mezzo
popolana
e
mezzo
borghese
.
Nel
volto
raso
,
pallido
, di quel
pallore
proprio dei
biliosi
, gli
spiccavano
stranamente
le
sopracciglia
enormi
,
spioventi
, come un gran
pajo
di
baffi
che si
fosse
sfogato
a
crescer
lì
,
visto
che
giù
, sul
labbro
, non gli
era
nemmen
permesso
di
spuntare
. E sotto, all'
ombra
di quelle
sopracciglia
, gli
lampeggiavano
gli
occhi
chiari
,
taglienti
,
vivi
vivi
, mentre le
narici
del gran
naso
aquilino
,
energico
, gli si
dilatavano
di
continuo
e
fremevano
.
Tutti i
possidenti
della
collina
gli volevano
bene
.
Ricordavano
com'egli, molto
ricco
un
giorno
,
fosse
venuto
lì
a
pigliar
possesso
di quei pochi
ettari
di
terra
comperati
dopo la
rovina
, col
denaro
ricavato
dalla
vendita
della
casa
in
città
e di tutte le
masserizie
di essa e delle
gioje
della
moglie
morta
di
crepacuore
;
ricordavano
come si
fosse
prima
rintanato
nelle quattro
stanze
della
casa
rustica
annessa
al
podere
, senza voler
vedere
nessuno,
insieme
con una
ragazza
di circa
sedici
anni
,
Jana
, che tutti in
principio
avevano
creduto
sua
figlia
e che poi s'
era
saputo
esser la
sorella
minore
d'un tal
Dima
Chiarenza
, cioè proprio di quell'
infame
che lo aveva
tradito
e
rovinato
.
C'
era
tutta una
storia
sotto.
Lo
Scala
aveva
conosciuto
questo
Chiarenza
ragazzo
, e lo aveva sempre
ajutato
,
sapendolo
orfano
di
padre
e di
madre
, con quella
sorellina
molto più
piccola
di lui; se l'
era
anzi
preso
con sé per farlo
lavorare
; poi, avendolo
sperimentato
veramente
esperto
e
amante
del
lavoro
, aveva voluto averlo anche
socio
nell'
affitto
d'una
zolfara
. Tutte le
spese
per la
lavorazione
se l'
era
accollate
lui;
Dima
Chiarenza
doveva
soltanto
star
lì
, sul
posto
,
vigilare
all'
amministrazione
e ai
lavori
.
Intanto
Jana
(
Januzza
, come la
chiamavano
) gli
cresceva
in
casa
. Ma
don
Matria
aveva anche un
figlio
(
unico
!) quasi della stessa
età
, che si
chiamava
Neli
. Si
sa
, presto
padre
e
madre
s'erano
accorti
che i due
ragazzi
avevano
preso
a volersi
bene
, non come
fratello
e
sorella
; e per non
tener
la
paglia
accanto al
fuoco
e
dare
tempo
al
tempo
, avevano
pensato
giudiziosamente
d'
allontanare
dalla
casa
Neli
, che non aveva ancora
diciotto
anni
, e lo avevano
mandato
alla
zolfara
, a
tener
compagnia
e a
prestare
ajuto
al
Chiarenza
. Fra due, tre
anni
, li avrebbero
sposati
, se tutto, come
pareva
,
fosse
andato
bene
.
Poteva mai
sospettare
don
Mattia
Scala
che
Dima
Chiarenza
, di cui si
fidava
come di se stesso,
Dima
Chiarenza
, ch'egli aveva
raccolto
dalla
strada
,
trattato
come un
figliuolo
e
messo
a
parte
degli
affari
,
Dima
Chiarenza
lo
dovesse
tradire
, come
Giuda
tradì
Cristo
?
Proprio così! S'
era
messo
d'
accordo
, l'
infame
, con l'
ingegnere
direttore
della
zolfara
, d'
accordo
coi
capimastri
, coi
pesatori
, coi
carrettieri
, per
rubarlo
a
man
salva
su le
spese
d'
amministrazione
, su lo
zolfo
estratto
,
finanche
sul
carbone
che
doveva
servire
ad
alimentar
le
macchine
per l'
eduzione
delle
acque
sotterranee
. E la
zolfara
, una
notte
, gli s'
era
allagata
,
irreparabilmente
,
distruggendo
l'
impianto
del
piano
inclinato
, che allo
Scala
costava
più di
trecento
mila
lire
.
