Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Pius PP. VI Quod aliquantum IntraText CT - Lettura del testo |
1. Costretti dalla natura della cosa, molto seria e importante per se stessa, e altresì dalla eccessiva molteplicità di urgentissimi affari, abbiamo dovuto, Diletti Figli e Venerabili Fratelli Nostri, differire alquanto la risposta, che ora diamo alla lettera speditaci in data 10 ottobre, e sottoscritta da molti rispettabili Colleghi vostri. Leggendola, Noi ci sentimmo rinnovare purtroppo nell’animo quell’immenso e inconsolabile dolore che già ci aveva altamente penetrati fin dal momento in cui Ci giunse la notizia che codesta vostra Assemblea Nazionale, convocata per fare piani di pubblica economia, si era inoltrata nei suoi Decreti al punto di attaccare anche la Religione Cattolica. Poiché la maggior parte dei componenti veniva a lanciarsi ormai con violenza sul medesimo Santuario, Ci parve bene sulle prime, trattandosi di persone assai sconsiderate e sconsigliate, serbar silenzio con esse per timore che, irritate dalla voce della verità non si lasciassero trasportare maggiormente ad eccessi anche molto peggiori. E giustificato era questo Nostro silenzio dalla autorità di San Gregorio il Grande il quale ci lasciò scritto "doversi bilanciare con discrezione e prudenza le circostanze dei tempi e delle vicende, cosicché non si adoperino mai inutilmente le parole, ove sia più vantaggioso il tacere". Rivolgemmo per altro nel tempo stesso le Nostre parole e le suppliche a Dio, e intimammo ben tosto che si facessero preghiere pubbliche al fine d’impetrare dall’Altissimo a codesti nuovi legislatori tal lume e grazia, per cui si risolvessero di rinunciare ai dettami della filosofia di questo secolo, e si rimettessero sulle orme di ciò che detta e consiglia la Religione, e stessero in esse ben saldi. In questa Nostra determinazione avemmo l’occhio e il pensiero all’esempio di Susanna, la quale al dire di Sant’Ambrogio "più oprò tacendo, che non se avesse parlato; atteso che tacendo dinanzi agli uomini parlò col suo Dio; la coscienza e il cuore di lei favellavano, benché non si udisse sillaba dalla sua bocca, né cercava di avere a sé favorevole il giudizio degli uomini, lei che aveva Iddio stesso per testimonio".
2. Non tralasciammo nondimeno di convocare il 29 marzo dello scorso anno i Venerabili Fratelli Nostri Cardinali della S.R.C. in Concistoro per comunicare loro quanto costì erasi cominciato a disegnare contro la Religione Cattolica, e dividendo con essi l’acerbità del Nostro cordoglio invitarli a piangere ed a pregare con Noi. Mentre appunto così si faceva, inaspettatamente Ci viene significato che verso la metà del mese di luglio dalla Assemblea Nazionale Francese (sotto il nome di Assemblea Noi qui per ogni altra volta Ci protestiamo di intendere quella sola parte che in essa è superiore di numero) era stato emanato un Decreto con cui, sotto il titolo e il pretesto di una Costituzione Civile del Clero, si procedeva realmente a perturbare e a rovesciare i Dogmi più sacrosanti, e la Disciplina Ecclesiastica più ferma e assodata; venivano aboliti i diritti di questa Prima Sede, dei Vescovi, dei Sacerdoti, dei Regolari dell’uno e dell’altro sesso, e di tutta quanta la Comunione Cattolica; si sopprimevano i Sacri Riti, si metteva la mano sulle rendite e i fondi Ecclesiastici; insomma, ne derivavano tanti mali che sarebbe impossibile credere, quando non si vedessero comprovati purtroppo dall’esperienza.
3. Udendo tali cose, l’animo Nostro non poté certamente non inorridire, specialmente poi quando leggemmo il tenore dello stesso Decreto: a Noi avvenne non altrimenti di quello che succedette un tempo a Gregorio Magno, predecessore Nostro, a cui, essendo stato mandato dal Vescovo di Costantinopoli un libro per averne il giudizio, appena ne ebbe scorse le prime pagine protestò di avere in esso trovato un manifesto veleno d’iniquità. Somma era perciò ed incredibile l’afflizione che Ci teneva oppresso il cuore, quand’ecco sulla fine d’agosto Ci viene presentata una lettera del carissimo Nostro Figlio in Gesù Cristo il Re Cristianissimo Luigi, con la quale egli insistentemente Ci pregava di volere con l’autorità Nostra approvare, almeno a titolo di precauzione, i cinque articoli che nell’Assemblea Nazionale erano stato fissati, e che egli con la sua Reale Sanzione aveva già confermati. Ci fu facile constatare che tali articoli erano contrari alle regole dei Canoni; nondimeno giudicammo espediente il rispondere al Re, con la maggiore piacevolezza, che quegli Articoli sarebbero da Noi sottoposti all’esame di una Congregazione di venti Cardinali, ciascuno dei quali avrebbe espresso per iscritto il proprio parere. Noi stessi Ci saremmo poi presi l’incarico di esaminare le opinioni e di meditarle accuratamente, come l’importanza della materia esigeva. Frattanto con altra privata e familiare lettera Noi esortammo il Re perché vedesse di indurre tutti i Vescovi del Regno a spiegare apertamente i propri sentimenti, e insieme proporre a Noi quei migliori partiti ed espedienti in cui essi si trovassero concordi, e informarci distintamente e chiaramente di quanto poteste a Noi essere sconosciuto, tenuto conto della distanza da codesti luoghi, affinché non ne derivasse pericolo o danno alcuno alla Nostra coscienza. Da