Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Benedictus PP. XIV Annus qui hunc IntraText CT - Lettura del testo |
1. Dopo avere con una legge regolato l’uso delle canzoncine, o delle strofe cantate o mottetti, bisogna ammettere che si era già fatto molto per rimuovere dalle Chiese i canti teatrali, ma occorre pure confessare che ciò non era sufficiente per raggiungere lo scopo desiderato.
2. Era ancora possibile, e troppo ancora ciò si fa con Nostro dispiacere, cantare tutte le parti che è lecito e che si sogliono cantare nelle Messe e nei Vespri, come è stato su riferito (ossia il Gloria, il Simbolo, l’Introito, il Graduale, l’Offertorio e tutto il resto), ma cantarle alla maniera teatrale e con strepito da palcoscenico.
3. Il grande vescovo Guglielmo Lindano37. non è contrario al canto musicale nelle Chiese, ma disapprova le molte ripetizioni, e le confusioni delle voci, e propone che nelle Chiese si adoperi una musica adatta alle cose che si cantano: "So bene, dice egli, che alcuni giudicano più conveniente conservare la musica, con strumenti e musici. Darei volentieri il mio consenso a costoro, qualora avvenisse, nello stesso tempo, la sostituzione del metodo, attualmente in vigore ovunque nelle Chiese, con un metodo più serio, più aderente alle cose, e, se non più vicino alla pronunzia che alla melodia, almeno sia più adattato alle cose che si cantano e più in armonia con esse".
4. Il Dresselio38. scrive opportunamente in proposito: "Qui, o musicisti, sia detto con vostra pace, prevale ora nelle Chiese un genere di cantare che è nuovo, ma eccentrico, spezzettato, ballabile, e certamente poco religioso; più adatto al teatro ed al ballo che non al Tempio. Si cerca l’artifizio e si perde il primiero desiderio di pregare e di cantare. Abbiamo cura di destare la curiosità, ma in realtà trascuriamo la pietà. Che è infatti questo nuovo e danzante modo di cantare se non una commedia, in cui i cantori si mutano in attori? Essi si esibiscono: ora uno da solo, ora in due, ora tutti assieme, e dialogano tra di loro col canto; poi nuovamente uno domina solo, e poco dopo gli altri lo seguono".
5. Uno scrittore moderno, Benedetto Girolamo Feijo o, Maestro Generale dell’Ordine di San Benedetto in Spagna39., basandosi sulla perizia e sulla conoscenza delle note musicali, indica il metodo da seguirsi per ottenere composizioni musicali per le Chiese, del tutto diverse dai concerti musicali dei teatri.
6. Ma Noi qui Ci contenteremo di ricordare – tenendo presenti le prescrizioni dei Sacri Concili e le sentenze di Scrittori autorevoli – che il canto musicale dei teatri viene fatto in modo (come Ci fu riferito) che il pubblico presente, ascoltando i canti musicali ne riporti diletto, e goda degli artifizi della musica, si esalti per la melodia, per la musica in se stessa; provi piacere per la soavità delle varie voci, senza percepire, il più delle volte, l’esatto significato delle parole. Non cosi invece deve essere nel canto Ecclesiastico; anzi in questo si deve avere di mira l’opposto.
7. Nel canto Ecclesiastico si deve badare innanzi tutto ad ottenere una audizione perfetta e facile delle parole. Nelle Chiese, infatti, la musica è accolta per elevare le menti degli uomini a Dio, come insegna Sant’Isidoro40.: "Si usa dalla Chiesa salmeggiare e cantare soavi melodie per indurre più facilmente gli animi alla compunzione";ciò non può ottenersi se non s’intendono le parole.
8. Il Concilio di Cambrai41., tenuto nel 1565, così prescrive: "Del resto ciò che si deve cantare in coro è destinato ad istruire; lo si canti perciò in modo da essere capito dalla mente".
9. Nel Concilio di Colonia42., riunito nel 1536, si legge quanto segue: "In alcune Chiese si giunse a commettere l’abuso di omettere o di abbreviare, per favorire l’armonia del canto e del suono, quello che era più importante. E la parte più importante è costituita appunto dalla recita delle parole dei Profeti, degli Apostoli, od Epistola, del Simbolo della fede, del Prefazio o azione di ringraziamento e dell’Orazione del Signore. Per la loro importanza, questi testi devono essere, come tutti gli altri, cantati in modo chiarissimo e intelligibile".
