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Benedictus PP. XIV
Annus qui hunc

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Capitolo VIII

1. Guglielmo Durando34., che visse sotto il Pontificato di Nicolò III, apertamente riprova l’uso, allora frequente, di quelle cantilene dette mottetti: "Sembra assai opportuno togliere dalla Chiesa quel canto non devoto e disordinato dei mottetti e di altre cose simili". In seguito il Pontefice Giovanni XXII, Nostro Predecessore, promulgò la sua Decretale, che comincia con le parole Docta Sanctorum e che si trova tra le Extravaganti comuni, al titolo De vita et honestate Clericorum. In questa sua Decretale, il Papa si mostra contrario al canto dei mottetti in lingua volgare: "Talora v’inseriscono mottetti in lingua volgare".

2. I Teologi hanno fatto oggetto d’indagine siffatto genere di cantilene o mottetti che solitamente si cantano nelle Chiese. Uno di essi, il Paludano35. ritenne il canto dei mottetti una specie di canto teatrale, e riprende coloro che ne fanno uso: "coloro, cioè, che nelle solennità cantano i mottetti, poiché il canto (nelle Chiese) non deve essere simile a quello delle tragedie".

3. Il Suarez 36. sembra favorevole al canto dei mottetti, ancorché essi siano stati scritti in lingua volgare, purché siano seri e devoti. A provare quanto asserisce adduce il costume e l’uso di alcune Chiese governate da sapienti prelati, che non condannano queste cantilene o modulati carmi. Aggiunge inoltre che, nei primi tempi della Chiesa, ogni fedele cantava nel tempio quei pii e devoti inni che egli stesso aveva composti; e che tale antica consuetudine serve, in certo modo, ad approvare l’uso dei mottetti.

4. Prevedendo l’obiezione che gli si può muovere, che da simili canti modulati, chiamati mottetti, rimane interrotta la salmodia ecclesiastica, ad essa così risponde: "Questa interruzione, o pausa, che per questo fatto viene a stabilirsi tra le parti di un’Ora (canonica), non è da condannarsi. Questa parte dell’ufficiatura rimane moralmente non interrotta, a causa della devozione che questo canto stesso si propone di eccitare. Così questo canto può essere considerato come una preparazione all’ufficiatura che segue, e come una solenne e degna conclusione dell’ufficiatura precedente, e come un ornamento di tutta l’Ora".

5. Il Sommo Pontefice Alessandro VII, nell’anno 1657, emanò una Costituzione, che comincia con le parole Piae sollicitudinis, e che è la trentaseiesima tra le Costituzioni di questo Pontefice. In tale documento il Papa comanda di non cantare, nel tempo dei Divini Uffici, e nel tempo in cui nelle Chiese è esposto il Sacramento dell’Eucaristia alla pubblica venerazione dei fedeli, nessun canto che non sia formato da parole desunte dal Breviario o dal Messale Romano. Questi canti possono essere desunti dall’ufficiatura propria o comune della solennità di ciascun giorno, o della festa del Santo; questi brani possono pure essere tolti dalla Sacra Scrittura o dalle opere dei Santi Padri, ma prima devono essere sottoposti alla revisione ed all’approvazione della Sacra Congregazione dei Riti.

6. Da questa Costituzione pontificia appare, senza alcun dubbio, che il canto dei mottetti, composti seguendo le norme prescritte dallo stesso Alessandro VII, Nostro Predecessore, e riveduti ed approvati dalla Sacra Congregazione dei Riti, fu dichiarato legittimo. Questa Costituzione di Alessandro VII fu confermata dal Venerabile Servo di Dio Innocenzo XI, in un suo Decreto del 3 dicembre 1678.

7. Essendo però sorto qualche dubbio sul significato e sulla interpretazione della Costituzione di Alessandro e del Decreto di Innocenzo XI, il Nostro Predecessore di felice memoria Innocenzo XII, emise, in data 20 agosto 1692, un nuovo Decreto, che è il settantaseiesimo del suo Bollario. Questo decreto, dissipando la confusione causata dalle diversità di interpretazioni, e illuminando tutta la questione, proibì in genere il canto di ogni cantilena o mottetto. Nelle sante Messe solenni permise soltanto, oltre al canto del Gloria e del Simbolo, di poter cantare l’Introito, il Graduale e l’Offertorio. Nei Vespri non ammise nessun cambiamento, neppure minimo, nelle Antifone che si dicono all’inizio e alla fine di ogni Salmo.

8. Inoltre volle e comandò che i cantori musici seguissero in tutto le regole del Coro e che con esso si conformassero perfettamente. E siccome nel Coro non è permesso aggiungere qualche cosa all’Ufficio o alla Messa, così proibì pure questo ai musici, e soltanto permise di prendere dall’Ufficio e dalla Messa della solennità del Santissimo Sacramento del Corpo del Signore – ossia dagli inni di San Tommaso o dalle antifone, o da altri brani passati nel Breviario dal Messale Romano – qualche strofa o mottetto, senza cambiarne le parole, e di poterli cantare, al fine di eccitare la devozione nei fedeli, durante l’elevazione della sacra Ostia, o quando è esposta alla venerazione ed all’adorazione del pubblico.




34. De modo Generalis Concili i celebrandi, cap. 19.

35. Sentenze, libro IV, dist. 15, q. 5, art. 2.

36. De Religione, tomo 2, libro 4; De Horis Canonicis, cap. 13, n. 16.




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