Neli
, che in quella
notte
d'
inferno
s'
era
trovato
sul
luogo
e aveva
partecipato
a gl'
inutili
sforzi
disperati
per
impedire
il
disastro
,
presentendo
l'
odio
che il
padre
da quell'
ora
avrebbe
portato
al
Chiarenza
, e in cui forse avrebbe
coinvolto
Jana
, la
sorella
innocente
, la sua
Jana
;
temendo
che avrebbe
chiamato
anche lui, forse,
responsabile
della
rovina
per non essersi
accorto
o per non aver
denunziato
a
tempo
il
tradimento
di quel
Giuda
che
doveva
esser tra poco suo
cognato
; nella stessa
notte
,
era
fuggito
come un
pazzo
, in
mezzo
alla
tempesta
; e
scomparso
, senza
lasciar
nessuna
traccia
di sé.
Pochi
giorni
dopo la
madre
era
morta
,
assistita
amorosamente
da
Jana
, e lo
Scala
s'
era
trovato
solo, in
casa
,
rovinato
, senza più la
moglie
, senza più il
figlio
, solo con quella
ragazza
, la quale, come
impazzita
dall'
onta
e dal
cordoglio
, s'
era
stretta
a lui, non aveva voluto
lasciarlo
, aveva
minacciato
di
buttarsi
da una
finestra
s'egli la avesse
respinta
in
casa
del
fratello
.
Vinto
da quella
fermezza
e
reprimendo
la
repulsione
che la sua
vista
ora
gli
destava
, lo
Scala
aveva
condisceso
a
condurla
con sé,
vestita
di
nero
, come una
figliuola
due
volte
orfana
,
là
, nel
poderetto
acquistato
allora.
Uscendo
a poco a poco, con l'
andar
del
tempo
, dal suo
lutto
, s'
era
messo
a
scambiare
qualche
parola
coi
vicini
e a
dar
notizie
di sé e della
ragazza
.
- Ah, non è
figlia
vostra?
- No. Ma come se
fosse
.
Si
vergognava
dapprima
a
dir
chi
era
veramente
. Del
figlio
, non
diceva
nulla.
Era
una
spina
troppo
grande
. E del
resto
, che
notizie
poteva
darne
? Non ne aveva. Se n'
era
tanto
occupata
la
questura
, ma senza venire a
capo
di nulla.
Dopo alcuni
anni
, però,
Jana
,
stanca
d'
aspettar
così senza
speranza
il
ritorno
del
fidanzato
, aveva voluto
tornarsene
in
città
, in
casa
del
fratello
, il quale,
sposata
una
vecchia
di molti
denari
,
famigerata
usuraja
, s'
era
messo
a far l'
usurajo
anche lui, ed
era
adesso
tra i più
ricchi
del
paese
.
Così lo
Scala
era
restato
solo,
lì
, nel
poderetto
. Otto
anni
erano già
trascorsi
e, almeno
apparentemente
, aveva
ripreso
l'
umore
di prima;
era
divenuto
amico
di tutti i
proprietarii
della
collina
che,
spesso
, sul
tramonto
venivano a
trovarlo
dai
poderi
vicini
.
Pareva
che la
campagna
avesse voluto
compensarlo
dei
danni
della
zolfara
.
Era
pure
stata una
fortuna
l'aver potuto
acquistare
quei pochi
ettari
di
terra
, perché uno dei
proprietarii
dei sei
poderi
in cui
era
frazionata
la
collina
, il
Butera
,
riccone
, s'
era
fitto
in
capo
di
diventar
col
tempo
padrone
di tutte quelle
terre
.
Prestava
denaro
e
andava
a
mano
a
mano
allargando
i
confini
del suo
fondo
. Già s'
era
annesso
quasi
metà
del
podere
di un certo
Nino
Mo
; e aveva
ridotto
un altro
proprietario
, il
Làbiso
, a
vivere
in un
pezzettino
di
terra
largo
quanto un
fazzoletto
da
naso
,
anticipandogli
la
dote
per cinque
figliuole
;
teneva
da un
pezzo
gli
occhi
anche su le
terre
del
Lopes
; ma questi, per
bizza
,
dovendo
disfarsi
dopo una
serie
di
male
annate
d'una
parte
della sua
tenuta
, s'
era
contentato
di
venderla
, anche a
minor
prezzo
, a un
estraneo
: allo
Scala
.
