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Plinio Corrêa de Oliveira
Nobiltà ed élites tradizionali analoghe…

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2. La nobiltà e le élites tradizionali come guide della società

 

Le qualità d'animo e il tratto cavalleresco che emanano dalle virtù cristiane rendono atto il nobile ad esercitare la missione di guida della società.

 

a)           Una forma di apostolato: guidare la società

 

In effetti, la moltitudine ha oggi bisogno di guide adeguate:

“La folla innumerevole, anonima, è facile ad agitarsi disordinatamente; essa si abbandona alla cieca, passivamente, al torrente che la trascina o al capriccio delle correnti che la dirigono e la traviano. Una volta divenuta trastullo delle passioni o degli interessi dei suoi agitatoti, non meno che delle proprie illusioni, essa non sa più prender piede sulla roccia e stabilirsi per formare un vero popolo, vale a dire un corpo vivente con le membra e gli organi differenziati secondo le loro forme e funzioni rispettive, ma tutti insieme concorrenti alla sua attività autonoma nell'ordine e nella unità”. 104

Tocca alla nobiltà ed alle élites tradizionali svolgere la funzione di guida della società, realizzando così un luminoso apostolato: “Una élite? Voi potete ben esserla. Avete dietro di voi tutto un passato di tradizioni secolari, che rappresentano valori fondamentali per la sana vita di un popolo. Fra queste tradizioni, di cui andate giustamente alteri, voi contate in primo luogo la religiosità, la fede cattolica viva e operante. La storia non ha forse già crudelmente provato che ogni umana società senza base religiosa corre fatalmente alla sua dissoluzione o finisce nel terrore? Emuli dei vostri antenati, voi dovete dunque rifulgere innanzi al popolo con la luce della vostra vita spirituale, con lo splendore della vostra inconcussa fedeltà verso Cristo e la Chiesa.

“Fra quelle tradizioni, annoverate altresì l'onore inviolato di una vita coniugale e familiare profondamente cristiana. Da tutti i paesi, almeno da quelli della civiltà occidentale, sale il grido di angoscia del matrimonio e della famiglia, così straziante che non è possibile di non udirlo. Anche qui con tutta la vostra condotta mettetevi alla testa del movimento di riforma e di restaurazione del focolare domestico.

“Fra le stesse tradizioni computate inoltre quella di essere per il popolo, in tutte le funzioni della vita pubblica a cui potreste essere chiamati, esempi viventi d'inflessibile osservanza del dovere, uomini imparziali e disinteressati, che, liberi da ogni disordinata brama di ambizione o di lucro, non accettano un posto se non per servire la buona causa, uomini coraggiosi, non timidi né per perdita di favore dall'alto, né per minacce dal basso.

“Fra le medesime tradizioni ponete infine quella di un calmo e costante attaccamento a tutto ciò che l'esperienza e la storia hanno convalidato e consacrato, quella di uno spirito inaccessibile all'agitazione irrequieta e alla cieca bramosia di novità che caratterizzano il nostro tempo, ma insieme largamente aperto a tutte le necessità sociali. Fortemente convinti che soltanto la dottrina della Chiesa può portare efficace rimedio ai mali presenti, abbiate a cuore di aprirle la via, senza riserve o diffidenze egoistiche, con la parola e con l'opera, in particolar modo costituendo nell'amministrazione dei vostri beni veri modelli di aziende dal lato tanto economico che sociale. Un vero gentiluomo non presta mai il suo concorso a intraprese, che non possono sostenersi e prosperare se non con danno del bene comune, con detrimento o con la rovina delle persone di condizione modesta. Al contrario, egli porrà il suo vanto nell'essere dalla parte dei piccoli, dei deboli, del popolo, di coloro che, esercitando un onesto mestiere, guadagnano il pane col sudore della fronte. Così voi sarete veramente una élite; così compirete il vostro dovere religioso e cristiano; così servirete nobilmente Iddio e il vostro Paese.

