Abbiamo analizzato sovente quali
tecniche impieghino più spesso coloro che vogliono rendere la Chiesa ed il
Pontificato romano oggetti di sospetto e d’invidia, ed abbiamo riscontrato che
frequentemente i tentativi di costoro si sono rivolti con grande violenza ed
astuzia contro la storia della cristianità e specialmente verso quella parte
che riguarda le azioni dei Pontefici romani più strettamente collegate alle
vicende italiche. Diversi Vescovi che registrarono le stesse Nostre ansie si
dissero preoccupati non soltanto dal pensiero dei mali che da ciò erano già
derivati, ma anche dal timore del futuro. Infatti, coloro che danno spazio
all’odio per il Pontificato romano più che alla verità dei fatti agiscono in
modo ingiusto, e contemporaneamente pericoloso, con ciò mirando palesemente a
far sì che la memoria dei tempi precedenti, imbellettata con falso colore, sia
asservita al nuovo potere in Italia. Poiché a Noi compete di tener lontani
dall’offesa non soltanto i residui diritti della Chiesa, ma la stessa sua
dignità ed il decoro della Sede Apostolica: volendo che finalmente la verità
trionfi e che gli italiani sappiano donde in passato hanno ricevuto i massimi benefìci
e da dove debbano sperarli per il futuro, abbiamo deliberato di trasmetterVi,
diletti Figli Nostri, le Nostre decisioni in questa materia tanto rilevante, e
di affidarle alla vostra saggezza perché vengano realizzate.
I non travisati ricordi dei
fatti, se analizzati con animo tranquillo e senza opinioni pregiudiziali, di
per se stessi difendono, spontaneamente e magnificamente, la Chiesa ed il
Pontificato. Infatti in essi è possibile scorgere una grandezza ed una natura
sorella delle istituzioni cristiane: fra gli ardui combattimenti e le egregie
vittorie si vedono la forza divina e la virtù della Chiesa; attraverso la prova
certa dei fatti appaiono con evidenza i grandi benefìci arrecati dai Pontefici
massimi a tutti i popoli; benefìci ancor più grandi per quelle genti nel cui
seno la provvidenza di Dio collocò la Sede Apostolica.
Perciò, coloro che hanno
tentato, con ogni possibile ragionamento e sforzo, di perseguitare il
Pontificato stesso avevano in animo anche di non risparmiare affatto le
testimonianze storiche di eventi tanto importanti. In effetti si sono avventati
ad attentarne l’integrità con tanta pervicacia ed astuzia, che quelle stesse
armi che avrebbero potuto essere ottimamente adoperate per respingere le
ingiurie sono state utilizzate per provocarne.
Questo genere di
persecuzione fu praticato prima degli altri, tre secoli fa, dai Centuriatori di
Magdeburgo; costoro, non essendo riusciti, come autori e promotori di nuove
tesi, ad espugnare le difese della dottrina cattolica, costrinsero la Chiesa
alle dispute storiche, come in un nuovo combattimento. Quasi tutte le scuole
che si erano ribellate all’antica dottrina seguirono l’esempio dei Centuriatori,
e a tale indirizzo si conformarono – il che è di gran lunga più miserevole –
alcuni di religione cattolica e di nazionalità italiana.
Con lo scopo che abbiamo
precedentemente indicato, furono analizzati anche i più piccoli elementi del
passato: i recessi degli archivi quasi controllati uno per uno; tirate fuori
storie senza fondamento; invenzioni cento volte confutate e cento volte
ripetute. I lineamenti principali della storia furono rimossi od interpretati
astutamente in modo riduttivo; con la reticenza furono facilmente accantonati
eventi gloriosi e giustamente memorabili, mentre gli animi si volgevano
aspramente a sottolineare e ad esagerare un eventuale gesto imprudente o meno
che corretto; per guardarsi da tutte le azioni di questo genere chiunque
avrebbe più difficoltà di quanto la natura degli uomini sia in grado di
reggere. È risultato addirittura lecito scrutare, con sfacciata acutezza, i
riposti segreti della vita familiare, per carpire e diffondere quelli che
sembravano più facilmente motivo di spettacolo e ludibrio per la moltitudine,
sempre pronta alla denigrazione.