10. Nel primo Concilio di Milano43., tenuto nell’anno 1565, si legge: "Negli Uffici Divini, e in generale nelle Chiese, non si devono cantare o suonare cose profane; le cose sacre poi devono essere cantate senza languide flessioni di voce, senza suoni più gutturali che labiali; mai si deve usare un tono di canto passionale. Il canto ed il suono siano seri, devoti, chiari, adatti alla casa di Dio e confacenti con le divine lodi; fatti in modo che coloro che ascoltano capiscano le parole e siano mossi a devozione".
11. Sulla materia qui trattata esistono parole assai gravi dei Padri convenuti nell’anno 1566 al Concilio di Toledo44.: "Siccome tutto ciò che si canta nelle Chiese per lodare Dio, deve essere cantato in modo da favorire, per quanto è possibile, l’istruzione dei fedeli, e deve essere un mezzo per regolare la pietà e la devozione e per spronare le menti degli uditori fedeli a prestare a Dio il culto, e a desiderare le cose celesti; stiano in guardia i Vescovi, che mentre ammettono nel coro musicale la pratica di variazioni melodiche in cui le voci si mescolano secondo ordini diversi, le parole dei salmi e delle altre parti che sogliono cantarsi, non rimangano incomprese e soffocate da uno strepito disordinato. I Vescovi coltivino invece una musica così detta organica, che permetta di capire le parole di quelle parti che si cantano, e gli animi degli uditori siano portati a lodare Dio più dalla pronunzia delle parole che da curiosi gorgheggi".
12. Ciò giustifica i lamenti espressi dal Vescovo Lindano nel testo citato45.: "Ai nostri giorni, il canto dei musici è piuttosto fatto per distogliere, sviare, allontanare gli animi degli uditori, che non per eccitarli a pietà e a desideri celesti. Ricordo infatti di aver partecipato qualche volta alle divine lodi, di aver prestato grande attenzione mentre si cantava per riuscire a capire le parole, ma non riuscì ad intenderne neppure una sola. Tutto era un groviglio di sillabe ripetute, di voci confuse; il senso rimaneva sommerso da ciò che, più che canto, era un clamore assordante, un boato scomposto".
13. Ciò dimostra quanto saggio fosse il desiderio, e quanto prudente sia l’esortazione con la quale Dresselio46. esorta i musici alla devozione: "Fate rivivere, ve ne supplico, qualche cosa almeno del primiero fervore religioso nella musica sacra. Se voi avete a cuore, se desiderate l’onore divino, adoperatevi per questo, faticate per questo scopo: affinché cioè le parole che si cantano siano pure comprese. Che mi giova sentire nel Tempio varietà di suoni, profusione di voci, se a tutto ciò manca un’anima, se non riesco a comprendere il significato e le parole, che il canto dovrebbe invece instillarmi?"
14. Ciò finalmente giustifica la risposta data dal Cardinale Domenico Capranica al Sommo Pontefice Nicolò V, dopo aver assistito ad una sacra funzione ed alla Divina Ufficiatura, eseguite in canto musicale, in modo però che non si poterono udire le parole. Il Pontefice chiese al Cardinale che cosa ne pensasse di simile musica; la risposta che il Cardinale diede si può leggere presso Poggio, nella Vita di questo Cardinale edita dal Baluzio, nella Miscellanea47.
15. Il grande Padre Agostino
racconta di se stesso che sentendo cantare soavemente gli inni nella Chiesa,
piangeva dirottamente: "Quanto piansi tra gl’inni ed i cantici tuoi, vivamente
commosso alle voci della tua Chiesa soavemente echeggiante! Quelle voci si
riversavano nei miei orecchi, stillava la verità tua nel mio cuore, e da essa
mi veniva fervore. Di qui provenivano sentimenti di devozione, e scorrevano
lacrime, e mi facevano del bene!"
48.Ma poi essendogli
venuto lo scrupolo del gran diletto che provava sentendo cantare gli inni nelle
Chiese, quasi fosse un’offesa a Dio, e portandolo la severità a disapprovare il
detto canto, ritornò però al primo pensiero di approvarlo, perché il suo animo
si commuoveva, non per l’armonia solamente, ma per le parole che l’armonia
accompagnava, come apertamente egli dichiarò49.
16. Piangeva perciò Agostino di devota tenerezza, sentendo cantare nelle Chiese le sacre lodi, e ben intendendo le parole accompagnate dal canto. Piangerebbe forse ancora oggi, se sentisse qualcheduna delle musiche delle Chiese, ma non piangerebbe per devozione, ma per dolore di sentire bensì il canto, ma di non intenderne le parole.