In pochi
anni
,
buttatosi
tutto al
lavoro
, per
distrarsi
dalle sue
sciagure
,
don
Mattia
aveva
talmente
beneficato
quei pochi
ettari
di
terra
, che
ora
gli
amici
, il
Lopes
stesso, quasi
stentavano
a
riconoscerli
; e ne facevano le
meraviglie
.
Il
Lopes
,
veramente
, si
rodeva
dentro dalla
gelosia
.
Rosso
di
pelo
, dal
viso
lentigginoso
, e tutto
sciamannato
,
teneva
di
solito
il
cappello
buttato
sul
naso
, come per non
veder
più niente, né nessuno; ma sotto la
falda
di quel
cappello
qualche
occhiata
obliqua
gli
sguisciava
di tanto in tanto, come nessuno s'
aspettava
da quei
grossi
occhi
verdastri
che
pareva
covassero
il
sonno
.
Girato
il
podere
, gli
amici
si
riducevano
su lo
spiazzetto
innanzi alla
cascina
,
Là
, lo
Scala
li
invitava
a
sedere
sul
murello
che
limitava
giro
giro
, sul davanti, la
scarpata
su cui la
cascina
era
edificata
. Ai
piedi
di quella
scarpata
, dalla
parte
di dietro,
sorgevano
, come a
proteggere
la
cascina
, certe
pioppe
nere
,
alte
alte
, di cui
don
Mattia
non si
sapeva
dar
pace
, perché il
Lopes
ce l'avesse
piantate
.
- Che stanno a farci? Me lo
dite
? Non
danno
frutto
e
ingombrano
.
- E voi
buttatele
a
terra
e fatene
carbone
, - gli
rispondeva
,
indolente
, il
Lopes
.
Ma il
Butera
consigliava
:
-
Vedete
un po', prima di
buttarle
giù
, se qualcuno ve le
prende
.
- E chi volete che le
prenda
?
-
Mah
! Quelli che fanno i
Santi
di
legno
.
- Ah! I
Santi
!
Guarda
,
guarda
!
Ora
capisco
, -
concludeva
don
Mattia
- se li fanno di questo
legno
, perché non fanno più
miracoli
i
Santi
!
Su quelle
pioppe
, ai
vespro
, si
davano
convegno
tutti i
passeri
della
collina
, e col loro
fitto
,
assordante
cinguettio
disturbavano
gli
amici
che si
trattenevano
lì
a
parlare
, al
solito
, delle
zolfare
e dei
danni
delle
imprese
minerarie
.
Moveva
quasi sempre il
discorso
Nocio
Butera
, il quale, com'
era
il
possidente
più
ricco
, così
era
anche la più
grossa
pancia
di tutte quelle
contrade
.
Era
avvocato
, ma una
volta
sola
in
vita
sua, poco dopo
ottenuta
la
laurea
, s'
era
provato
a
esercitar
la
professione
: s'
era
impappinato
nel
bel
meglio
della sua prima
arringa
;
smarrito
; con le
lagrime
in
pelle
, come un
bambino
,
lì
, davanti ai
giurati
e alla
Corte
aveva
levato
le
braccia
, a
pugni
chiusi
, contro la
Giustizia
raffigurata
nella
volta
con tanto di
bilancia
in
mano
,
gemendo
,
esasperato
: - Eh che!
Santo
Dio
! - perché,
povero
giovine
, aveva
sudato
una
camicia
a
cacciarsi
l'
arringa
a
memoria
e
credeva
di
poterla
recitare
proprio
bene
, tutta
filata
, senza
impuntature
.
Ogni tanto, ancora, qualcuno gli
ricordava
quel
fiasco
famoso
:
- Eh che,
don
No',
santo
Dio
!