Fra i Pontefici Massimi,
coloro la cui virtù rifulse furono stigmatizzati e condannati come cupidi,
superbi e dispotici; a coloro ai quali non si poté sottrarre la gloria della
gesta vennero contestate le decisioni; mille volte fu ripetuta la stolta tesi
che la Chiesa avesse agito male nello sviluppo mentale e umano delle genti. Una
crudelissima rete di maldicenze e di false accuse fu tessuta specificamente
contro il potere temporale dei romani Pontefici, istituito, non senza disegno
divino, per difenderne la libertà e la maestà, ed esso stesso basato su ottimi
fondamenti giuridici e memorabile per innumerevoli benemerenze.
A queste macchinazioni
anche oggi si è dato fiato, tanto che, se non nel passato, di sicuro adesso si
può asserire fondatamente che la scienza storica sembra essere una congiura
degli uomini contro la verità. Infatti, rinnovate di fronte a tutti quelle
precedenti false accuse, vediamo che la menzogna si snoda audacemente fra i
ponderosi volumi e negli agili libri, fra i fogli volanti dei giornali e nei
seducenti apparati dei teatri. Troppi vogliono che il ricordo stesso degli
avvenimenti passati sia complice delle loro offese.
Un recente esempio viene
dalla Sicilia, dove – cogliendo l’occasione di un cruento anniversario – furono
scagliate contro il nome dei Nostri Predecessori numerose ingiurie, scritte
anche su monumenti duraturi, con selvaggia enormità di parole. Lo stesso
accadde poco dopo, quando vennero attribuiti pubblici onori a quel tale di
Brescia che l’intelligenza sediziosa e l’animo avverso alla Sede Apostolica
resero famoso presso i posteri. Allora si ricominciò ad eccitare l’ira popolare
e a lanciare contro i Pontefici Massimi vampe ardenti d’ingiurie. Se poi si trattò
di commemorare avvenimenti che tornavano totalmente ad onore della Chiesa e nei
quali la manifesta luce della verità avrebbe spuntato tutti gli aculei delle
calunnie, ci s’impegnò a ridurre e dissimulare, affinché i Pontefici ne
ritraessero la minore lode ed il minore merito possibili.
Ancora più grave è che
questa abitudine di trattare la storia ha invaso persino le scuole. Troppo
spesso infatti ai bambini vengono presentati libri di testo intrisi di falsità;
una volta assuefatti ad esse, soprattutto con l’aiuto della malvagità o della
superficialità dei docenti, gli scolari facilmente s’imbevono di fastidio per
il venerando passato e d’indecoroso disprezzo per quanto c’è di più sacro: cose
e persone. Superate le prime classi scolastiche, facilmente corrono rischi
anche maggiori. Infatti, nell’insegnamento superiore si procede dalla
narrazione degli eventi alle cause dei fatti; dopo le cause, la costruzione di
leggi si basa su valutazioni arbitrariamente elaborate, molto spesso
apertamente in disaccordo con la dottrina rivelata da Dio, con l’unica
motivazione di dissimulare e nascondere come e quanto le istituzioni cristiane
abbiano potuto beneficamente agire nel corso delle vicende umane e nel
susseguirsi degli avvenimenti. Questo trova spazio tra i tanti che non si
preoccupano di essere incoerenti, di avanzare affermazioni contraddittorie, di
avvolgere in tenebre sempre più fitte quella che viene chiamata "filosofia
della storia". Insomma, per non soffermarci sui singoli episodi, essi
rigirano ogni motivazione delle vicende storiche in modo da rendere oggetto di
sospetto la Chiesa, invisi i Pontefici, e, soprattutto, da persuadere la gente
che il potere temporale dei Pontefici romani danneggia l’integrità e la
grandezza della nazione italiana.
Nulla si può dire di più
disgustosamente lontano dalla verità, tanto che risulta stupefacente che accuse
di questo genere, cui si oppongono con forza numerose testimonianze, abbiano
potuto essere giudicate fondate da molti.
