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Galileo Galilei
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XIII. A MONSIGNOR PlERO DINI IN ROMA (Firenze, 23 marzo 1615)
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XIII. A
MONSIGNOR
PlERO
DINI
IN
ROMA
(
Firenze
, 23
marzo
1615
)
Molto
Illustre
e
Reverendissimo
Sig.
mio
Colendissimo
,
Risponderò
succintamente
alla
cortesissima
lettera
di Vostra
Signoria
molto
Illustre
e
Reverendissima
, non mi
permettendo
il poter far
altramente
il mio
cattivo
stato
di
sanità
.
Quanto al
primo
particolare
che ella mi
tocca
, che al più che potesse esser
deliberato
circa il
libro
del
Copernico
, sarebbe il
mettervi
qualche
postilla
, che la sua
dottrina
fusse
introdotta
per
salvar
l'
apparenze
, nel modo ch'altri
introdussero
gli
eccentrici
e gli
epicicli
senza poi
credere
che
veramente
e' sieno in
natura
, gli
dico
(
rimettendomi
sempre a chi più di me
intende
, e solo per
zelo
che ciò che si è per fare sia
fatto
con ogni maggior
cautela
) che quanto a
salvar
l'
apparenze
il medesimo
Copernico
aveva già per avanti fatta la
fatica
, e
satisfatto
alla
parte
de gli
astrologi
secondo
la
consueta
e
ricevuta
maniera
di
Tolomeo
; ma che poi,
vestendosi
l'
abito
di
filosofo
, e
considerando
se tal
costituzione
delle
parti
dell'
universo
poteva
realmente
sussistere
in
rerum
natura
, e
veduto
che no, e
parendogli
pure
che il
problema
della
vera
costituzione
fusse
degno
d'esser
ricercato
, si
messe
all'
investigazione
di tal
costituzione
,
conoscendo
che se una
disposizione
di
parti
finta
e non
vera
poteva
satisfar
all'
apparenze
, molto più ciò si
arebbe
ottenuto
dalla
vera
e
reale
, e nell'istesso
tempo
si sarebbe in
filosofia
guadagnato
una
cognizione
tanto
eccellente
, qual è il
sapere
la
vera
disposizione
delle
parti
del
mondo
; e
trovandosi
egli per l'
osservazioni
e
studii
di molti
anni
,
copiosissimo
di tutti i
particolari
accidenti
osservati
nelle
stelle
, senza i quali tutti
diligentissimamente
appresi
e
prontissimamente
affissi
nella
mente
è
impossibile
il venir in
notizia
di tal
mondana
constituzione
, con
replicati
studii
e
lunghissime
fatiche
conseguì
quello che l'ha
reso
poi
ammirando
a tutti quelli che con
diligenza
lo
studiano
, sì che
restino
capaci
de' suoi
progressi
tal che il voler
persuadere
che il
Copernico
non
stimasse
vera
la
mobilità
della
Terra
, per mio
credere
non potrebbe
trovar
assenso
se non forse appresso chi non l'avesse
letto
, essendo tutti 6 i suoi
libri
pieni
di
dottrina
dependente
dalla
mobilità
della
Terra
, e quella
esplicante
e
confermante
. E se egli nella sua
dedicatoria
molto ben
intende
e
confessa
che la
posizione
della
mobilità
della
Terra
era
per farlo
reputare
stolto
appresso l'
universale
, il
giudizio
del quale egli dice di non
curare
, molto più
stolto
sarebb
'egli
stato
a voler farsi
reputar
tale per un'
opinione
da sé
introdotta
, ma non
interamente
e
veramente
creduta
.
