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Plinio Corrêa de Oliveira
Nobiltà ed élites tradizionali analoghe…

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3. Le élites, promotrici del vero progresso e custodi della tradizione

 

C'è un nesso tra la nobiltà e la tradizione: quella è custode naturale di questa. La nobiltà è, nella società civile, la classe incaricata, più di ogni altra, di mantenere vivo il nesso mediante il quale la saggezza del passato governa il presente senza immobilizzarlo.

 

a) Le élites sono nemiche del progresso?

 

I rivoluzionari sogliono avanzare, contro la nobiltà e le élites tradizionali, la seguente obiezione: proprio perché tradizionali, esse sarebbero rivolte costantemente al passato, voltando le spalle al futuro nel quale si trova il vero progresso; esse rappresenterebbero quindi un ostacolo per realizzarlo nella società.

Tuttavia, insegna Pio XII, l'autentico progresso può esistere soltanto nella linea della tradizione, è reale solo se costituisce non necessariamente un ritorno al passato ma un armonico sviluppo di questo. 66 Infatti, interrotta la tradizione, la società viene esposta a terribili rischi:

“Le cose terrene scorrono come un fiume nell'alveo del tempo: necessariamente il passato cede il posto e la via all'avvenire, e il presente non è che un istante fugace che congiunge l'uno con l'altro. È un fatto, è un moto, è una legge; non è in sé un male. Il male sarebbe, se questo presente, che dovrebbe essere un flutto tranquillo nella continuità della corrente, divenisse una tromba marina, sconvolgendo ogni cosa come tifone o uragano al suo avanzamento, e scavando con furioso distruggimento e rapimento un abisso tra ciò che fu e ciò che deve seguire. Tali sbalzi disordinati, che fa la storia nel suo corso, costituiscono allora e segnano ciò che si chiama una crisi, vale a dire un passaggio pericoloso, che può far capo a salvezza o a rovina irreparabile, ma la cui soluzione è tuttora avvolta di mistero entro la caligine delle forze contrastanti”. 67

La tradizione preserva le società dal ristagnamento, come pure dal caos e dalla rivolta. La tutela della tradizione, alla quale allude Pio XII in questo passo, è la missione specifica della nobiltà e delle élites analoghe.

Tradiscono questa missione non soltanto le élites che si astraggono dalla vita concreta, ma anche quelle che peccano per l'eccesso opposto: ignorando la propria missione, esse si lasciano assorbire dal presente, rinnegando tutto il passato.

Mediante la forza dell'ereditarietà, i nobili prolungano in terra la vita dei grandi uomini del passato: “Voi, ricordando i vostri avi, quasi li rivivete; e i vostri avi rivivono nei vostri nomi e nei titoli che vi hanno lasciati dei loro meriti e delle loro grandezze”. 68

A questo riguardo, Rivarol, il brillante polemista francese nemico della Rivoluzione dell'89, della quale fu contemporaneo, affermò: “I nobili sono come monete più o meno antiche trasformate dal tempo in medaglie” (Cfr. M. Berville, Mémoires de Rivarol, Baudoin Frères, Paris 1824, p. 212).

Questo conferisce alla nobiltà ed alle élites tradizionali una missione morale tutta speciale, giacché assicurano al progresso la continuità col passato:

“La società umana non è forse, o almeno non dovrebbe essere, simile ad una macchina bene ordinata, di cui tutti gli organi concorrono all'azione armonica dell'insieme? Ognuno di essi ha il proprio ufficio, ognuno deve applicarsi al miglior progresso dell'organismo sociale, deve cercarne il perfezionamento, secondo le proprie forze e la propria virtù, se veramente ama il suo prossimo e tende ragionevolmente al bene ed al vantaggio comune.