“Possiate, diletti figli e figlie, con le vostre grandi tradizioni, con la cura del vostro progresso e della vostra perfezione personale, umana e cristiana, coi vostri servigi amorevoli, con la carità e la semplicità delle vostre relazioni con tutte le classi sociali, aiutare il popolo a raffermarsi sulla pietra fondamentale, a cercare il regno di Dio e la sua giustizia”. 105

 

b) Come deve la nobiltà svolgere la sua missione dirigente

 

Nell'esercizio di questa missione direttiva, la Nobiltà dovrà tener presente che la varietà di funzioni dirigenti è naturalmente molto ampia:

“In una società progredita, come la nostra, che dovrà essere restaurata, riordinata dopo il grande cataclisma, l'ufficio di dirigente è assai vario: dirigente è l'uomo di Stato, di governo, l'uomo politico; dirigente l'operaio, che senza ricorrere alla violenza, alle minacce, alla propaganda insidiosa, ma col suo proprio valore, ha saputo acquistare autorità e credito nella sua cerchia; dirigenti, ciascuno nel suo campo, l'ingegnere e il giureconsulto, il diplomatico e l'economista, senza i quali il mondo materiale, sociale, internazionale, andrebbe alla deriva; dirigenti il professore universitario, l'oratore, lo scrittore, che mirano a formare e guidare gli spiriti; dirigente l'ufficiale, che infonde nell'animo dei suoi militi il senso del dovere, del servizio, del sacrificio; dirigente il medico nell'esercizio della sua missione salutare; dirigente il sacerdote che addita alle anime il sentiero della luce e della salvezza, comunicando loro gli aiuti per camminarvi e avanzare sicuramente”. 106

La nobiltà e le élites tradizionali hanno la funzione di partecipare a questa direzione, non in un unico settore, ma, con uno spirito tradizionale e specifico, e in modo esimio, in qualsiasi settore conveniente:

“Qual'è in questa molteplicità di direzioni, il vostro posto, il vostro ufficio, il vostro dovere? Esso si presenta in un duplice aspetto: ufficio e dovere personale, per ognuno di voi, ufficio e dovere della classe a cui appartenete.

“Il dovere personale richiede che voi, con la vostra virtù, con la vostra applicazione, vi studiate di divenire dirigenti nella vostra professione. Ben sappiamo infatti che la gioventù odierna del vostro nobile ceto, consapevole dell'oscuro presente e dell'ancor più incerto avvenire, è pienamente persuasa che il lavoro è non solo un dovere sociale, ma anche una garanzia individuale di vita. E Noi intendiamo la parola professione nel senso più largo e comprensivo, come avemmo già ad indicare lo scorso anno; professioni tecniche o liberali, ma anche attività politiche, sociali, occupazioni intellettuali, opere d'ogni sorta, amministrazione oculata, vigilante, laboriosa, delle vostre sostanze, delle vostre terre, secondo i metodi più moderni e più sperimentali di coltura, per il bene materiale, morale, sociale, spirituale, dei coloni e delle popolazioni, che vivono in esse. In ciascuna di queste condizioni voi dovete porre ogni cura per ben riuscire come dirigenti, sia a causa della fiducia che mettono in voi coloro i quali sono rimasti fedeli alle sane e vive tradizioni, sia a ragione della diffidenza di molti altri, diffidenza che voi dovete vincere, guadagnandovi la stima e il rispetto loro, a forza di eccellere in tutto nel posto in cui vi trovate, nell'attività che esercitate, qualunque sia la natura di quel posto o la forma di quell'attività”. 107

Più precisamente, il nobile deve comunicare a tutto quanto fa le rilevanti qualità umane che la sua tradizione gli offre.

“In che cosa deve dunque consistere questa vostra eccellenza di vita e di azione, e quali sono i suoi caratteri principali?

“Essa si manifesta innanzitutto nella finitezza dell'opera vostra, sia essa tecnica o scientifica o artistica o altra simile. L'opera delle vostre mani e del vostro spirito deve avere quell'impronta di squisitezza e di perfezione, che non si acquista dall'oggi al domani, ma che riflette la finezza del pensiero, del sentimento, dell'anima, della coscienza, ereditata dai vostri maggiori e incessantemente fomentata dall'ideale cristiano.

“Essa si palesa altresì in ciò che può chiamarsi l'umanesimo, vale a dire la presenza, l'intervento dell'uomo completo in tutte le manifestazioni della sua attività anche speciale, in tal guisa che la specializzazione della sua competenza non sia mai un'ipertrofia, non atrofizzi mai né veli la cultura generale, a quel modo che in una frase musicale la dominante non deve rompere l'armoniaopprimere la melodia.