Di certo la storia ha già
affidato all’eterna memoria dei posteri i grandissimi meriti che il Pontificato
romano ha verso l’Europa ed in particolare verso l’Italia; la quale ricevette,
prima fra tutti, com’era prevedibile, i più numerosi vantaggi e benefìci dalla
Sede Apostolica. Fra questi va ricordato innanzitutto che gli italiani hanno
potuto mantenere intatta da dissidi la concordia in materia religiosa: un bene
grandissimo per i popoli che se ne giovano e che se ne avvalgono come
solidissimo presidio per la prosperità pubblica e familiare.
Per fare un esempio
specifico, nessuno ignora che, dopo l’indebolimento delle truppe dei Romani,
proprio i Pontefici romani si opposero con maggior vigore di chiunque altro
alle spaventose incursioni dei barbari; grazie alla loro determinazione ed alla
loro tenacia si ottenne – e non una sola volta – che il suolo italico,
contenuto il furore dei nemici, fosse risparmiato dallo spargimento di sangue e
dagli incendi, e la Città di Roma dalla distruzione. Nel tormentato periodo in
cui gli Imperatori d’Oriente avevano rivolto altrove tutte le loro attenzioni e
preoccupazioni, fra tanta solitudine e miseria l’Italia trovò sempre tutela
esclusivamente presso i Pontefici romani. La cui dimostrata carità in quelle
calamità contribuì grandemente, insieme ad altri fattori, a costituirne il
principato civile. Del quale è riconoscimento comune che sia sempre stato
attento alla massima utilità generale. Infatti, poiché la Sede Apostolica volle
favorire ogni retto studio sociale, estendere l’efficacia della propria virtù
anche alla materia civile ed abbracciare strettamente i temi di maggiore
rilevanza nelle comunità, di questo essa va ringraziata non poco, perché il
principato civile offrì la libertà e le necessarie opportunità nell’incalzare
di tante vicende. Quando il senso del dovere spinse i Nostri Predecessori a
difendere dalla cupidigia dei nemici i diritti del loro dominio, non è forse
vero che, proprio in questo modo, ripetutamente evitarono a gran parte d’Italia
d’essere dominata da genti straniere? Qualcosa di simile è accaduto di recente
ed è ben presente nella memoria, allorché la Sede Apostolica non si arrese alle
armi vittoriose del massimo imperatore, e chiese ai regni alleati che le
fossero restituiti tutti i diritti del principato. Né fu meno vantaggioso per
gli italiani il fatto che sovente i Pontefici romani si opposero apertamente
alle inique volontà dei principi, e che, stretta un’alleanza con le forze
associate d’Europa, sostennero con estrema forza i violentissimi attacchi dei
Turchi, che s’avvicinavano con assalti sanguinosi. Due battaglie decisive, una
nel territorio milanese (Legnano) e l’altra vicino alle isole Curzolari
(Lepanto), grazie alle quali furono sgominati i nemici d’Italia e della
cristianità, furono sollecitate e combattute per l’impegno e sotto gli auspici
della Sede Apostolica. Forza e gloria navale per gli italiani sono derivate
dalle spedizioni Palestinesi (le Crociate), avviate per volontà dei Pontefici;
le repubbliche popolari (i Comuni) hanno tratto leggi, vita e stabilità dalla
saggezza dei Pontefici. La straordinaria fama dell’Italia negli studi liberali
e nelle arti va in gran parte ascritta a merito della Sede Apostolica. La
letteratura dei Romani e dei Greci si sarebbe perduta se i Pontefici e gli
uomini di Chiesa non avessero raccolto, come dopo un naufragio, le reliquie di
così grandi opere. Ciò che è stato realizzato nell’Urbe parla più alto di ogni
cosa: gli antichi monumenti conservati con grande spesa; i nuovi costruiti ed
ornati con le opere dei maggiori artisti; i musei e le biblioteche che sono
stati fondati; le scuole aperte per formare gli adolescenti; le illustri
università istituite. Per questi motivi Roma è giunta a tal punto di fama da
esser considerata nell’opinione comune come la madre delle massime arti.
Mentre tanta luce s’irradia
da queste e da molte altre realizzazioni, a nessuno sfugge che definire nocivo
all’Italia il Pontificato in sé o il principato temporale dei Pontefici
significa inequivocabilmente voler mentire su una materia più che evidente.