Quanto poi al
dire
che gli
attori
principali
che hanno
introdotto
gli
eccentrici
e gli
epicicli
non gli
abbino
poi
reputati
veri
, questo non
crederò
io mai; e tanto meno, quanto con
necessità
assoluta
bisogna
ammettergli
nell'
età
nostra,
mostrandocegli
il
senso
stesso. Perché, non essendo l'
epiciclo
altro che un
cerchio
descritto
dal
moto
d'una
stella
la quale non
abbracci
con tal suo
rivolgimento
il
globo
terrestre
, non
veggiamo
noi di tali
cerchi
esserne da quattro
stelle
descritti
quattro intorno a
Giove
? e non gli è più
chiaro
che '
l
Sole
, che
Venere
descrive
il suo
cerchio
intorno ad esso
Sole
senza
comprender
la
Terra
, e per
conseguenza
forma
un
epiciclo
? e l'istesso
accade
anco a
Mercurio
. In oltre, essendo l'
eccentrico
un
cerchio
che ben
circonda
la
Terra
, ma non la
contiene
nel suo
centro
, ma da una
banda
, non si ha da
dubitare
se il
corso
di
Marte
sia
eccentrico
alla
Terra
,
vedendosi
egli
ora
più vicino ed
ora
più
remoto
, in tanto che
ora
lo
veggiamo
piccolissimo
ed altra
volta
di
superficie
60
volte
maggiore; adunque, qualunque si sia il suo
rivolgimento
, egli
circonda
la
Terra
, e gli è una
volta
otto
volte
più presso che un'altra. E di tutte queste
cose
e d'altre
simili
in gran
numero
ce n'hanno
data
sensata
esperienza
gli
ultimi
scoprimenti
: tal che il voler
ammettere
la
mobilità
della
Terra
solo con quella
concessione
e
probabilità
che si
ricevono
gli
eccentrici
; e gli
epicicli
, è un
ammetterla
per
sicurissima
,
verissima
e
irrefragabile
.
Ben è
vero
che di quelli che hanno
negato
gli
eccentrici
e gli
epicicli
io ne
trovo
2
classi
. Una è di quelli che,
sendo
del tutto
ignudi
dell'
osservazioni
de'
movimenti
delle
stelle
e di quello che
bisogni
salvare
,
negano
senza
fondamento
nessuno tutto quello che e' non
intendono
: ma questi son
degni
che di loro non si
faccia
alcuna
considerazione
. Altri, molto più
ragionevoli
, non
negheranno
i
movimenti
circolari
descritti
da i
corpi
delle
stelle
intorno ad altri
centri
che quello della
Terra
, cosa tanto
manifesta
, che, all'
incontro
, è
chiaro
, nessuno de'
pianeti
far il suo
rivolgimento
concentrico
ad essa
Terra
; ma solo
negheranno
,
ritrovarsi
nel
corpo
celeste
una
struttura
di
orbi
solidi
e tra sé
divisi
e
separati
che
arrotandosi
e
fregandosi
insieme
,
portino
i
corpi
de'
pianeti
, etc.: e questi
crederò
io che
benissimo
discorrino
; ma questo non è un
levar
i
movimenti
fatti
dalle
stelle
in
cerchi
eccentrici
alla
Terra
o in
epicicli
che sono i
veri
e
semplici
assunti
di
Tolomeo
e de gli
astronomi
grandi
, ma è un
repudiar
gli
orbi
solidi
materiali
e
distinti
,
introdotti
da i
fabbricatori
di
teoriche
per
agevolar
l'
intelligenza
de i
principianti
ed i
computi
de'
calculatori
; e questa
sola
parte
è
fittizia
e non
reale
, non
mancando
a
Iddio
modo di far
camminare
le
stelle
per gl'
immensi
spazii
del
cielo
, ben dentro a
limitati
e certi
sentieri
, ma non
incatenate
o
forzate
Però, quanto al
Copernico
, egli, per mio
avviso
, non è
capace
di
moderazione
, essendo il
principalissimo
punto
di tutta la sua
dottrina
e l'
universal
andamento
la
mobilità
della
Terra
e
stabilità
del
Sole
: però, o bisogna
dannarlo
del tutto o
lasciarlo
nel suo
essere
,
parlando
sempre per quanto
comporta
la mia
capacità
. Ma se sopra una tal
resoluzione
e' sia
bene
attentissimamente
considerare
,
ponderare
,
esaminare
, ciò che egli
scrive
, io mi sono
ingegnato
di
mostrarlo
in una mia
scrittura
, per quanto da
Dio
benedetto
mi è
stato
conceduto
, non avendo mai altra
mira
che alla
dignità
di
Santa
Chiesa
e non
dirizzando
ad altro
fine
le mie
deboli
fatiche
; il qual
purissimo
e
zelantissimo
affetto
son ben
sicuro
che in essa
scrittura
si
scorgerà
chiaro
, quando per altro ella
fusse
piena
d'
errori
o di
cose
di poco
momento
: e già l'
averei
inviata
a Vostra
Signoria
Reverendissima
, se alle mie tante e sì
gravi
indisposizioni
non si
fusse
ultimamente
aggiunto
un
assalto
di
dolori
colici
che m'ha
travagliato
assai; ma la
manderò
quanto prima. Anzi, per il medesimo
zelo
,
vo
'
mettendo
insieme
tutte le
ragioni
del
Copernico
,
riducendole
a
chiarezza
intelligibile
da molti, dove
ora
sono assai
difficili
, e più
aggiungendovi
molte e molte altre
considerazioni
fondate
sempre sopra
osservazioni
celesti
, sopra
esperienze
sensate
e sopra
incontri
di
effetti
naturali
, per
offerirle
poi a i
piedi
del
Sommo
Pastore
ed all'
infallibile
determinazione
di
santa
Chiesa
, che ne
faccia
quel
capitale
che
parrà
alla sua
somma
prudenza
.