“Essa si mostra inoltre nella dignità di tutto il portamento e di tutta la condotta, dignità però non imperiosa, e che lungi dal dare rilievo alle distanze, non le lascia, al bisogno, trasparire che per ispirare agli altri una più alta nobiltà di animo, di spirito e di cuore.

“Essa apparisce infine soprattutto nel senso di elevata moralità, di rettitudine, di onestà, di probità, che deve informare ogni parola e ogni atto”. 108

Ma tutta la finezza aristocratica, in sé così degna di ammirazione, sarebbe inutile e perfino nociva se non si fondasse su un alto senso morale:

“Una società immorale o amorale, che non sente più nella sua coscienza e non dimostra più nelle sue azioni la distinzione tra il bene e il male, che non inorridisce più allo spettacolo della corruzione, che la scusa, che vi si adatta con indifferenza, che la accoglie con favore, che la pratica senza turbamentorimorso, che la ostenta senza rossore, che vi si degrada, che deride la virtù, è sul cammino della sua rovina. (...)

“Ben altra è la vera gentilezza: essa fa risplendere nelle relazioni sociali una umiltà piena di grandezza, una carità ignara di ogni egoismo, di ogni ricerca del proprio interesse. Noi non ignoriamo con quale bontà, dolcezza, dedizione, abnegazione, molti e specialmente molte di voi, in questi tempi di infinite miserie ed angosce, si sono chinati sugl'infelici, hanno saputo irradiare intorno a sé, in tutte le forme più progredite e più efficaci, la luce del loro caritatevole amore. E questo è l'aspetto della vostra missione”. 109

Umiltà piena di grandezza”... Ammirevole espressione, opposta tanto allo stile futile da jet-set, quanto alla volgarità delle maniere, delle forme di vita, del modo di essere cosiddettidemocratici” e “moderniattualmente in voga.

 

c) Le élites di formazione tradizionale hanno

una visione particolarmente acuta del presente

 

Un nobile, dotato di uno spirito profondamente tradizionale, può attingere, dall'esperienza del passato che in lui vive, i mezzi per conoscere meglio di molti altri i problemi del presente. Ben lungi dall'essere una persona situata al margine della realtà, la può “ascoltare” in maniera sottile e profonda:

“Vi sono mali della società, non altrimenti che degli individui. Fu un grande avvenimento nella storia della medicina, quando un giorno il celebre Laennec, uomo di genio e di fede, chinò ansiosamente sul petto dei malati, armato dello stetoscopio da lui inventato, ne faceva l'ascoltazione, distinguendo e interpretando i più leggeri soffi, i fenomeni acustici appena percettibili dei polmoni e del cuore. Non è forse una funzione sociale di prim'ordine e di alto interesse quella di penetrare in mezzo al popolo e di ascoltare le aspirazioni e il malessere dei contemporanei, di sentire e discernere i battiti dei loro cuori, di cercare rimedio ai mali comuni, di toccarne delicatamente le piaghe per guarirle e salvarle dall'infezione, possibile a sopravvenire per difetto di cure, schivando di irritarle con un contatto troppo rude?

Comprendere, amare nella carità di Cristo il popolo del vostro tempo, dar prova coi fatti di questa comprensione e di questo amore: ecco l'arte e il modo di fare quel maggior bene che è da voi, non solo direttamente a coloro che vi stanno intorno, ma in una sfera quasi senza limiti, allorché la vostra esperienza diviene un beneficio per tutti. E in questa materia, quali magnifiche lezioni danno tanti nobili spiriti ardentemente e alacremente tesi a diffondere e suscitare un ordine sociale cristiano!”. 110

Come si vede, l'aristocratico autentico e quindi genuinamente tradizionale, mantenendosi tale, può e deve, basandosi sulla Fede, amare il popolo ed esercitare su esso un'influenza veramente cristiana.

