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Pius PP. VI
Constantiam vestram

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Capp. I-III

1. Tutto il mondo ha ammirato la Vostra costanza nel conservare l’unità della Chiesa e nel soffrire tanti travagli per la Fede Cattolica, e Noi, nel pastorale ufficio del Nostro Apostolato, abbiamo sempre cercato di rinvigorirla, non con una, ma con molte testimonianze della Nostra paterna sollecitudine. Infatti nessuna vostra lettera giunse a Noi, senza che da Noi non sia sempre stato ordinato da rispondere, in maniera da farvi comprendere contemporaneamente quanto ammirassimo la vostra virtù, da quanto dolore fossimo angustiati per le gravissime tribolazioni dalle quali eravate colpiti e quanto ardentemente ci adoperassimo per consolarvi, per confortarvi con la virtù del Nostro Signore Gesù Cristo e per incoraggiare i vostri animi.

2. Se vi fu mai espresso prima d’ora l’amor paterno che nutriamo per Voi e per gli altri invitti Confessori della Fede, Nostri Venerabili Fratelli, molto più crediamo di dovervelo significare ora, poiché vediamo che Voi, quasi dimentichi delle grandi e durevoli sciagure, vi trovate in tanta afflizione e in tanto timore a causa di esse, in forza delle quali Dio, per sua somma misericordia, Ci ha resi degni di operare la Nostra salvezza. Tuttavia, se nel Nostro pericolo temete un rischio per la Chiesa, Noi lodiamo sì la Vostra sollecitudine ma comprendiamo anche la violenza di quella tribolazione dalla quale siete oppressi e che fa sì che, secondo le tante promesse di Dio, la Chiesa non verrà mai meno: tuttavia, affinché nel Nostro pericolo non abbiate a preoccuparvi del pericolo di essa, sappiate che attraverso le tribolazioni la Chiesa fiorirà sempre più in futuro. Se i Nostri patimenti Vi danno pena per il travaglio da cui pensate che l’animo Nostro sia tormentato in questo esilio, siamo grati alla Vostra carità verso di Noi; tuttavia Vi scongiuriamo con l’Apostolo: "Non angustiatevi per Noi, non perdetevi d’animo per le nostre tribolazioni". Infatti non può accadere che, pur in mezzo a tante avversità, veniamo distrutti da qualche angoscia, poiché sappiamo che non può esservi in nessuna cosa tanta gloria quanto in questi travagli dai quali, con il permesso di Dio, siamo colpiti.

3. Parlando di gloria, non intendiamo quella che da Dio è promessa a coloro che, scacciati, spogliati, vilipesi, ingiuriati dagli uomini patiranno persecuzione per il nome di Cristo; costoro, senza perdere neppure un capello del capo, avranno in cielo una copiosa mercede, e nemmeno parliamo di quella gloria che ben sapete essere riservata a coloro la vita dei quali ora è giudicata follia e la morte disonorata: tuttavia avranno il loro posto fra i santi e saranno annoverati fra i figli di Dio; ma parliamo di quella gloria di cui Dio ci ricolma in questo medesimo tempo, nel quale, soffrendo tante sciagure e tante contumelie, siamo divenuti spettacolo al mondo, agli Angeli e agli uomini per amore di Cristo.




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