Ora, quale parte è stata commessa in modo speciale a voi, diletti figli e figlie? Quale ufficio vi è stato particolarmente attribuito? Precisamente quello di agevolare questo svolgimento normale; quello che nella macchina presta e compie il regolatore, il volano, il reostato, che partecipano all'attività comune e ricevono la loro parte della forza motrice per assicurare il movimento di regime dell'apparecchio. In altri termini, patriziato e nobiltà, voi rappresentate e continuate la tradizione”. 69

 

b) Significato e valore della vera tradizione

 

L’apprezzare una tradizione è oggi virtù rarissima: da un lato perché l'ansia di novità, il disprezzo del passato sono stati d'animo resi molto frequenti dalla Rivoluzione70; dall'altro perché i difensori della tradizione l'intendono a volte in maniera completamente falsa. La tradizione non è un mero valore storico né un semplice tema per variazioni tipico di un romanticismo nostalgico; essa è un valore che va inteso non in modo esclusivamente archeologico, ma come fattore indispensabile per la vita contemporanea.

La parola tradizione, dice il Pontefice, “suona sgradita a molti orecchi; essa spiace a buon diritto, quando è pronunciata da certe labbra. Alcuni la comprendono male; altri ne fanno il cartellino menzognero del loro egoismo inattivo. In tale drammatico dissenso ed equivoco, non poche voci invidiose, spesso ostili e di cattiva fede, più spesso ancora ignoranti o ingannate, vi interrogano e vi domandano senza riguardo: A che cosa servite voi? Per rispondere loro, conviene prima intendersi sul vero senso e valore di questa tradizione, di cui voi volete essere principalmente i rappresentanti.

“Molti animi, anche sinceri, s'immaginano e credono che la tradizione non sia altro che il ricordo, il pallido vestigio di un passato che non è più, che non può più tornare, che tutt'al più viene con venerazione, con riconoscenza se vi piace, relegato e conservato in un museo che pochi amatori o amici visitano. Se in ciò consistesse e a ciò si riducesse la tradizione, e se importasse il rifiuto o il disprezzo del cammino verso l'avvenire, si avrebbe ragione di negarle rispetto e onore, e sarebbero da riguardare con compassione i sognatori del passato, ritardatari in faccia al presente e al futuro, e con maggior severità coloro, che, mossi da intenzione meno rispettabile e pura, altro non sono che i disertori dei doveri dell'ora che volge così luttuosa.

“Ma la tradizione è cosa motto diversa dal semplice attaccamento ad un passato scomparso; è tutto l'opposto di una reazione che diffida di ogni sano progresso. Il suo stesso vocabolo etimologicamente è sinonimo di cammino e di avanzamento. Sinonimia, non identità. Mentre infatti il progresso indica soltanto il fatto del cammino in avanti passo innanzi passo, cercando con lo sguardo un incerto avvenire; la tradizione dice pure un cammino in avanti, ma un cammino continuo, che si svolge in pari tempo tranquillo e vivace, secondo le leggi della vita, sfuggendo all'angosciosa alternativa: 'Si jeunesse savait, si vieillesse pouvait!' [Se la gioventù sapesse, se la vecchiaia potesse]; simile a quel Signore di Turenne, di cui fu detto: 'Ha avuto nella sua gioventù tutta la prudenza di un'età avanzata, e nell'età avanzata tutto il vigore della gioventù' (Fléchier, Oraison funèbre, 1676). In forza della tradizione, la gioventù, illuminata e guidata dall'esperienza degli anziani, si avanza di un passo più sicuro, e la vecchiaia trasmette e consegna fiduciosa l'aratro a mani più vigorose che proseguono il solco cominciato. Come indica col suo nome, la tradizione è il dono che passa di generazione in generazione, la fiaccola che il corridore ad ogni cambio pone in mano e affida all'altro corridore, senza che la corsa si arresti o si rallenti. Tradizione e progresso s'integrano a vicenda con tanta armonia, che, come la tradizione senza il progresso contraddirebbe a se stessa, così il progresso senza la tradizione sarebbe una impresa temeraria, un salto nel buio.

