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Pontificia Opera delle Vocazioni Ecclesiastiche
Nuove vocaz. per una nuova Europa

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  • Parte Terza - Pastorale delle vocazioni
    • Princìpi generali della pastorale vocazionale
      • d) La pastorale vocazionale è generica e specifica
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d) La pastorale vocazionale è generica e specifica

La pastorale vocazionale, insomma, parte necessariamente da un'idea ampia di vocazione (e di conseguente appello rivolto a tutti), per poi restringersi e precisarsi secondo la chiamata d'ognuno. In tal senso la pastorale vocazionale è prima generica e poi specifica, entro un ordine che non sembra ragionevole invertire e che sconsiglia, in genere, la proposta immediata, senz'alcuna catechesi progressiva, d'una vocazione particolare.
D'altro canto, sempre in forza di tale ordine, la pastorale vocazionale non si limita a sottolineare in modo generico il significato dell'esistenza, ma spinge verso un coinvolgimento personale in una scelta precisa. Non vi è stacco, e tanto meno contrasto, tra un appello che sottolinea i valori comuni e fondanti dell'esistenza e un appello a servire il Signore "secondo la misura della grazia ricevuta".
L'animatore vocazionale, ogni educatore nella fede, non deve temere di proporre scelte coraggiose e di donazione totale, anche se difficili e non conformi alla mentalità del secolo.
Pertanto, se ogni educatore è animatore vocazionale, ogni animatore vocazionale è educatore, ed educatore di ogni vocazione, rispettandone lo specifico carisma. Ogni chiamata è legata all'altra, infatti, la suppone e la sollecita, mentre tutte assieme rimandano alla stessa fonte e al medesimo obiettivo, che è la storia della salvezza. Ma ognuna ha una sua modalità particolare.
L'autentico educatore vocazionale non solo indica le differenze tra una chiamata e l'altra, rispettando le diverse tendenze nei singoli chiamati, ma lascia intravedere e richiama quelle "supreme possibilità", di radicalità e dedizione, che sono aperte alla vocazione d'ognuno e insite in essa.
Educare in profondità ai valori della vita, ad esempio, significa proporre (e imparare a proporre) un cammino che naturalmente sfocia nella sequela di Cristo e che può condurre alla scelta della sequela tipica dell'apostolo, del presbitero o del religioso, del monaco che abbandona il mondo, come del laico consacrato nel mondo.
D'altro lato proporre tale sequela qualificata come obiettivo di vita esige, per natura sua, un'attenzione e formazione previa ai valori elementari della vita, della fede, della gratitudine, dell'imitazione di Cristo richiesti a ogni cristiano.
Ne risulta una strategia vocazionale teologicamente meglio fondata e anche più efficace sul piano pedagogico. C'è chi teme che l'allargamento dell'idea di vocazione possa nuocere alla specifica promozione delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata; in realtà è esattamente il contrario.
La gradualità nell'annuncio vocazionale, infatti, consente di muoversi dall'oggettivo al soggettivo e dal generico allo specifico, senza anticipare né bruciare le proposte, ma facendole convergere tra loro e verso la proposta decisiva per la persona, da indicare al tempo giusto e da calibrare con accortezza, secondo un ritmo che tenga conto del destinatario in situazione.
L'ordine armonico e progressivo rende molto più provocante e accessibile la proposta decisiva alla persona. In concreto, quanto più il giovane viene formato a passare con naturalezza dalla gratitudine per il dono ricevuto della vita alla gratuità del bene donato, tanto più sarà possibile proporgli il dono totale di sé a Dio come esito naturale e per taluni inevitabile.




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