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| Pius PP. VI Constantiam vestram IntraText CT - Lettura del testo |
4. Infatti, anche se la mano del Signore è così pesante sul Nostro capo per riprenderci e castigarci, che cosa di più glorioso per Noi di questa tribolazione? Sebbene noi siamo giustamente afflitti per i nostri peccati, tuttavia per mezzo delle afflizioni conosciamo assai bene di essere amati da Dio e, ancorché peccatori, di essere riconosciuti come figli da quel sommo amorosissimo Padre della misericordia, come dice l’Apostolo: "Dio flagella e castiga colui che egli ama; flagella anche il figlio". E se per mezzo di questa tentazione, alla quale Dio permette che Noi siamo sottoposti, vuole sperimentare la Nostra Fede e la Nostra perseveranza, quanto grande del pari è la Nostra gloria? Infatti, per mezzo di questa tentazione possiamo sperare, nonostante la Nostra indegnità, di non essere discari ma accetti a Dio, dato che leggiamo: "Come col fuoco si prova l’oro, così si provano gli uomini accetti nella fornace della tentazione (né ciò col proposito che ci perdiamo nella tentazione), ma affinché la prova nella Nostra fede divenga più preziosa di quell’oro che si prova col fuoco".
5. Con questo pensiero, Venerabili Fratelli, Dio consola mirabilmente e rinvigorisce la Nostra debolezza, tanto che non solo sopportiamo le presenti tribolazioni, ma desideriamo poterne sopportare altre di gran lunga maggiori; per la giustizia e per Cristo dobbiamo sopportarle e dobbiamo esercitarci perché, come figli non discari a Dio, tutti questi sacrifici non sono diretti alla perdizione della Nostra anima ma alla Nostra correzione e alla Nostra confermazione.
6. Se poniamo mente non solo al Nostro "particulare" ma anche al comune vantaggio della Chiesa, Ci manca forse il modo con il quale animarci a sostenere queste calamità non solo con grande rassegnazione, ma anche con gaudio e con rendimento di grazie? Voi Non siete tali, Venerabili Fratelli, ai quali si debba insegnare da parte Nostra quanto siano stati alieni, anzi contrari all’umana ragione, i principi sui quali fondò la Chiesa (e la estese a quel grado di ampiezza cui, con stupore, la vediamo giunta) Colui che per dimostrare la forza della sua onnipotenza scegli le cose deboli per confondere le forti. Voi ben sapete come Egli volle che dalla Croce e dai supplizi la Chiesa avesse inizio; dalla contumelia la gloria; dalle tenebre degli errori la luce; dal conflitto gli accrescimenti; dalle perdite e dalle stragi la stabilità; essa non fu mai più gloriosa di quando gli uomini si sono sforzati di oscurarla; né mai più sicura di quando, in mezzo alle più funeste procelle delle persecuzioni, fu con maggior pericolo percossa dai suoi nemici. Perciò dai Santi Padri essa è stata paragonata con ragione a quell’Arca di Noè, che tanto più sicuramente si sollevava sulle onde del mondo naufragante quanto più sembrava agitata e minacciata di affondare per la violenza di piogge e di venti sempre più furiosi. Vi è noto altresì che, travagliata senza tregua per trecento anni, dopo aver sopportato rapine, contumelie, carcere, catene, esilii, tormenti, incendi e carneficine, aspersa del sangue di quasi tutti i Pontefici, di Vescovi e di innumerevoli Martiri, con la sua fede, con la sua tolleranza, con la sua mansuetudine stancò la crudeltà dei tiranni, estinse la superstizione e, vincitrice da un mare all’altro, dilatò la gloria della Croce e fece sì che i confini della Religione fossero quegli stessi che ha l’orbe terracqueo. "La fede della Chiesa – scrisse Sant’Ambrogio – non vinse le popolazioni feroci, né nei conflitti bellici fugò le torme ostili con la spada, ma con la mansuetudine e con la fede sottomise le terre dei nemici. Infatti solo la fede combatté e per questo meritò i trionfi perché la Chiesa non viene vinta dalle persecuzioni, ma ne trae accrescimento".