allora, fino ad ora, non Ci è giunta da voi spiegazione veruna, come desideravamo, sul modo con cui procedere in tali emergenze. Soltanto Ci son pervenute, in istampa, Lettere Pastorali, Sermoni ed Esortazioni di alcuni Vescovi, pieni certamente dello Spirito del Vangelo, ma scritti da ciascuno per la sua particolare Diocesi, senza nulla esprimere o additare della maniera con cui, a parer loro, dovessimo Noi regolarci: maniera, per altro, e regolamento indispensabilmente richiesti dalla urgente necessità e dal grave pericolo in cui vi trovate. Abbiamo bensì ricevuto – è già qualche tempo – una vostra esposizione manoscritta, e poi anche stampata, sopra i principi della Costituzione del Clero: nelle prime pagine di essa sono riportati molti Decreti della Assemblea Nazionale, accompagnati da molte riflessioni sulla loro invalidità ed ingiustizia. Nello stesso tempo Ci è stata consegnata una lettera del Re Cristianissimo, con cui egli chiede che da Noi si dia l’approvazione, da valere per qualche tempo, a sette articoli dell’Assemblea Nazionale quasi simili a quei primi cinque trasmessici nel mese d’agosto, e insieme Ci ragguaglia dell’angustia, in cui si trova per dover firmare con la sua Regia Sanzione un nuovo Decreto esecutivo emanato il 27 novembre, in forza del quale i Vescovi, i Vicari, i Parroci, i Rettori dei Seminari ed altre persone che hanno uffizio e carica Ecclesiastica devono prestare, entro un determinato tempo, al Consiglio Generale delle Municipalità il giuramento di osservare la Costituzione; nel caso in cui non lo facciano, vengono minacciati di gravissime pene. Nonostante ciò, poiché già in precedenza dichiarammo di non volere sopra questi articoli proferire il Nostro giudizio senza che prima la maggior parte almeno dei Vescovi Ci abbia chiaramente e distintamente comunicato il proprio parere, così torniamo anche adesso a ripeterlo risolutamente e costantemente.
4. Il Re, fra le altre cose, richiede da Noi che con la Nostra esortazione procuriamo d’indurre i Metropolitani e i Vescovi a prestare il loro consenso alla divisione e alla soppressione di Chiese Metropolitane e di Vescovati, e altresì, per modo almeno di precauzione, che da parte Nostra si permetta che in luogo delle forme Canoniche osservate fin qui dalla Chiesa nelle erezioni di nuovi Vescovati basti al presente la sola autorità dei Metropolitani e dei Vescovi; in conformità del nuovo metodo da tenersi nelle elezioni, presentino essi stessi i soggetti per le Cure vacanti, purché non siavi ostacolo in materia di costumi e di dottrina in quelli che si vogliono eleggere. Dalle stesse domande che il Re Ci fa espressamente, si comprende benissimo che egli medesimo conosce doversi in simili casi ricercare il sentimento dei Vescovi, ed essere cosa ben giusta che da Noi non si decida nulla senza averli prima sentiti. Il vostro consiglio adunque desideriamo e chiediamo, ma in modo che il vostro parere, i regolamenti e il metodo siano individualmente espressi, e da tutti, o dalla maggior parte di Voi, sottoscritti, onde a questo saldissimo monumento appoggiati Ci possiamo regolare e procedere nelle nostre consultazioni, in modo che il giudizio che proferiremo venga ad essere salutare e convenientemente adatto sia a Voi, sia al Cristianissimo Regno.
5. Mentre stiamo in attesa di ottenere questo da Voi, Ci prenderemo frattanto il carico di esaminare tutti gli articoli della Costituzione Nazionale; ad alleggerircelo in qualche parte giova ciò che nella vostra lettera Ci avete esposto. Primieramente se si leggono gli atti del Concilio di Sens, che fu incominciato nell’anno 1327 contro gli errori dei Luterani, non può giudicarsi immune dalla taccia di eresia ciò che serve di base e di fondamento al decreto nazionale di cui ora si tratta. Quel Concilio si spiegò in questi termini: "Dopo questi ignoranti uomini uscì fuori Marsilio da Padova con un pestifero libro intitolato Il Difensore della pace, che a danno del popolo cristiano è stato dato recentemente alle stampe dai Protestanti. Egli, perseguitando ostilmente la Chiesa ed empiamente adulando i Principi terreni, toglie ai Prelati ogni esteriore giurisdizione, salvo quella che sia stata loro concessa dal Magistrato secolare. Asserisce inoltre che in ogni Sacerdote, o semplicemente tale, oppure Vescovo, o Arcivescovo, o anche Papa, è ugualissima in tutti l’autorità per istituzione divina, e se nel Sacerdozio si dà in alcuni maggioranza d’autorità sopra altri, egli pretende che ciò provenga dalla gratuita concessione del Principe laico, concessione per conseguenza revocabile ad arbitrio di chi l’ha fatta. Ma a reprimere lo strano furore di questo delirante eretico bastano le sacre scritture, da cui manifestamente rilevasi che non già dall’arbitrio del Principe dipende l’ecclesiastica potestà, ma bensì dal Divino diritto, in forza del quale la Chiesa ha la facoltà di stabilire leggi per la salute dei fedeli, e di punire con legittime censure i ribelli. Dalle medesime sacre scritture appare chiarissimo che la potestà ecclesiastica non solamente è superiore a qualunque altra laicale potestà, ma è anche più degna. Per altro questo Marsilio e gli altri sopra citati eretici, che empiamente si sono scagliati contro la Chiesa, tentano tutti a gara di diminuire in qualche parte l’autorità di lei".