Pessimo proposito è ingannare scientemente e rendere la storia un veleno
micidiale: tanto più riprovevole in uomini cattolici e per di più nati in
Italia; la gratitudine del loro animo, il rispetto per la propria religione e
la carità di patria dovrebbero spingerli più di altri non solo a studiare la
verità ma anche a farsene paladini. Mentre molti tra gli stessi Protestanti,
con acutezza d’ingegno ed equità di giudizio, hanno abbandonato numerose
convinzioni e, spinti dalla forza della verità, non hanno esitato a lodare il
Pontificato romano come portatore di civiltà e di grandissimi vantaggi agli
Stati, è indegno che molti fra i connazionali continuino ad affermare il
contrario. Coloro che nelle discipline storiche amano soprattutto quel che
viene dall’estero, seguendo ed elogiando soprattutto gli scrittori stranieri
più feroci contro le istituzioni cattoliche, giudicano disprezzabili quelli,
fra i nostri, che nello scrivere di storia non hanno voluto disgiungere la
carità di patria dall’ossequio e dall’amore per la Sede Apostolica.
Intanto a mala pena ci si
rende conto di quanto sia perniciosa per la storia la cortigianeria di chi
serve gli studi di parte e le diverse cupidigie degli uomini. Finirà che la
storia non sarà né maestra di vita né luce di verità, come gli antichi a buon
diritto dissero che avrebbe dovuto essere, ma adulatrice di vizi e promotrice
di corruzione; ciò soprattutto a danno dei giovani, cui questa follia riempirà
le menti di pregiudizi distogliendone gli animi dall’onestà e dalla modestia.
La storia infatti colpisce con grandi allettamenti le appassionate e vivaci
menti dei giovani; soprattutto gli adolescenti abbracciano con trasporto e
mantengono impressa per moltissimo tempo nell’animo l’immagine loro offerta del
passato ed i ritratti di quei personaggi che la narrazione pone loro davanti
come se fossero vivi. Così, assorbito fin dai primi anni il veleno, sarà praticamente
inutile cercare poi un rimedio. Non è infatti speranza credibile che in futuro,
grazie all’età, diventeranno più saggi, disimparando ciò che in principio
avevano appreso: poiché pochi si dedicano a studiare analiticamente la storia
con approfondita motivazione, e nell’età più matura si verificheranno forse più
occasioni, nella vita quotidiana, di confermare gli errori, anziché
correggerli.
Perciò è importantissimo
contrapporsi ad un così grande e presente pericolo, ed adoperarsi con impegno
affinché le discipline storiche, tanto nobili, non si trasformino in una fonte
di grandi mali pubblici e privati. Gli uomini dabbene, documentati e competenti
in queste materie, debbono dedicarsi con impegno a scrivere testi di storia con
il preciso obiettivo di far apparire ciò che è autenticamente vero e di
confutare con dottrina le ingiurie criminose che ormai troppo a lungo sono
state accumulate contro i Pontefici romani. Alla scarna narrazione si oppongano
la fatica dell’indagine e la riflessione; alla temerarietà delle affermazioni
la prudenza del giudizio; alla leggerezza dei pregiudizi, l’approfondita
cernita degli avvenimenti. Con ogni sforzo vanno rinnegate tutte le falsità e
le invenzioni, attenendosi alle fonti degli avvenimenti; nella mente di chi
scrive sia ben presente in ogni momento che "la prima regola della storia
è non osare affermare nulla di falso, né tacere qualcosa di vero; perché nello
scrivere non ci siano sospetti di partigianeria o di avversione".
È inoltre necessaria la
compilazione di commentari ad uso delle scuole, che possano descrivere e
valorizzare la storia rispettando al verità e senza alcun pericolo per gli
adolescenti. Per questo motivo, una volta compiute le opere di maggiore mole
considerate più affidabili per la fondatezza della documentazione, non resterà
che stralciarne gli argomenti principali e trascriverli con chiarezza e
brevità; un obiettivo tutt’altro che difficile, ma che darà grandi frutti, e
perciò più che meritevole dell’impegno degli ingegni migliori.
