a) La scelta effettiva del chiamato
- Capacità decisionale
Nell'episodio evangelico che ha tracciato la strada della nostra riflessione la scelta è ben espressa al versetto 33: "E partirono senz'indugio...". L'annotazione temporale ("senz'indugio") dice con efficacia la determinazione dei due, provocata dalla parola e dalla persona di Gesù, dall'incontro con Lui, e messa coraggiosamente in atto da una scelta che sa di rottura con ciò che erano o facevano prima, e indica novità di vita. È proprio questa decisione che sovente viene a mancare nei giovani d'oggi. Per tale motivo, al fine di "aiutare i giovani a superare l'indecisione di fronte agli impegni definitivi, sembra utile prepararli progressivamente ad assumere responsabilità personali, (...), affidare compiti adeguati alle capacità e alla loro età, (...) favorire un'educazione progressiva alle piccole scelte quotidiane di fronte ai valori (gratuità, costanza, sobrietà, onestà...)" 106. D'altro canto, va ricordato che molto spesso queste e altre paure e indecisioni segnalano la debolezza non solo dell'impianto psicologico della persona, ma anche dell'esperienza spirituale e, in particolare, dell'esperienza della vocazione come scelta che viene da Dio. Quando è povera questa certezza il soggetto si affida inevitabilmente a se stesso e alle proprie risorse; e quando ne constata la precarietà non è strano che si lasci sopraffare dalla paura di fare una scelta definitiva. L'incapacità decisionale non è necessariamente caratteristica della generazione giovanile attuale: non raramente è conseguenza d'un accompagnamento vocazionale che non ha sottolineato abbastanza il primato di Dio nella scelta, o che non ha formato a lasciarsi scegliere da Lui 107.
- "Ritorno a casa"
La scelta vocazionale indica novità di vita, ma in realtà è anche segno d'un recupero della propria identità, quasi un "ritorno a casa", alle radici dell'io. Nel brano di Emmaus è simboleggiato dall'espressione: "...e fecero ritorno a Gerusalemme". È molto importante, nella formazione alla scelta vocazionale, ribadire l'idea che essa rappresenta la condizione per essere se stessi e realizzarsi secondo quell'unico progetto che può dare felicità. Troppi giovani pensano ancora il contrario circa la vocazione cristiana, la guardano con diffidenza e temono che essa non possa renderli felici; ma finiscono poi per esser infelici come il giovane triste del vangelo (cfr. Mc 10, 22). Quante volte anche gli atteggiamenti degli adulti, genitori compresi, hanno contribuito a creare un'immagine negativa della vocazione, in particolare al sacerdozio e alla vita consacrata, creando anche ostacoli per la sua realizzazione e scoraggiando chi vi si sentiva chiamato 108! Non si risolve, peraltro, questo problema con una banale propaganda contraria, che enfatizzerebbe gli aspetti positivi e gratificanti della vocazione stessa, ma soprattutto sottolineando l'idea, che la vocazione è il pensiero di Dio sulla creatura, è il nome da Lui dato alla persona. Scoprire e rispondere alla vocazione da credenti vuol dire trovare quella pietra su cui è scritto il proprio nome (cfr. Ap 2, 17-18), o tornare alle sorgenti dell'io.
- Testimonianza personale
A Gerusalemme i due "trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone". Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come Lo avevano riconosciuto nello spezzare il pane" (Lc 24, 33-35). L'elemento più significativo di questo brano, in relazione alla scelta vocazionale, è la testimonianza dei due, una testimonianza particolare, perché avviene in un contesto comunitario e ha un preciso senso vocazionale. Quando infatti i due arrivano, l'assemblea sta proclamando la sua fede con una formula ("Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone"), che sappiamo essere tra le testimonianze più antiche della fede oggettiva. Cleopa e il compagno aggiungono, in qualche modo, la loro esperienza soggettiva, che conferma quanto la comunità stava proclamando, e conferma anche il loro personale cammino credente e vocazionale. È come se quella testimonianza fosse il primo frutto della vocazione scoperta e ritrovata, che viene messa subito, com'è nella natura della vocazione cristiana, a servizio della comunità ecclesiale. Ritorna pertanto quanto già detto circa il rapporto tra itinerari ecclesiali oggettivi e itinerario personale soggettivo, in un rapporto di sinergia e complementarità: la testimonianza del singolo aiuta e fa crescere la fede della Chiesa, la fede e la testimonianza della Chiesa suscita e incoraggia la scelta vocazionale del singolo.
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