La divulgazione dei
segreti
Il 17 dicembre 1927
Lucia andò vicino al tabernacolo, nella cappella della casa delle Dorotee a
Tuy, a chiedere a Nostro Signore come avrebbe potuto soddisfare l'ordine del
confessore di mettere per iscritto alcune grazie ricevute da Dio, se in esse
era racchiuso il segreto che la santissima Vergine le aveva confidato. Gesù con
voce chiara, le fece udire queste parole: "Figlia mia, scrivi quanto ti
chiedono; e scrivi anche tutto quanto ti ha rivelato la santissima Vergine
nella apparizione in cui ha parlato di questa devozione [al Cuore Immacolato di
Maria]. Per quanto riguarda il resto del segreto, mantieni il silenzio".
(Cfr. "Memórias" e "Cartas da Irmã Lúcia", p. 400; L. G. da
Fonseca, p. 39)
In conseguenza
dell'ordine così ricevuto, Lucia rivelò quanto era successo nella apparizione
di giugno.
Più tardi, nel
1941, quando il vescovo di Leiria le ordinò di ricordare tutto quanto potesse
interessare la storia della vita di Giacinta per una nuova edizione che se ne
voleva fare stampare, la veggente, avuto il permesso dal Cielo, rivelò due
delle tre parti del segreto di luglio.
Ecco le sue parole:
"Il segreto
consta di tre cose distinte, di cui sto per rivelarne due.
"La prima,
dunque, è stata la visione dell'inferno".
E segue la
narrazione delle due parti del segreto, come le abbiamo riprodotte a suo luogo,
riferendo l'apparizione di luglio. (Cfr. "Memórias" III, pp. 216-220;
L. G. da Fonseca, pp. 50-51; J. Galamba de Oliveira, p. 146)
Per quanto riguarda
la terza parte del Segreto, la veggente la scrisse nella Casa delle Suore
Dorotee a Tuy (Spagna), il 3 gennaio 1944,
apparentemente su un solo foglio di carta a righe (ripiegato in modo da
formare 4 pagine, all’incirca del
formato 12 x 18 cm., con 16 righe per
pagina). Si sa che Suor Lucia lo fece in occasione di una grave malattia sotto
richiesta del vescovo di Leiria, così
come abbiamo già detto nella Introduzione
a questo studio.
In una lettera del
9 gennaio, Suor Lucia comunica al prelato che il testo era già redatto e a sua
disposizione, in busta sigillata, come egli aveva indicato.
Il 17 giugno su
richiesta del vescovo di Leiria, il vescovo titolare di Gurza, mons. Manuel
Maria Ferreira da Silva, si recò a Valença, città portoghese di frontiera in
prossimità di Tuy, sulle sponde del fiume Minho. Lì, all’ospizio Fonseca,
ricevette il prezioso documento dalle mani di Suor Lucia, anche lei recatasi
sul posto. E nella stessa sera fu consegnato a mons. José, nella Quinta da Formigueira, residenza di campagna del prelato nei pressi di Braga.
A Leiria, mons.
José lo mise in un’altra busta più grande, anch’essa sigillata, depositandolo
nella cassaforte della Curia. Su questa busta più grande scrisse: “Questa busta, col suo contenuto, dovrà
essere consegnata a Sua Eminenza il sig. Cardinale Manuel, patriarca di
Lisbona, dopo la mia morte. Leiria, 8 dicembre 1945. José, vescovo di Leiria”.
Dalla cassaforte
della curia il documento uscì soltanto in rarissime occasioni, semplicemente
per essere contemplato dall’esterno da alcune persone privilegiate. Una di
queste occasioni fu quella della celebre fotografia del vescovo di Leiria
davanti alla busta sigillata. Il prelato aveva acconsentito a farsi fare una
fotografia per la rivista Life, che
la pubblicò il 3 gennaio 1949.
Nel far pervenire
la busta sigillata al vescovo di
Leiria, Suor Lucia vi scrisse che avrebbe potuto essere aperta soltanto
dopo il 1960, dal Patriarca di Lisbona
o dal vescovo di Leiria.
Agli inizi del
1957, la Sacra Congregazione del Sant’Uffizio (attuale Congregazione per la
Dottrina della Fede) chiese al vescovo di Leiria di spedirla a Roma. Fu allora
portata nella Nunziatura Apostolica di Lisbona dal vescovo ausiliare di Leiria,
mons. João Pereira Venâncio. Da Lisbona il nunzio mons. Fernando Cento, in
seguito creato cardinale, la portò in Vaticano, dove fu protocollata
nell’Archivio Segreto del Sant’Uffizio il 4 aprile 1957.