E
Nocio
Butera
figurava
di
sorriderne
anche lui,
ora
,
masticando
: - Già... già... - mentre si
grattava
con le
mani
paffute
le
fedine
nere
su le
guance
rubiconde
o s'
aggiustava
sul
naso
a
gnocco
o su gli
orecchi
il
sellino
o le
staffe
degli
occhiali
d'
oro
.
Veramente
avrebbe potuto
riderne
di
cuore
, perché, se come
avvocato
aveva
fatto
quella
pessima
prova
, come
coltivatore
di
campi
e
amministratore
di
beni
,
via
,
portava
bandiera
. Ma l'
uomo
, si
sa
, l'
uomo
non si vuol mai
contentare
, e
Nocio
Butera
pareva
godesse
soltanto
nel
sapere
che altri, come lui, aveva
fatto
cilecca
in qualche
impresa
. Veniva nel
fondo
dello
Scala
unicamente
per
annunziar
la
rovina
prossima
o già
accaduta
di questo o di quello, e per
spiegarne
le
ragioni
e
dimostrare
così, che a lui non sarebbe certo
accaduta
.
Tino
Làbiso
, lungo lungo,
rinfichito
,
tirava
dalla
tasca
dei
calzoni
un
pezzolone
a
dadi
rossi
e
neri
, vi
strombettava
dentro col
naso
che
pareva
una
buccina
marina
; poi
ripiegava
diligentemente
il
pezzolone
, se lo
ripassava
, così
ripiegato
, parecchie
volte
sotto il
naso
, e se lo
rimetteva
in
tasca
;
infine
, da
uomo
prudente
, che non si
lascia
mai
scappar
giudizii
avventati
,
diceva
:
- Può
essere
.
- Può
essere
? È è è! -
scattava
Nino
Mo
, che non poteva
soffrire
quell'
aria
flemmatica
del
Làbiso
.
Il
Lopes
accennava
di
scuotersi
dalla
cupa
noja
e, sotto al
cappellaccio
buttato
sul
naso
,
consigliava
con
voce
sonnolenta
:
-
Lasciate
parlare
don
Mattia
che se n'
intende
più di voi.
Ma
don
Mattia
, ogni
volta
, prima di
mettersi
a
parlare
, si
recava
in
cantina
per
offrire
a gli
amici
un buon
boccale
di
vino
.
-
Aceto
,
avvelenatevi
!
Beveva
anche lui,
sedeva
, s'
attortigliava
le
gambe
e
domandava
:
- Di che si
tratta
?
- Si
tratta
, -
prorompeva
al
solito
Nino
Mo
, - che sono tante
bestie
, tutti, a uno a uno!
- Chi?
- Ma quei
figli
di
cane
! I
zolfatari
.
Scavano
,
scavano
, e il
prezzo
dello
zolfo
giù
,
giù
,
giù
! Senza
capire
che fanno la loro e la nostra
rovina
; perché tutti i
danari
vanno
a
finir
là
, in quelle
buche
, in quelle
bocche
d'
inferno
sempre
affamate
,
bocche
che ci
mangiano
vivi
!
- E il
rimedio
,
scusate
? -
tornava
a
domandare
lo
Scala
.
-
Limitare
, -
rispondeva
allora
placidamente
Nocio
Butera
-
limitare
la
produzione
dello
zolfo
. L'
unica
, per me, sarebbe questa.
-
Madonna
, che
locco
! -
esclamava
subito
don
Mattia
Scala
sorgendo
in
piedi
per
gestire
più
liberamente
: -
Scusate
,
don
Nocio
mio,
locco
, sì,
locco
e ve lo
provo
!
Dite
un po': quante, tra mille
zolfare
,
credete
che siano
coltivate
direttamente
, in
economia
, dai
proprietarii
?
Duecento
appena! Tutte le altre sono
date
in
affitto
. Tu,
Tino
Làbiso
, ne
convieni
?
- Può
essere
, -
ripeteva
Tino
Làbiso
,
intento
e
grave
.
E
Nino
Mo
;
- Può
essere
? È è è!
Don
Mattia
protendeva
le
mani
per farlo
tacere
. -
Ora
,
don
Nocio
mio, quanto vi
pare
che
duri
, per l'
ingordigia
e la
prepotenza
dei
proprietarii
panciuti
come voi, l'
affitto
d'una
zolfara
?