Quanto al
parere
del molto
reverendo
Padre
Grembergero
, io
veramente
lo
laudo
, e
volentieri
lascio
la
fatica
delle
interpretazioni
a quelli che
intendono
infinitamente
più di me. Ma quella breve
scrittura
che
mandai
a Vostra
Signoria
Reverendissima
è, come
vede
, una
lettera
privata
,
scritta
più d'un
anno
fa all'
amico
mio, per esser
letta
da lui solo; ma
avendon
'egli, pur senza mia
saputa
,
lasciato
prender
copia
, e
sentendo
io che l'
era
venuta nelle
mani
di quel medesimo che tanto
acerbamente
m'aveva sin dal
pulpito
lacerato
, e
sapendo
ch'ei l'aveva
portata
costà
,
giudicai
ben
fatto
che ve ne
fusse
un'altra
copia
, per
poterla
in ogni
occasione
incontrare
, e
massime
avendo quello ed altri suoi
aderenti
teologi
sparso
qua
voce
, come
detta
mia
lettera
era
piena
d'
eresie
. Non è, dunque, il mio
pensiero
di
metter
mano
a
impresa
tanto
superiore
alle mie
forze
; e se ben non si
deve
anco
diffidare
che la
Benignità
divina
tal
volta
si
degni
di
inspirare
qualche
raggio
dalla sua
immensa
sapienza
in
intelletti
umili
, e
massime
quando son almeno
adornati
di
sincero
e
santo
zelo
; oltre che, quando si
abbino
a
concordar
luoghi
sacri
con
dottrine
naturali
nuove
e non
comuni
, è
necessario
aver
intera
notizia
di tali
dottrine
, non potendo
accordar
due
corde
insieme
col
sentirne
una
sola
. E se io
conoscessi
di potermi
prometter
alcuna cosa dalla
debolezza
del mio
ingegno
, mi
piglierei
ardire
di
dire
di
ritrovar
tra alcuni
luoghi
delle
Sacre
Lettere
e di questa
mondana
constituzione
alcune
convenienze
che nella
vulgata
filosofia
non così ben mi
pare
che
consuonino
; e l'avermi Vostra
Signoria
Reverendissima
accennato
, come il
luogo
del
Salmo
18 è de i
reputati
più
repugnanti
a questa
opinione
, m'ha
fatto
farci sopra
nuova
reflessione
, la quale
mando
a Vostra
Signoria
con tanto
minor
renitenza
, quanto ella mi dice che l'
illustrissimo
e
Reverendissimo
Cardinal
Bellarmino
volentieri
vedrà
se ho alcun altro di tali
luoghi
. Però, avendo io
satisfatto
al
semplice
cenno
di Sua
Signoria
Illustrissima
e
Reverendissima
,
veduta
che abbia Sua
Signoria
Illustrissima
questa mia, qualunque ella si sia,
contemplazione
, ne
faccia
quel tanto che la sua
somma
prudenza
ordinerà
; ché io
intendo
solamente di
riverire
e
ammirare
le
cognizioni
tanto
sublimi
, e
obbedire
a i
cenni
de' miei
superiori
, ed all'
arbitrio
loro
sottoporre
ogni mia
fatica
.