Non risulta che Pio
XII, che morì il 9 ottobre 1958, abbia
preso conoscenza del Segreto. Padre Leiber, intimo collaboratore di questo
pontefice, dice che la voce secondo cui il Papa, nel leggere il Segreto,
avrebbe pianto e sarebbe persino svenuto “è
totalmente gratuita; non c’è stato nulla di ciò” (apud J. M. Alonso, La verdad sobre el Secreto de Fátima, p.
43).
Come era naturale,
man mano che si approssimava il 1960, la curiosità attorno al Segreto andava
aumentando.
L’8 febbraio 1960,
un servizio della Agência Nacional de
Informação portoghese, basandosi su
dichiarazioni di “ambienti del Vaticano, altamente
attendibili”, annunciava come “molto
probabile che il ‘Segreto di Fatima’
sia mantenuto per sempre sotto assoluto sigillo”. E chiariva: “Davanti alle pressioni fatte sul Vaticano,
affermano gli stessi ambienti, — le une perché la lettera sia aperta ed il suo
contenuto rivelato a tutto il mondo; le altre, in base alla supposizione che la
lettera contenga allarmanti vaticini, perché non venga pubblicata, — il
Vaticano ha deciso che il testo della lettera di Suor Lucia non sia rivelato, e
continui ad essere mantenuto sotto rigoroso sigillo” (apud Sebastião
Martins dos Reis, O Milagre do Sol e o
Segredo de Fátima, pp. 127-128).
Cosa era successo
effettivamente? — Il 17 agosto 1959, Giovanni XXIII riceve dalle mani di padre
Pierre Paul Philippe OP (allora commissario dell’Sant Uffizio, in seguito
creato cardinale) la busta col Segreto. Alcuni giorni dopo lo legge, aiutato
dal traduttore portoghese della
Segreteria di Stato, mons. Paulo José Tavares (dopo vescovo di Macao) e
decide di non pubblicarlo, restituendolo al Sant’Uffizio (cfr. Congregazione
per la Dottrina della Fede, Il Messaggio di Fatima, presentazione di mons. Tarcisio
Bertone SDB, 26-6-2000; cfr. anche la dichiarazione del 20 giugno 1977 di mons.
Loris Capovilla, segretario privato di Giovanni XXIII, apud P. José Geraldes
Freire, O Segredo de Fátima: a terceira
parte é sobre Portugal?, pp. 136-137).
Anche Paolo VI lo
lesse il 27 marzo 1965, prendendo un’analoga decisione (cfr. mons. Tarcisio
Bertone, cit.).
L’11 febbraio 1967
il Cardinale Alfredo Ottaviani, allora prefetto del Sant’Uffizio, tenne una
conferenza — divenuta famosa — nell’aula magna della Pontificia Accademia
Mariana Internazionale a Roma,
nell’ambito di un convegno preparatorio del cinquantenario delle
apparizioni di Fatima. Egli raccontò che era stato da Suor Lucia nel Carmelo di
Coimbra, nel maggio 1955, e che aveva chiesto alla veggente la ragione per cui
il Segreto avrebbe dovuto essere reso noto nel 1960. “Perché allora rimarrà più
chiaro” — rispose la veggente. “Ciò mi
ha fatto pensare — commenta il Cardinale — che il messaggio fosse di tono profetico, perché appunto le profezie
sono ricoperte, come si vede nella Sacra Scrittura, da un velo di mistero. Esse
in genere non si esprimono in un linguaggio manifesto, chiaro, comprensibile a
tutti” (La Documentation Catholique,
Paris, 19-3-67, p. 542).
Giungiamo così finalmente al pontificato di Giovanni Paolo
II, il cui interesse per Fatima non era recente, ma che aumentò molto dopo il
sacrilego attentato proprio nella data del 13 maggio dell’anno 1981. Dopo
essersi fatto portare la busta con il Segreto il 18 luglio di quell’anno, si
identificò immediatamente nella figura del “vescovo
vestito di bianco” di cui il testo parla. A questo proposito manifestò in
seguito la convinzione che “fu una mano
materna a guidare la traiettoria della pallottola e il Papa agonizzante si
fermò sulla soglia della morte” (Meditazione ai vescovi italiani, 13 maggio
1994).
Tuttavia in seguito
non decise di pubblicarlo. Soltanto più recentemente — dichiara Sua Santità — “sembrandomi ormai maturi i tempi, ho
ritenuto opportuno rendere pubblico il contenuto della cosidetta terza parte
del segreto” (allocuzione nell’udienza generale del mercoledì 17 maggio 2000, Voz da Fátima n°. 933, 13-6-2000).
