I nemici della Sovranità Pontificia fanno
appello anche alla civiltà e al progresso. Ma a bene intendersi fin sulle
prime, solamente ciò che mena al perfezionamento intellettuale e morale o
almeno ad esso non si oppone, può costituire per l’uomo vero progresso: e di
questo genere di civiltà non v’ha sorgente più feconda della Chiesa, la quale
ha la missione di promuovere sempre l’uomo alla verità e al retto vivere. Ogni
altro genere di progresso, posto fuori di questa cerchia, non è in verità che
regresso, e non può che degradare l’uomo e respingerlo verso la barbarie: e di
questo né la Chiesa, né i Pontefici, sia come Papi, sia come Principi civili,
potrebbero, per buona sorte dell’umanità, farsi mai i fautori. Ma tutto ciò che
le scienze, le arti e l’industria umana hanno trovato o possono trovar di nuovo
per l’utilità e le comodità della vita; tutto ciò che favorisce l’onesto
commercio e la prosperità delle pubbliche e private fortune; tutto ciò che è,
non licenza, ma libertà vera e degna dell’uomo, tutto è benedetto dalla Chiesa
e può avere larghissima parte nel principato civile dei Papi. E i Papi, quando
ne fossero di nuovo in possesso, non lascerebbero di arricchirlo di tutti i
perfezionamenti di cui è capace, facendo ragione alle esigenze dei tempi, e ai
nuovi bisogni della società. La stessa paterna sollecitudine, da cui furono
sempre animati verso i loro sudditi, li consiglierebbe anche al presente a
rendere miti le pubbliche gravezze; a favorire colla più larga generosità le
opere caritatevoli e gl’istituti di beneficenza; a prendere cura speciale delle
classi bisognose ed operaie migliorandone le sorti; a fare, in una parola, del
loro civil principato, anche adesso, una delle istituzioni meglio acconce a
formare la prosperità dei sudditi.
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