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Leo PP. XIII
Quantunque le siano

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  • Capitolo XVII
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Capitolo XVII

Quanto si dice in generale del civil Principato dei Pontefici, vale a più forte ragione ed in modo speciale di Roma. I suoi destini si leggono chiaramente in tutta la sua storia; che, come nei consigli della Provvidenza tutti gli umani avvenimenti furono ordinati a Cristo e alla Chiesa, così la Roma antica e il suo impero furono stabiliti per la Roma cristiana; e non senza speciale disposizione a quella metropoli del mondo pagano, rivolse i passi il Principe degli Apostoli S. Pietro per divenirne il Pastore e trasmetterle in perpetuo l’autorità del supremo Apostolato. Per tal guisa le sorti di Roma furono legate, di una maniera sacra ed indissolubile, a quelle del Vicario di Gesù Cristo: e quando, allo spuntare di tempi migliori, Costantino il grande volse l’animo a trasferire in Oriente la sede del romano impero, con fondamento di verità può ritenersi che la mano della Provvidenza lo guidasse, perché meglio si compissero sulla Roma dei Papi i nuovi destini. Certo è che, dopo quell’epoca, col favore dei tempi e delle circostanze, spontaneamente, senza offesa e senza opposizione di alcuno, per le vie più legittime i Pontefici ne divennero anche civilmente signori, e come tali la tennero fino ai nostri. Non occorre qui ricordare gl’immensi benefici e le glorie procacciate dai Pontefici a questa loro prediletta città, glorie e benefici, che sono scritti del resto a cifre indelebili nei monumenti e nella storia di tutti i secoli. È pur superfluo notare che questa Roma porta in ogni sua parte profondamente scolpita l’impronta Papale; e che essa appartiene ai Pontefici per tali e tanti titoli, quali nessun Principe ha mai avuto su qualsivoglia città del suo regno. Importa però grandemente osservare che la ragione della indipendenza e della libertà Pontificia nell’esercizio dell’apostolico ministero, piglia una forza maggiore e tutta propria quando si applica a Roma, sede naturale dei Sommi Pontefici, centro della vita della Chiesa, capitale del mondo cattolico. Qui, dove il Pontefice ordinariamente dimora, dirige, ammaestra, comanda, affinché i fedeli di tutto il mondo possano con piena fiducia e sicurtà prestargli l’ossequio, la fede, l’obbedienza che in coscienza gli debbono, qui, a preferenza, è necessario che Egli sia posto in tale condizione d’indipendenza, nella quale non solo non sia menomamente impedita da chicchessia la sua libertà, ma sia pure evidente a tutti che non lo è; e ciò non per una condizione transitoria e mutabile ad ogni evento, ma di natura sua stabile e duratura. Qui, più che altrove, deve essere possibile e senza timore d’impedimenti, il pieno esplicamento della vita cattolica, la solennità del culto, il rispetto e la pubblica osservanza delle leggi della Chiesa, l’esistenza tranquilla e legale di tutte le istituzioni cattoliche.




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