Però, non mi
arrogando
che, qualunque si sia la
verità
della
supposizione
ex
parte
naturæ
, altri non
possino
apportare
molto più
congruenti
sensi
alle
parole
del
Profeta
, anzi
stimandomi
io
inferiore
a tutti, e però a tutti i
sapienti
sottoponendomi
,
direi
,
parermi
che nella
natura
si
ritrovi
una
substanza
spiritosissima
,
tenuissima
e
velocissima
, la quale,
diffondendosi
per l'
universo
,
penetra
per tutto senza
contrasto
,
riscalda
,
vivifica
e
rende
feconde
tutte le
viventi
creature
; e di questo
spirito
par
che '
l
senso
stesso ci
dimostri
il
corpo
del
Sole
esserne
ricetto
principalissimo
, dal quale
espandendosi
un'
immensa
luce
per l'
universo
,
accompagnata
da tale
spirito
calorifico
e
penetrante
per tutti i
corpi
vegetabili
, gli
rende
vivi
e
fecondi
. Questo
ragionevolmente
stimar
si può
essere
qualche cosa di più del
lume
, poi che ei
penetra
e si
diffonde
per tutte le
sustanze
corporee
, ben che
densissime
, per molte delle quali non così
penetra
essa
luce
: tal che, sì come dal nostro
fuoco
veggiamo
e
sentiamo
uscir
luce
e
calore
, e questo
passar
per tutti i
corpi
, ben che
opaci
e
solidissimi
, e quella
trovar
contrasto
dalla
solidità
e
opacità
, così l'
emanazione
del
Sole
è
lucida
e
calorifica
, e la
parte
calorifica
è la più
penetrante
. Che poi di questo
spirito
e di questa
luce
il
corpo
solare
sia, come ho
detto
, un
ricetto
e, per così
dire
, una
conserva
che ab extra gli
riceva
, più
tosto
che un
principio
e
fonte
primario
dal quale
originariamente
si
derivino
,
parmi
che se n'abbia
evidente
certezza
nelle
Sacre
Lettere
, nelle quali
veggiamo
, avanti la
creazione
del
Sole
, lo
spirito
con la sua
calorifica
e
feconda
virtù
"
foventem
aquas
seu
incubantem
super
aquas
", per le
future
generazioni
; e
parimente
aviamo
la
creazione
della
luce
nel
primo
giorno
, dove che il
corpo
solare
fu
creato
il
giorno
quarto
. Onde molto
verisimilmente
possiamo
affermare
, questo
spirito
fecondante
e questa
luce
diffusa
per tutto il
mondo
concorrere
ad
unirsi
e
fortificarsi
in esso
corpo
solare
, per ciò nel
centro
dell'
universo
collocato
, e quindi poi, fatta più
splendida
e
vigorosa
, di
nuovo
diffondersi
.
Di questa
luce
primogenita
e non molto
splendida
avanti la sua
unione
e
concorso
nel
corpo
solare
, ne
aviamo
attestazione
dal
Profeta
nel
Salmo
73,
v.
16 "Tuus est
dies
et tua est
nox
: Tu
fabricatus
es
auroram
et
Solem
"; il qual
luogo
vien
interpretato
,
Iddio
aver
fatto
avanti al
sole
una
luce
simile
a quella dell'
aurora
: di più, nel
testo
ebreo
in
luogo
d'"
aurora
" si
legge
"
lume
", per
insinuarci
quella
luce
che fu
creata
molto avanti il
Sole
, assai più
debile
della medesima
ricevuta
,
fortificata
e di
nuovo
diffusa
da esso
corpo
solare
. A questa
sentenza
mostra
d'
alludere
l'
opinione
d'alcuni
antichi
filosofi
, che hanno
creduto
lo
splendor
del
Sole
esser un
concorso
nel
centro
del
mondo
de gli
splendori
delle
stelle
, che,
standogli
intorno
sfericamente
disposte
,
vibrano
i
raggi
loro, li quali,
concorrendo
e
intersecandosi
in esso
centro
,
accrescono
ivi e per mille
volte
raddoppiano
la
luce
loro; onde ella poi,
fortificata
, si
reflette
e si
sparge
assai più
vigorosa
e
ripiena
,
dirò
così, di
maschio
e
vivace
calore
, e si
diffonde
a
vivificare
tutti i
corpi
che intorno ad esso
centro
si
raggirano
: sì che con certa
similitudine
, come nel
cuore
dell'
animale
si fa una
continua
rigenerazione
di
spiriti
vitali
, che
sostengono
e
vivificano
tutte le
membra
, mentre però viene altresì ad esso
cuore
altronde
somministrato
il
pabulo
e
nutrimento
, senza il quale ei
perirebbe
, così nel
sole
, mentre ab extra
concorre
il suo
pabulo
, si
conserva
quel
fonte
onde
continuamente
deriva
e si
diffonde
questo
lume
e
calore
prolifico
, che
dà
la
vita
a tutti i
membri
che
attorno
gli
riseggono
. Ma come che della
mirabil
forza
ed
energia
di questo
spirito
e
lume
del
Sole
,
diffuso
per l'
universo
, io potessi
produr
molte
attestazioni
di
filosofi
e
gravi
scrittori
, voglio che mi
basti
un solo
luogo
del
Beato
Dionisio
Aeropagita
nel
libro
De
divinis
nominibus
, il quale è tale: "
Lux
etiam
colligit
convertitque
ad se
omia
, quæ
videntur
, quæ
moventur
, quæ
illustrantur
, quæ
calescunt
, et uno
nomine
ea quæ ab eius
splendore
continentur
.