Questa non è certo palestra
inesplorata e nuova; essa è anzi segnata da non poche vestigia di uomini
eccellenti, giacché proprio la Chiesa coltivò con dedizione fin dall’inizio gli
studi storici, che nella valutazione degli antichi erano più prossimi alle
materie sacre che a quelle profane. Pur attraverso le sanguinose procelle che
si abbatterono da principio contro la cristianità, moltissimi documenti e
testimonianze furono conservati intatti. Così, quando spuntarono tempi più
sereni, cominciò a svilupparsi nella Chiesa lo studio della storia. L’Oriente e
l’Occidente videro in questa materia i dotti lavori di Eusebio Panfilio, Teodoreto,
Socrate, Sozomeno e altri. Dopo il tramonto dell’impero romano, alla storia
accadde come alle altre nobili discipline; non trovarono altro rifugio che nei
monasteri e non ebbero praticamente altri cultori se non i religiosi. Tanto che
se i monaci dei conventi non si fossero preoccupati di scrivere regolarmente
gli annali, per un lungo lasso di tempo non avremmo avuto quasi nessuna notizia
di quel che accadeva nelle città. Fra i più vicini a noi è sufficiente
ricordare i due studiosi che nessuno ha superato: il Baronio e il Muratori. Il
primo sommò rettitudine d’ingegno e sottigliezza di giudizio ad un’incredibile
erudizione, il secondo, sebbene nei suoi scritti "si trovino anche molti passi
censurabili" , tuttavia illustrò le vicende della storia italica con tanta
ricchezza di documenti come nessun altro mai. Oltre a questi, si potrebbero
ricordare facilmente molti altri studiosi noti e famosi, fra i quali mi fa
piacere citare Angelo Mai, lustro e decoro del vostro nobilissimo Collegio.
Proprio Agostino, grande
dottore della Chiesa, primo fra tutti delineò ed elaborò la filosofia della
storia. Fra quanti sono venuti dopo, coloro che hanno fatto riferimento allo
stesso Agostino come maestro e guida e si sono formati accuratamente sui suoi
scritti e sulle sue meditazioni, hanno ottenuto risultati degni di menzione in
questo settore. L’errore ha invece più e più volte distolto dal vero coloro che
si sono allontanati dalle orme di un così grande uomo, perché nell’analizzare i
percorsi e le vicende degli Stati non compresero le autentiche cause che
regolano gli eventi umani.
Dato che la Chiesa
nell’opinione generale ha sempre acquisito meriti nei confronti delle
discipline storiche, altri se ne conquisti anche ora: soprattutto perché a
questa lode è spinta dalla esigenza stessa dei tempi. Infatti, quando gli
attacchi nemici continuano a giungere, come abbiamo detto, soprattutto dalla
storia, conviene che la Chiesa li affronti con armi adeguate e si attrezzi con
maggior impegno a rintuzzare gli assalti proprio dove essi sono più violenti.
Con questo spirito in altro
momento abbiamo deliberato che il Nostro Archivio fosse il più possibile di supporto
alla religione ed al progresso della scienza. Oggi allo stesso modo disponiamo
che dalla Nostra Biblioteca Vaticana si traggano gli strumenti per arricchire
gli scritti di storia di cui abbiamo parlato. Non abbiamo alcun dubbio, diletti
Figli Nostri, che l’autorevolezza del vostro ruolo e la stima per i vostri
meriti indurranno facilmente personaggi dotti, esperti nello scrivere volumi di
storia, ad unirsi a voi; a ciascuno di essi, secondo le sue competenze, potrete
correttamente affidare un incaricato, in base a criteri precisi deliberati
dalla Nostra autorità. Ordiniamo che tutti coloro che insieme con voi
s’impegneranno in questo lavoro, lo facciano con buone e nobili intenzioni, e
confidino nella Nostra particolare benevolenza. Questa risoluzione, per la
quale nutriamo la speranza di ottimi frutti, è meritevole del Nostro impegno e
del Nostro patrocinio. Infatti è necessario che la tesi arbitraria ceda di
fronte alla documentazione solidamente argomentata: i tentativi, lungamente
reiterati, contro la verità, saranno superati e resi nulli dalla verità stessa,
che talora può essere oscurata, ma che non può essere soppressa.
