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Plinio Corrêa de Oliveira
Nobiltà ed élites tradizionali analoghe…

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5. Concezione paterna della superiorità sociale

 

Gloria cristiana delle élites tradizionali è servire non solo la Chiesa ma anche il bene comune. L'aristocrazia pagana si vantava soltanto della sua illustre progenitura, ma la nobiltà cristiana unisce a questo titolo un altro ancora più elevato: quello di esercitare una funzione paterna verso le altre classi. “Il nome di Patriziato romano sveglia nel nostro spirito pensiero e visione di storia ancor più grandi. Se il termine di patrizio, patricius, nella Roma pagana, significava il fatto di avere degli antenati, di appartenere non ad una discendenza di grado comune, ma ad una classe privilegiata e dominante; nella luce cristiana prende aspetto più luminoso e risuona più profondo, in quanto associa l'idea di superiorità sociale a quella di illustre paternità. Esso è un patriziato della Roma cristiana, che ebbe i suoi fulgori più alti e antichi, non già nel sangue, ma nella dignità di protettori di Roma e della Chiesa: patricius Romanorum, titolo portato dal tempo degli Esarchi di Ravenna fino a Carlomagno e ad Enrico III. Armati difensori della Chiesa ebbero pure i Papi attraverso i secoli, usciti dalle famiglie del patriziato romano; e Lepanto ne segnò ed eternò un gran nome nei fasti della storia”. 74

Certamente, dall'insieme di questi concetti emana un senso di paternità che impregna le relazioni tra le classi più alte e quelle più umili.

Contro questa impressione, si presentano facilmente due obiezioni all'animo dell'uomomoderno”. Da un lato, non mancano quelli che affermano che numerosi atti di oppressione praticati nel passato dalla nobiltà o dalle élites similari smentiscono tutta questa dottrina. Dall'altro, molti ritengono che qualsiasi affermazione di superiorità elimini dai rapporti sociali il buon senso, la soavità, la gaiezza cristiani. Infatti, sostengono, qualsiasi superiorità suscita normalmente sentimenti di umiliazione, di afflizione e di dolore in colui sul quale viene esercitata; e suscitare tali sentimenti nel prossimo è contrario alla dolcezza evangelica.

Pio XII risponde implicitamente a queste obiezioni quando afferma:

“Se questa concezione paterna della superiorità sociale talvolta, per l'urto delle passioni umane, sospinse gli animi a deviazioni nei rapporti delle persone di rango più elevato con quelle di condizione più umile, la storia dell'umanità decaduta75 non se ne meraviglia. Tali deviazioni non valgono a diminuire o ad offuscare la verità fondamentale che per il cristiano le disuguaglianza sociali si fondono in una grande famiglia umana; quindi le relazioni tra classi e ranghi ineguali hanno da rimanere governate da una proba e pari giustizia, e, ad un tempo, animate di rispetto e di affezione mutua, che, pur senza sopprimere le disparità, ne scemino le distanze e ne temperino i contrasti76.

Esempi tipici di questa affabilità di tratto tipica dell'aristocrazia si trovano in molte famiglie nobili che sanno essere eccellentemente benevole verso i propri subordinati, senza acconsentire in alcun modo che venga negata o avvilita la loro naturale superiorità: “Nelle famiglie veramente cristiane non vediamo noi forse i più grandi fra i patrizi e le patrizie vigili e solleciti di conservare verso i loro domestici e tutti quelli che li circondano, un comportamento, consentaneo senza dubbio al loro rango, ma scevro di ogni sussiego, atteggiato a benevolenza e cortesia di parole e di modi, che dimostrano la nobiltà di cuori i quali vedono in essi uomini, fratelli, cristiani come loro, a sé uniti in Cristo coi vincoli della carità? Di quella carità, che anche nei palazzi aviti, fra i grandi e gli umili, massime nelle ore di mestizia e di dolore che non è mai che manchino quaggiù, conforta, sostiene, allieta e addolcisce la vita?”. 77

 

 




74 PNR 1942, pp. 346-347.



75 Il Pontefice qui allude alla decadenza del genere umano provocata dal peccato originale.



76 PNR 1942pp. 347-348.



77 PNR 1942p. 348.






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