Itaque
Sol
Ilios
dicitur
, quod omnia
congreget
colligatque
dispersa
." E poco più a
basso
scrive
dell'istesso: "Si enim
Sol
hic, quem
videmus
, eorum quæ sub
sensum
cadunt
essentias
et
qualitates
, quamquam
multæ
sint ac
dissimiles
, tamen ipse, qui unus est
æqualibiterque
lumen
fundit
,
renovat
,
alit
,
tuetur
,
perficit
,
dividit
,
coiniungit
,
fovet
,
fœcunda
reddit
,
auget
,
mutat
,
firmat
,
edit
,
movet
,
vitaliaque
facit
omnia, et
unaquæque
res
huius
universitatis
, pro
captu
suo,
unius
atque eiusdem
Solis
est
particeps
,
causasque
multorum
, quæ
participant
, in se
æquabiliter
anticipatas
habet
; certe
maiore
ratione
etc."
Ora
,
stante
questa
filosofica
posizione
, la quale è forse una delle
principali
porte
per cui si
entri
nella
contemplazione
della
natura
, io
crederrei
,
parlando
sempre con quella
umiltà
e
reverenza
che
devo
a
Santa
Chiesa
e tutti i suoi
dottissimi
Padri
, da me
riveriti
e
osservati
ed al
giudizio
de' quali
sottopongo
me ed ogni mio
pensiero
,
crederrei
,
dico
, che il
luogo
del
Salmo
potesse aver questo
senso
, cioè che "
Deus
in
Sole
posuit
tabernaculum
suum" come in
sede
nobilissima
di tutto '
l
mondo
sensibile
; dove poi si dice che "Ipse, tanquam
sponsum
procedens
de
thalamo
suo,
exultavit
ut
gigas
ad
currendam
viam
",
intenderei
, ciò esser
detto
del
Sole
irradiante
, ciò è del
lume
e del già
detto
spirito
calorifico
e
fecondante
tutte le
corporee
sustanze
, il quale,
partendo
dal
corpo
solare
,
velocissimamente
si
diffonde
per tutto '
l
mondo
: al qual
senso
si
adattano
puntualmente
tutte le
parole
. E prima, nella
parola
"
sponsus
"
aviamo
la
virtù
fecondante
e
prolifica
; l'"
exultare
" ci
addita
quell'
emanazione
di essi
raggi
solari
fatta, in certo modo, a
salti
, come '
l
senso
chiaramente
ci
mostra
; "ut
gigas
," o
vero
"ut
fortis
", ci
denota
l'
efficacissima
attività
e
virtù
di
penetrare
per tutti i
corpi
, ed
insieme
la
somma
velocità
del
muoversi
per
immensi
spazii
, essendo l'
emanazione
della
luce
come
instantanea
.
Confermansi
dalle
parole
"
procedens
de
thalamo
suo", che tale
emanazione
e
movimento
si
deve
referire
ad esso
lume
solare
, e non all'istesso
corpo
del
Sole
; poi che il
corpo
e
globo
del
Sole
è
ricetto
e "tanquam
thalamus
" di esso
lume
, né
torna
ben a
dire
che "
thalamus
procedat
de
thalamo
". Da quello che
segue
, "a
summo
cæli
egressio
eius",
aviamo
la prima
derivazione
e
partita
di questo
spirito
e
lume
dall'
altissime
parti
del
cielo
, ciò è sin dalle
stelle
del
firmamento
o anco dalle
sedi
più
sublimi
. "Et
occorsus
eius usque ad
summum
eius": ecco la
reflessione
e, per così
dire
, la
reimanazione
dell'istesso
lume
sino alla medesima
sommità
del
mondo
.
