Non appena il mese scorso,
con il Vostro suffragio, fummo chiamati a prendere il governo della Chiesa
universale ed a tenere le veci in terra del Principe dei Pastori Gesù Cristo,
Ci sentimmo l’animo agitato da gravissima perturbazione e trepidazione. Da un
lato Ci atterrivano sia la persuasione intima della Nostra indegnità, sia la
debolezza delle Nostre forze assolutamente insufficienti a portare un peso
tanto grande: debolezza che tanto maggiormente si rendeva manifesta quanto più
chiara e celebre si era diffusa per tutto il mondo la fama del Nostro
Predecessore Pio IX, Pontefice d’immortale memoria. Infatti questo insigne capo
del gregge cattolico, avendo sempre con strenuo coraggio combattuto per la
verità e per la giustizia, e avendo sempre sopportato con animo invitto,
nell’amministrazione della Chiesa di Cristo, le più gravi fatiche, non solo
illustrò con lo splendore delle sue virtù questa Apostolica Sede, ma riempì
tutta la Chiesa di amore e di ammirazione, al punto che, come superò tutti i
Romani Pontefici negli anni del pontificato, così ne riportò forse fra tutti le
più ampie testimonianze di pubblico e costante ossequio e venerazione.
Dall’altra parte, poi, Ci affliggeva assai la tristissima condizione nella
quale in questi tempi si presenta ovunque non solo la società civile, ma anche
la Chiesa Cattolica e in modo speciale questa Apostolica Sede, la quale
violentemente spogliata del suo temporale dominio è ridotta a tal punto da non
essere in grado in alcun modo di esercitare il proprio potere con piena libertà
e indipendenza.
Ma quantunque, Venerabili
Fratelli, per questi motivi fossimo spinti a rifiutare l’onore conferitoci, con
quale animo avremmo potuto resistere alla divina volontà, che tanto chiaramente
Ci venne manifestata nel consenso dei Vostri voti e nella sollecitudine sapientissima
con la quale Voi, unicamente intenti al bene della Chiesa Cattolica, lo avete
soddisfatto, procurando che nel più breve tempo fosse eletto il Sommo
Pontefice?
Abbiamo pertanto creduto di
dovere accettare l’ufficio del Supremo Apostolato che Ci veniva offerto e di
obbedire al volere di Dio, collocando nel Signore tutta la Nostra fiducia e
sperando fermamente che Colui il quale Ci conferiva la dignità avrebbe
sostenuto la Nostra debolezza.
Ed essendoci dato,
Venerabili Fratelli, di rivolgere per la prima volta la parola al Vostro nobilissimo
consesso, anzitutto solennemente dichiariamo alla presenza Vostra che nulla Ci
starà più a cuore in questo Apostolico ufficio che conservare santamente, con
l’aiuto di Dio, il deposito della Fede Cattolica, custodire fedelmente i
diritti e le ragioni della Chiesa e della Sede Apostolica, e provvedere alla
salute di tutti, pronti in tutte queste cose a non risparmiare fatica, ad
assoggettarci a tutti gl’incomodi, e a non permettere mai che si possa credere
che Noi consideriamo la Nostra vita come il bene più prezioso.
Ma nell’adempiere le parti
del Nostro ministero nutriamo fiducia che non Ci verranno a mancare il Vostro
consiglio e la Vostra sapienza: e che non Ci vengano mai a mancare Vi chiediamo
e supplichiamo; il che per verità intendiamo conseguire da Voi in modo tale che
siate persuasi non avere Noi ciò richiesto per dovere d’ufficio ma per solenne
testimonianza della Nostra volontà. Infatti sta profondamente impresso nella
Nostra mente ciò che nelle sacre carte si narra abbia fatto, per ordine di Dio,
Mosè, il quale, intimorito dal grave peso di governare tutto il popolo,
s’associò settanta uomini tra gli anziani d’Israele, affinché dividessero con
lui le fatiche, e con la loro opera e con il loro consiglio alleviassero le sue
cure nel governo del popolo Israeliano. Ispirandoci a tale esempio, Noi che,
sebbene senza merito, fummo posti a guidare e a governare tutto il popolo
cristiano, non possiamo non implorare da Voi, che tenete nella Chiesa di Dio il
luogo dei settanta uomini d’Israele, aiuto nelle Nostre fatiche e conforto
all’animo Nostro.
Sappiamo inoltre, come le
sacre scritture dichiarano, che "la sicurezza si trova là dove abbondano i
consigli"; sappiamo, come avverte il Concilio Tridentino, che l’amministrazione
della Chiesa universale presso il Romano Pontefice s’appoggia al consiglio dei
Cardinali; sappiamo infine che San Bernardo chiama i Cardinali consiglieri e
collaterali del Pontefice Romano. Perciò Noi, che da quasi venticinque anni
abbiamo diviso con Voi gli onori del Vostro Collegio, apportiamo a questa
suprema Sede non solo un animo pieno d’amore e di sollecitudine per Voi, ma
anche la ferma persuasione che avendoVi avuti già compartecipi nella dignità,
possiamo ora averVi compagni e cooperatori nelle opere e nei disegni per il
disimpegno degli affari ecclesiastici.
Ora Ci si presenta assai
opportuna e lietissima l’occasione, Venerabili Fratelli, di comunicarvi un
dolce frutto di consolazione, che raccogliemmo nel Signore dalla fortunata
impresa che si compì a gloria della nostra Religione. Infatti, la pratica che
dal Predecessore Nostro Pio IX di santa memoria, per il singolare suo zelo
degli interessi cattolici, e col consiglio di quelli fra Voi che fanno parte
della Congregazione destinata a propagare la Religione Cristiana, era stata
intrapresa al fine di richiamare a novella gloria la Chiesa di Scozia col
ristabilire in quell’illustre regno la gerarchia episcopale, Ci riuscì di
compiere felicemente e di condurre a termine, con l’aiuto di Dio, come con
Lettera Apostolica che il quattro corrente di quest’anno ordinammo di
pubblicare. Ci siamo in verità rallegrati, Venerabili Fratelli, che in questa
circostanza sia stato concesso di soddisfare ai fervidissimi voti dei diletti
figli in Cristo, del clero e dei fedeli di Scozia, che da molte ed
evidentissime prove abbiamo riconosciuto d’animo affezionatissimo alla Chiesa
Cattolica e alla Cattedra di Pietro; nutriamo ferma fiducia che il lavoro
compiuto dalla Santa Sede apporterà frutti abbondanti di letizia, e con
l’intercessione dei celesti patroni di Scozia, ogni giorno di più in quella
regione "i monti concedano la pace al popolo e i colli la giustizia".
Per il resto, Venerabili
Fratelli, non dubitiamo affatto che Voi, unendo le Vostre alle Nostre cure,
V’adoprerete con tutte le forze per la tutela e la sicurezza della Religione,
per la difesa di questa Sede Apostolica, per l’incremento della divina gloria,
persuasi che avremo tutti in cielo comune la mercede, se avremo concordemente
lavorato a sostenere le ragioni della Chiesa.
Ed ora con umilissimi
accenti scongiurate meco Iddio, ricco di misericordia, che per la validissima
intercessione dell’Immacolata Madre di Dio, di San Giuseppe patrono della
celeste Chiesa, e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo Ci assista ognora con la
sua bontà, diriga i Nostri propositi e le Nostre azioni, ordini felicemente i
tempi del Nostro ministero, e infine conduca la nave di Pietro, di cui Ci
affidò il governo, fra le onde di un mare tempestoso, domati i venti e composte
le procelle, al porto desiderato della tranquillità e della pace.
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