 

d) L'aristocratico autenticamente tradizionale, immagine della divina Provvidenza

 

Ma, ci si domanderà, introducendosi nei posti direttivi della vita attuale, la nobiltà non finirebbe col volgarizzarsi? E il suo amore per il passato non costituirebbe un ostacolo all'esercizio delle attività attuali? A questo riguardo ha insegnato Pio XII:

“Non meno offensivo per voi, non meno dannoso per la società, sarebbe il pregiudizio malfondato ed ingiusto, il quale non dubitasse di far credere e insinuare che il patriziato e la nobiltà verrebbero meno al proprio onore e alla dignità del proprio grado col tenere e praticare funzioni ed uffici, che li mettessero al fianco dell'attività generale. È ben vero che in tempi antichi l'esercizio delle professioni non si reputava ordinariamente degno dei nobili, eccettuata quella delle armi; ma anche allora non pochi di loro, appena la difesa armata li rendeva liberi, non esitavano di darsi ad opere d'intelletto o al lavoro delle loro mani. Oggidì poi, nelle mutate condizioni politiche e sociali, non è raro di trovare nomi di grandi famiglie associati ai progressi della scienza, dell'agricoltura, dell'industria, della pubblica amministrazione, del governo; tanto più perspicaci osservatori del presente e sicuri e arditi pionieri dell'avvenire, quanto più con mano salda stanno fermi al passato, pronti a trarre vantaggio dall'esperienza dei loro antenati, presti a guardarsi dalle illusioni o dagli errori, che furono già cagione di molti passi falsi e nocivi.

Custodi come volete essere della vera tradizione, che onora le vostre famiglie, spetta a voi l'ufficio e il vanto di contribuire alla salvezza della convivenza umana, preservandola sia dalla sterilità a cui la condannerebbero i contemplatori malinconici troppo gelosi del passato, sia dalla catastrofe a cui l'avvierebbero e la condurrebbero i temerari avventurieri o i profeti allucinati di un fallace e menzognero avvenire. Nell'opera vostra apparirà sopra di voi e in voi quasi l'immagine della Provvidenza divina, che con forza e dolcezza dispone e dirige tutte le cose verso il loro perfezionamento (Sap.8,I) finché la follia dell'orgoglio umano non intervenga ad attraversare i suoi disegni, sempre però d'altra parte superiori al male, al caso e alla fortuna. Con tale azione voi sarete anche preziosi collaboratori della Chiesa, che, pur in mezzo alle agitazioni e ai conflitti, non cessa di promuovere il progresso spirituale dei popoli, città di Dio sulla terra che prepara la città eterna”. 111

 

e) Missione dell'aristocrazia presso i poveri

 

Questa partecipazione alla direzione della società comprende il duplice carattere educativo e caritativo dell'azione delle élites tradizionali descritto mirabilmente in questi due passi di Pio XII:

“Ma, come ogni ricco patrimonio, anche questo porta con sé stretti doveri, tanto più stretti, quanto più esso è ricco. Due soprattutto:

“1) il dovere di non sperperare simili tesori, di trasmetterli intatti, accresciuti anzi, se è possibile, a coloro che verranno dopo di voi; di resistere perciò alla tentazione di non vedere in essi che un mezzo di vita più facile, più piacevole, più squisita, più raffinata;

“2) il dovere di non riservare per voi soli quei beni, ma di farne largamente profittare coloro che sono stati meno favoriti dalla Provvidenza.

“La nobiltà della beneficenza e delle virtù, diletti figli e figlie, è stata essa pure conquistata dai vostri maggiori. E ne sono testimoni i monumenti e le case, gli ospizi, i ricoveri, gli ospedali di Roma, dove i loro nomi e il loro ricordo parlano della loro provvida e vigile bontà verso gli sventurati e i bisognosi. Noi ben capiamo che nel patriziato e nella nobiltà romana non è tenuta meno, per quanto le facoltà di ciascuno lo permettono, questa gioia e gara di bene. Ma nella presente ora penosa, in cui il cielo è turbato da vigilate sospettose notti, l'animo vostro, mentre osserva nobilmente una serietà, vorremmo anzi dire una austerità di vita, che esclude ogni leggerezza e ogni frivolo piacere, incompatibili per ogni cuore gentile col lo spettacolo di tante sofferenze, sente ancor più vivo l'impulso della carità operosa che vi sospinge a crescere e moltiplicare i meriti già da voi acquistati nel sollievo delle miserie e della povertà umana”. 112

 

 




104 PNR 1946p. 340; Cfr. Capitolo III.



105 PNR 1946pp. 341-342.



106 PNR 1945pp. 274-275.



107 PNR 1945pp. 275-276.



108 PNR 1945p. 276.



109 PNR 1945pp. 276-277.



110 PNR 1944pp. 180-181.



111 PNR 1944pp. 181-182.



112 PNR 1941pp. 364-365.






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