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Leo PP. XIII
Materna Ecclesiae

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Capitolo VI

Ma dopo aver gloriosamente percorso un periodo di tempo non molto lungo, la Chiesa d’Africa cominciò ad invecchiare e a volgere verso il tramonto; tuttavia avrebbe potuto vivere molto più a lungo se la violenza non l’avesse annientata. Non è scomparsa perché consunta dalla vecchiaia, ma è stata travolta dalle armi dei barbari. È assai noto quante sciagure recarono i Vandali agli Africani; i loro sfrenati eserciti, ovunque mettessero il piede, aggiungevano al saccheggio delle città e alla strage di cittadini, i veleni della peste Ariana: e tanto era dovunque il terrore, che i cattolici "non potevano più respirare, e lamentavano di non avere più un posto ove pregare o sacrificare" . Nel settimo secolo, poi, i Saraceni, nemici del nome cristiano, dopo aver inondato quelle province come un uragano, e aver imposto ai nativi il giogo di una crudele schiavitù, misero a ferro e fuoco la stessa Cartagine, già provata da tante sciagure, e vi portarono la distruzione e la rovina della Chiesa. In quei tempi, mentre ovunque imperversava il furore dei nemici contro la fede cattolica, di nuovo apparvero una messe di martiri, un gran numero di Confessori ed egregie schiere di Vescovi e di sacerdoti: e la Chiesa africana, come era gloriosamente vissuta, così scomparve con dignità. Nelle profonde tenebre che seguirono, due Vescovi di Cartagine, conosciuti soltanto per nome, si posero in luce: Tommaso, di cui sopra è stata fatta menzione, e Ciriaco. Infatti, quasi tutti i presuli che si incontrano nel XV secolo e oltre ebbero soltanto un titolo onorifico.




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