Speriamo dunque che quante
più persone possibili siano stimolate dal desiderio d’indagare il vero e di
conseguenza ricorrano e documenti validi. Tutta la storia, infatti, per così
dire proclama che è Dio colui che provvidenzialmente regge i molteplici
perpetui molti di tutte le cose mortali, che Egli, anche contro il volere degli
uomini, dirige a vantaggio della sua Chiesa. Tant’è vero che il Pontificato
romano è sempre uscito vittorioso dalle lotte e dalle persecuzioni, e i suoi
oppositori, perduta la speranza, hanno costruito da soli la loro rovina. Con
altrettanta chiarezza la storia testimonia quale sia stato fin dall’origine il
disegno divino per la città di Roma: che fornisse in perpetuo sede e domicilio
ai successori del beato Pietro, perché da questo centro governassero tutta la
cristianità, senza essere sottoposti al potere di alcuno. Nessuno ha osato
opporsi a questo disegno della divina provvidenza senza accorgersi, prima o poi,
di aver intrapreso una fatica inutile.
Tali sono i fatti, evidenti
come se fossero collocati su un radioso monumento e confermati dalla
testimonianza di diciannove secoli. Né c’è da ritenere che gli accadimenti
futuri saranno diversi. Ora, in effetti, prevalgono le sette di uomini nemici
di Dio e della sua Chiesa, che ordiscono ogni ostilità contro il Pontefice
romano, dopo avergli portato la guerra fin dentro casa. In questo modo cercano
di debilitarne le forze e di ridurre il sacro potere dei Pontefici romani;
addirittura, se fosse possibile, di distruggere lo stesso Pontificato. Quel che
è stato compiuto dopo l’espugnazione dell’Urbe e tutto ciò che ancor oggi viene
commesso non lasciano dubbi su ciò che avessero in animo coloro che si
offrirono come architetti e condottieri del nuovo. A costoro si unirono, forse
non con lo stesso animo, coloro che furono presi dall’incredibile desiderio di
fondare e far grande la nazione. Così crebbe il numero di coloro che erano in
lotta con la Sede Apostolica ed il Pontefice romano fu miserevolmente ridotto
in quella condizione che i cattolici concordemente deplorano. A costoro, per la
verità, non capiterà certo nulla di meglio di quel che accadde a quanti, in
precedenza, ebbero analoghi obiettivi e pari audacia. Per gli Italiani, questo
veemente combattimento contro la Sede Apostolica, intrapreso in modo offensivo
e sconsiderato, è fonte di gravi danni pubblici e privati. Per alienare gli
animi della moltitudine, si è detto persino che il Pontificato è ostile agli
interessi italiani; ma proprio quel che abbiamo ricordato prima confuta a
sufficienza questa iniqua e stolta accusa. Esso, come è universalmente noto per
il passato, anche in futuro sarà sempre fonte di prosperità e vantaggio per il
popolo italiano, proprio perché questa è la sua costante ed immutabile natura:
compiere il bene e giovare ovunque. Perciò non è una buona decisione, da parte
di coloro che governano, staccare l’Italia da questa grandissima fonte di benefìci;
né è degno degli italiani far causa comune con coloro che hanno come unico
obiettivo la rovina della Chiesa. E non è né utile né prudente mettersi in
guerra con un potere della cui eternità Dio è garante e la storia testimone;
che è riverito da tutto il mondo cattolico, il quale si preoccupa di difenderlo
con ogni mezzo; che inevitabilmente gli stessi reggitori degli Stati
riconoscono e sostengono, soprattutto in questi tempi affannosi, nei quali
sembrano vacillare i fondamenti stessi su cui si basa la società umana.
Se tutti coloro che sono
animati da vera carità di patria si rendessero conto del vero, dovrebbero
impegnarsi al massimo per rimuovere le cause di questo funesto dissidio e
rendere la dovuta ragione alla Chiesa cattolica, che avanza richieste
assolutamente fondate e rivendica i propri diritti.
Del resto, nulla
desideriamo di più se non imprimere profondamente nell’animo degli uomini tutto
quel che già abbiamo ricordato e che è già affidato alla memoria dei documenti.
Sarà vostro compito, diletti Figli Nostri, dedicare a questo scopo quanta più
solerzia e quanto più impegno potete. Affinché la fatica vostra e di coloro che
vi aiuteranno produca i maggiori frutti, con sommo affetto nel Signore
impartiamo a voi e a tutti loro la benedizione Apostolica, a pegno del
patrocinio celeste.
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