Dite
su!
dite
su!
- Dieci
anni
? -
arrischiava
,
incerto
, il
Butera
,
sorridendo
con
aria
di
condiscendente
superiorità
.
-
Dodici
, -
concedeva
lo
Scala
-
venti
, anzi, qualche
volta
.
Bene
, e che ve ne
fate
? che
frutto
potete
cavarne
in così poco
tempo
? Per quanto
lesti
e
fortunati
si sia, in
venti
anni
non
c'
è modo neanche di
rifarsi
delle
spese
che ci vogliono per
coltivare
come
Dio
comanda
una
zolfara
. Questo, per
dirvi
che,
data
in
commercio
una
minore
domanda
, se è
possibile
che il
proprietario
coltivatore
rallenti
la
produzione
per non
rinvilire
la
merce
, non sarà mai
possibile
per l'
affittuario
a breve
scadenza
, il quale, facendolo,
sacrificherebbe
i proprii
interessi
a
beneficio
del
successore
. Dunque l'
impegno
, l'
accanimento
dell'
affittuario
nel
produrre
quanto più gli sia
possibile
, mi
spiego
? Poi,
sprovvisto
com'è quasi sempre di
mezzi
,
deve
per
forza
smerciar
subito il suo
prodotto
, a qualunque
prezzo
, per
seguitare
il
lavoro
; perché, se non
lavora
- voi lo
sapete
- il
proprietario
gli
toglie
la
zolfara
. E, per
conseguenza
, come dice
Nino
Mo
: lo
zolfo
giù
,
giù
,
giù
, come se
fosse
pietraccia
vile
. Ma, del
resto
, voi
don
Nocio
che avete
studiato
, e tu
Tino
Làbiso
:
sapreste
dirmi
che
diavolo
sia lo
zolfo
e a che cosa
serva
?
Finanche
il
Lopes
, a questa
domanda
speciosa
, si
voltava
a
guardare
con gli
occhi
sbarrati
.
Nino
Mo
si
cacciava
in
tasca
le
mani
irrequiete
, come se volesse
cercarvi
rabbiosamente
la
risposta
; mentre
Tino
Làbiso
tirava
al
solito
daccapo
il
pezzolone
per
soffiarsi
il
naso
e
prender
tempo
, da
uomo
prudente
.
- Oh
bella
! -
esclamava
intanto
Nocio
Butera
,
imbarazzato
anche lui. -
Serve
...
serve
per... per
inzolfare
le
viti
,
serve
.
- E... e anche per... già, per i
fiammiferi
di
legno
, mi
pare
, -
aggiungeva
Tino
Làbiso
ripiegando
con
somma
diligenza
il
fazzoletto
.
- Mi
pare
... mi
pare
... - si
metteva
a
sghignazzare
don
Mattia
Scala
. - Che vi
pare
? È proprio così! Questi due
soli
usi
ne
conosciamo
noi.
Domandatene
a chi volete: nessuno vi
saprà
dire
per che altro
serva
lo
zolfo
. E intanto
lavoriamo
, ci
ammazziamo
a
scavarlo
, poi lo
trasportiamo
giù
alle
marine
, dove tanti
vapori
inglesi
,
americani
,
tedeschi
,
francesi
,
perfino
greci
, stanno
pronti
con le
stive
aperte
come tante
bocche
a
ingojarselo
; ci
tirano
una
bella
fischiata
, e
addio
! Che ne faranno, di
là
, nei loro
paesi
? Nessuno lo
sa
; nessuno si
cura
di
saperlo
! E la
ricchezza
nostra, intanto, quella che
dovrebbe
essere
la
ricchezza
nostra, se ne
va
via
così dalle
vene
delle nostre
montagne
sventrate
, e noi
rimaniamo
qua, come tanti
ciechi
, come tanti
allocchi
, con le
ossa
rotte
dalla
fatica
e le
tasche
vuote
.
Unico
guadagno
: le nostre
campagne
bruciate
dal
fumo
.
I quattro
amici
, a questa
vivace
,
lampantissima
dimostrazione
della
cecità
con cui si
esercitava
l'
industria
e il
commercio
di quel
tesoro
concesso
dalla
natura
alle loro
contrade
e intorno a cui pur
ferveva
tanta
briga
, tanta
guerra
di
lucro
,
insidiosa
e
spietata
,
restavano
muti
, come
oppressi
da una
condanna
di
perpetua
miseria
.
