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Plinio Corrêa de Oliveira
Nobiltà ed élites tradizionali analoghe…

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3. Morire o uccidere per Cristo non è criminoso ma glorioso

 

Sulla liceità della guerra contro i pagani, S. Bernardo, il Dottore Mellifluo, dice queste ardenti parole:

 

“I cavalieri di Cristo possono con tranquillità di coscienza combattere le battaglie del Signore, senza temere in alcun modo né di peccare per l'uccisione del nemico, né il pericolo di morire: poiché in questo caso la morte, inflitta o sofferta per Cristo, non ha nulla di criminoso e molte volte comporta il merito della gloria. Infatti, come con la prima si gloria a Cristo, così con la seconda si ottiene Cristo stesso. Il quale senza dubbio accetta volentieri la morte del nemico come punizione, e ancor più volentieri si dona al soldato come consolazione. Il cavaliere di Cristo uccide con tranquilla coscienza e muore con anche maggior sicurezza. Morendo favorisce se stesso, uccidendo favorisce Cristo. E non è senza ragione che il soldato porta la spada: egli è ministro di Dio per la punizione dei malvagi e per l'esaltazione dei buoni. Quando egli uccide un malvagio non è omicida ma, per così dire, malicida; è necessario vedere in lui tanto il vendicatore che è al servizio di Cristo quanto il difensore del popolo cristiano. Quando poi muore, bisogna pensare che non è morto, ma che è giunto alla gloria eterna. Pertanto la morte che egli infligge è un beneficio per Cristo; quella che riceve è un beneficio per se stesso. Della morte del pagano il cristiano può gloriarsi perché è Cristo che viene glorificato; nella morte del Cristiano, la liberalità del Re si manifesta esaltando il soldato che merita di essere ricompensato. Col soldato si feliciterà il giusto quando lo vede punire. Si dirà di lui: 'C'è davvero ricompensa per il giusto; c'è veramente un Dio che giudica sulla Terra'(Ps. 57,12). I pagani non dovrebbero essere uccisi, se si potesse impedire in qualche altro modo le loro gravissime vessazioni sottraendo loro i mezzi per opprimere i fedeli. Ma attualmente è meglio che vengano uccisi affinché, in questo modo, i giusti non si pieghino davanti alla potenza della loro iniquità, perché altrimenti per certo rimarrà la frusta dei peccatori sulla stirpe dei giusti”. 262

 

 




262 De laude novae militiae, Migne Patrologia Latina, t. 182, col. 924.






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