Il giorno 13 maggio
2000, sulla spianata del Santuario di
Fatima, il Cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato, è stato incaricato da
Giovanni Paolo II di annunciare la storica decisione. L’annuncio è stato fatto
sullo sfondo della beatificazione dei veggenti Francesco e Giacinta, che il
Santo Padre proclamava in quel giorno a Fatima, dove era arrivato da Roma a
questo scopo.
La pubblicazione
del Segreto doveva essere accompagnata da un “adeguato commento” — secondo le parole del Cardinale Sodano — che
veniva affidato alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Questa, il 26
giugno 2000, ha reso noto il documento intitolato Il messaggio di Fatima, divulgandolo con grande risonanza pubblicitaria nella Sala Stampa della Santa Sede e via Internet, in sei lingue
(tedesco, spagnolo, francese, inglese, italiano e portoghese). L’incontro in Sala Stampa, ritrasmesso in diretta
dalla RAI italiana e da altre emittenti TV di tutto il mondo, è stato presieduto dallo stesso cardinale
Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione, al cui fianco sedeva mons.
Tarcisio Bertone, Arcivescovo-vescovo emerito di Vercelli e Segretario della
Congregazione.
Il documento — dal
quale abbiamo attinto diversi elementi per la storia appena tracciata — si divide in diverse parti della massima
importanza:
a) una Presentazione generale, fatta da mons.
Bertone;
b) il facsimile dei
manoscritti di suor Lucia riguardante le tre parti del Segreto di Fatima (sul
quale ci basiamo per dedurre il formato del foglio del terzo Segreto), nonché
la rispettiva trascrizione in caratteri tipografici;
c) lettera del 19
aprile 2000, in cui Giovanni Paolo II chiede a suor Lucia di rispondere “apertamente
e sinceramente” alle domande che le sarebbero state formulate dal
Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede a nome del Pontefice
sulla interpretazione del Segreto;
d) rapporto sul Colloquio di Mons. Bertone e del vescovo
di Leiria con Suor Lucia nel Carmelo di Coimbra, nel giorno 27 aprile;
e) Comunicazione del card. Sodano a Fatima
il giorno 13 maggio; e
f) finalmente, il Commento teologico, redatto e firmato
dal card. Ratzinger, con una spiegazione sostanziosa e sintetica sul “luogo teologico” della rivelazione
pubblica e delle rivelazioni private nella Chiesa, seguito da “un
tentativo di interpretazione del ‘segreto’ di Fatima”.
Nella conferenza alla Sala Stampa il card. Ratzinger ha affermato con enfasi che in
nessun modo la Santa Sede pretendeva di imporre questa interpretazione, tanto
che gli studiosi hanno la facoltà di approfondire o addirittura di offrire
nuove angolazioni interpretative. Con quanta prudenza e modestia debbano
procede è superfluo sottolinearlo.
Da parte nostra è
quanto modestamente si siamo sforzati di fare dalla nota 13 alla 15 di questo
lavoro, ricorrendo a concetti di spiritualità montfortana (da San Luigi M.
Grignion da Monfort), nonché sviluppi di questi concetti elaborati
dall’eminente pensatore e uomo d’azione brasiliano, prof. Plinio Corrêa de
Oliveira, morto nel 1995.
Con questa “pubblicazione del segreto in modo
ufficiale”, dalla stessa Congregazione per la Dottrina della Fede — come ha
messo in rilievo il vescovo di Leiria-Fatima, mons. Serafim de Sousa Ferreira e
Silva (cfr. intervista sul settimanale Alfa
e Omega, apud Avvenire, 27-6-2000)
— è ovvio che Fatima, senza perdere
il suo carattere di rivelazione particolare, acquista molta più importanza agli
occhi dei fedeli. E acquista anche in attualità, come ha rilevato lo stesso
vescovo di Leiria-Fatima rispondendo a
un’altra domanda nella stessa intervista:
— “Lei crede che
con questo evento della pubblicazione del segreto si chiude, in qualche modo, il ventesimo secolo?
— Io non direi che si chiude qualcosa, ma
piuttosto si apre come una finestra di
speranza su questo secolo, la
speranza della conversione personale di
ognuno di noi, dell'umanità intera
perché possa essa trovare finalmente la
pace” (loc. cit.).
Cioè il Grande Ritorno dell’umanità a Dio, cui
ci siamo riferiti commentando la scena finale del terzo Segreto (cfr. nota 15)
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