Segue
: "Nec est qui
abscondat
a
calore
eius": eccoci
additato
il
calore
vivificante
e
fecondante
,
distinto
dalla
luce
e molto più di quella
penetrante
per tutte le
corporali
sustanze
, ben che
densissime
; poi che dalla
penetrazione
della
luce
molte
cose
ci
difendono
e
ricuoprono
, ma da questa altra
virtù
, "non est qui se
abscondat
a
calore
eius". Né
devo
tacer
cert'
altra mia
considerazione
, non
aliena
da questo
proposito
. Io ho già
scoperto
il
concorso
continuo
di alcune
materie
tenebrose
sopra il
corpo
solare
, dove
elleno
si
mostrano
al
senso
sotto
aspetto
di
macchie
oscurissime
, ed ivi poi si
vanno
consumando
e
risolvendo
; ed
accennai
come queste per
avventura
si
potrebbono
stimar
parte
di quel
pabulo
, o forse gli
escrementi
di esso, del quale il
Sole
da alcuni
antichi
filosofi
fu
stimato
bisognoso
per suo
sostentamento
. Ho anco
dimostrato
, per l'
osservazioni
continuate
di tali
materie
tenebrose
, come il
corpo
solare
per
necessità
si
rivolge
in sé stesso, e di più
accennato
quanto sia
ragionevol
il
creder
che da tal
rivolgimento
dependino
i
movimenti
de'
pianeti
intorno al medesimo
Sole
. Di più, noi
sappiamo
che l'
intenzione
di questo
Salmo
è di
laudare
la
legge
divina
,
paragonandola
il
profeta
col
corpo
celeste
, del quale, tra le
cose
corporali
,
nissuna
è più
bella
, più
utile
e più
potente
. Però, avendo egli
cantati
gli
encomii
del
Sole
e non gli essendo
occulto
che egli fa
raggirarsi
intorno tutti i
corpi
mobili
del
mondo
,
passando
alle maggiori
prerogative
della
legge
divina
e
volendola
anteporre
al
Sole
,
aggiunge
: "
Lex
Domini
immaculata
,
convertes
animas
" etc.; quasi volendo
dire
che essa
legge
è tanto più
eccellente
del
Sole
istesso, quanto l'esser
immaculato
ed aver
facoltà
di
convertire
intorno a sé le
anime
è più
eccellente
condizione
che l'
essere
sparso
di
macchie
, come è il
Sole
, ed il farsi
raggirar
attorno
i
globi
corporei
e
mondani
.
So
e
confesso
il mio
soverchio
ardire
nel voler
por
bocca
, essendo
imperito
nelle
Sacre
Lettere
, in
esplicar
sensi
di sì
alta
contemplazione
: ma come che il
sottomettermi
io
totalmente
al
giudizio
de' miei
superiori
può
rendermi
scusato
, così quel che
segue
del
versetto
già
esplicato
, "
Testimonium
Domini
fidele
,
sapientiam
præstans
parvulis
", m'ha
dato
speranza
, poter esser che la
infinita
benignità
di
Dio
possa
indirizzare
verso la
purità
della mia
mente
un
minimo
raggio
della sua
grazia
, per la quale mi si
illumini
alcuno de'
reconditi
sensi
delle sue
parole
. Quanto ho
scritto
,
signor
mio, è un
piccol
parto
,
bisognoso
d'esser
ridotto
a
miglior
forma
,
lambendolo
e
ripulendolo
con
affezione
e
pazienza
, essendo solamente
abbozzato
e di
membra
capaci
sì di
figura
assai
proporzionata
, ma per
ora
incomposte
e
rozze
: se
averò
possibilità
, l'
anderò
riducendo
a
miglior
simmetria
; intanto la
prego
a non lo
lasciar
venir in
mano
di
persona
che,
adoprando
, invece della
delicatezza
della
lingua
materna
, l'
asprezza
ed
acutezza
del
dente
novercale
, in
luogo
di
ripulirlo
non lo
lacerasse
e
dilaniasse
del tutto. Con che le
bacio
riverentemente
le
mani
,
insieme
con li
Signori
Buonarroti
,
Guiducci
,
Soldani
e
Giraldi
, qui
presenti
al
serrar
della
lettera
.
Di
Firenze
, li 23
Marzo
1615
Di
V.
S.
molt
'
Illustre
e
Reverendissima
Servitore
obligatissimo
Galileo
Galilei
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