“No, non si tratta di risalire la corrente, di indietreggiare verso forme di vita e di azione di età tramontate, bensì, prendendo e seguendo il meglio del passato, di avanzare incontro all'avvenire con vigore di immutata giovinezza”. 71

 

c) Importanza e legittimità delle élites tradizionali

 

La ventata di demagogico ugualitarismo che pervade tutto il mondo contemporaneo crea un'atmosfera di antipatia verso le élites tradizionali. Ciò accade in buona misura appunto per via della fedeltà che hanno mantenuto alla tradizione. In questa antipatia viene commessa una grave ingiustizia, purché tali élites intendano rettamente la tradizione:

“Ma così procedendo, la vostra vocazione splende già delineata, grande e laboriosa, che dovrebbe meritarvi la riconoscenza di tutti e rendervi superiori alle accuse che vi fossero rivolte dall'una o dall'altra parte.

“Mentre voi mirate provvidamente ad aiutare il vero progresso verso un avvenire più sano e felice, sarebbe ingiustizia ed ingratitudine il farvi rimprovero e segnarvi a disonore il culto del passato, lo studio della sua storia, l'amore delle sante costumanze, la fedeltà irremovibile ai princìpi eterni. Gli esempi gloriosi o infausti di coloro, che precedettero l'età presente, sono una lezione e un lume dinanzi ai vostri passi; e già fu detto a ragione che gli insegnamenti della storia fanno dell'umanità un uomo sempre in cammino e che mai non invecchia. Voi vivete nella società moderna non quasi come emigranti in Paese straniero, ma come benemeriti e insigni cittadini, che intendono e vogliono lavorare e collaborare coi loro contemporanei, affine di preparare il risanamento, la restaurazione e il progresso del mondo”. 72

 

 




66 Cfr. Documenti VI.



67 PNR 1944pp. 177-178.



68 PNR 1942p. 345.



69 PNR 1944p. 178.



70 Il termineRivoluzione” è qui impiegato nel senso attribuitogli nel mio saggioRivoluzione e Contro-Rivoluzione”. Esso designa un processo iniziato nel secolo XV tendente a distruggere la Civiltà cristiana e stabilire un ordinamento diametralmente opposto. Fasi di questo processo sono state la pseudo-Riforma protestante, la Rivoluzione francese e il Comunismo nelle sue molteplici varianti e nella sua sottile metamorfosi del nostro tempo.



71 PNR 1944pp. 178-180; Cfr. Documenti VI.



72 PNR 1944, p. 180.

Non pensi il lettore che, con questo saggio consiglio, Pio XII ometta i gravi pericoli derivanti dalla sopravvalutazione della tecnica moderna. Infatti ecco quanto insegna al riguardo:

“Tuttavia sembra innegabile che la stessa tecnica, giunta nel nostro secolo all'apogeo dello splendore e del rendimento, si tramuti per circostanze di fatto in un grave pericolo spirituale. Essa sembra comunicare all'uomo modernoprono davanti al suo altare, un senso di autosufficienza e di appagamento delle sue aspirazioni di conoscenza e di potenza sconfinate. Con il suo molteplice impiego, con l'assoluta fiducia che riscuote, con le inesauribili possibilità che promette, la tecnica moderna dispiega intorno all'uomo contemporaneo una visione così vasta da essere confusa da molti con l'infinito stesso. Le si attribuisce per conseguenza una impossibile autonomia, la quale a sua volta si trasforma nel pensiero di alcuni in un'errata concezione della vita e del mondo, designata con nome di 'spirito tecnico', ma in che cosa questo esattamente consiste? In ciò, che si considera come il più alto valore umano e della vita trarre il maggior profitto dalle forze e dagli elementi della natura; che si fissano come scopo, a preferenza di tutte le altre attività umane, i metodi tecnicamente possibili di produzione meccanica, e che si vede in essi la perfezione della cultura e della felicità terrena” (Radiomessaggio natalizio al mondo del 1953, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, Tipografia Poliglotta Vaticana, vol. XV, p. 522).






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