Allora lo
Scala
,
riprendendo
il
primo
discorso
, si
metteva
a
rappresentar
loro tutti gli altri
pesi
, a cui
doveva
sottostare
un
povero
affittuario
di
zolfare
. Li
sapeva
tutti, lui, per averli
purtroppo
sperimentati
. Ed ecco, oltre l'
affitto
breve, l'
estaglio
, cioè la
quota
d'
affitto
che
doveva
esser
pagata
in
natura
, sul
prodotto
lordo
, al
proprietario
del
suolo
, il quale non voleva affatto
sapere
se il
giacimento
fosse
ricco
o
povero
, se le
zone
sterili
fossero
rare
o
frequenti
, se il
sotterraneo
fosse
asciutto
o
invaso
dalle
acque
, se il
prezzo
fosse
alto
o
basso
, se insomma l'
industria
fosse
o no
remunerativa
. E, oltre l'
estaglio
, le
tasse
governative
d'ogni
sorta
; e poi l'
obbligo
di
costruire
, non solo le
gallerie
inclinate
per l'
accesso
alla
zolfara
e quella per la
ventilazione
e i
pozzi
per l'
estrazione
e l'
eduzione
delle
acque
; ma anche i
calcheroni
, i
forni
, le
strade
, i
caseggiati
e quanto mai potesse
occorrere
alla
superficie
per l'
esercizio
della
zolfara
. E tutte queste
costruzioni
, alla
fine
del
contratto
,
dovevano
rimanere
al
proprietario
del
suolo
, il quale, per
giunta
,
esigeva
che tutto gli
fosse
consegnato
in buon
ordine
e in
buono
stato
. Come se le
spese
fossero state a suo
carico
. Né
bastava
! Neppur dentro le
gallerie
sotterranee
l'
affittuario
era
padrone
di
lavorare
a suo modo, ma ad
archi
, o a
colonne
, o a
pasture
, come il
proprietario
imponeva
, talvolta anche contro le
esigenze
stesse del
terreno
.
Si
doveva
esser
pazzi
o
disperati
, no? per
accettar
siffatte
condizioni
, per farsi
mettere
così i
piedi
sul collo. Chi erano, infatti, per la maggior
parte
i
produttori
di
zolfo
?
Poveri
diavoli
, senza il
becco
d'un
quattrino
,
costretti
a
procacciarsi
i
mezzi
, per
coltivar
la
zolfara
presa
in
affitto
, dai
mercanti
di
zolfo
delle
marine
, che li
assoggettavano
ad altre
usure
, ad altre
soperchierie
.
Tirati
i
conti
, che cosa
restava
, dunque, ai
produttori
? E come avrebbero potuto
dare
, essi, un
men
tristo
salario
a quei
disgraziati
che
faticavano
laggiù
,
esposti
continuamente
alla
morte
?
Guerra
, dunque,
odio
,
fame
,
miseria
per tutti; per i
produttori
, per i
picconieri
, per quei
poveri
ragazzi
oppressi
,
schiacciati
da un
carico
superiore
alle loro
forze
, su e
giù
per le
gallerie
e le
scale
della
buca
.
Quando lo
Scala
terminava
di
parlare
e i
vicini
si
alzavano
per
tornarsene
alle loro
abitazioni
rurali
, la
luna
,
alta
e come
smarrita
nel
cielo
, quasi non
fosse
di quella
notte
, ma la
luna
d'un
tempo
lontano
lontano
, dopo il
racconto
di tante
miserie
,
illuminando
le due
coste
della
vallata
ne faceva
apparir
più
squallida
e più
lugubre
la
desolazione
.
E ciascuno,
avviandosi
,
pensava
che
là
, sotto quelle
coste
così
squallidamente
rischiarate
, cento,
duecento
metri
sottoterra
,
c'
era
gente
che s'
affannava
ancora a
scavare
, a
scavare
,
poveri
picconieri
sepolti
laggiù
, a cui non
importava
se su
fosse
giorno
o
notte
, poiché
notte
era
sempre per loro.
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