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Pius PP. VI
Quod aliquantum

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Capp. XXI-XXV

21. Noi dovremmo infine conoscere in precedenza come sentano tale novità i popoli, i quali vengono privati del vantaggio di andare con maggiore rapidità e comodo dal proprio Pastore. A causa della mutata, o piuttosto rovesciata Disciplina, segue un’altra novità, cioè l’introduzione di una nuova maniera di elezioni vescovili: una nuova maniera, con cui viene infranta e violata la solenne convenzione, ossia il Concordato già stabilito fra il Pontefice Leone X e il Re Francesco I e dal Concilio Generale Lateranense V approvato, in cui si promette una vicendevole e fedele osservanza dei patti, come di fatto già da duecentocinquantanni si è praticato costantemente; perciò a ragione tale Concordato si reputa come legge del Regno. In esso si era convenuto fra le parti della maniera di conferire i Vescovati, le Prelature, i Monasteri e i Benefici. Trascurando ora tale Concordato, si determina da codesta Assemblea che da qui innanzi i Vescovi siano eletti dal popolo di ciascun Distretto, o Municipalità. Con siffatta determinazione sembra che codesta Assemblea abbia voluto abbracciare le false opinioni di Lutero e di Calvino, seguite poi dall’apostata di Spalato. Costoro affermavano essere di Gius Divino che i Vescovi venissero eletti dal popolo; opinione che è facilissimo definire erronea se noi riandiamo con la memoria alle antiche elezioni. Infatti Mosè, per incominciare da lui, stabilì Aaron in Pontefice senza voto e consiglio della moltitudine, e dopo Aaron, Eleazaro; Gesù Cristo, Signore Nostro, senza intervento del popolo elesse prima i dodici Apostoli, poi settantadue Discepoli. Così, senza intervento del popolo, San Paolo fece Vescovo d’Efeso Timoteo, Tito dell’Isola di Creta, e Dionigi Areopagita, che l’Apostolo volle ordinare con le sue mani, Vescovo di Corinto. San Giovanni poi, senza alcun consenso della plebe, diede a Smirne per Vescovo Policarpo, e sono pressoché innumerabili quelli che furono mandati per sola scelta degli Apostoli a popoli lontani e infedeli nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, in Asia e nella Bitinia a governare in qualità di Pastori le Chiese dagli stessi Apostoli fondate. Una tal maniera di elezioni, quanto vera e giusta sia, lo dimostrano anche i sacrosanti Concilii, come il Laodiceno I e il Costantinopolitano IV. Sant’Atanasio creò Vescovo degli Indiani Frumenzio in una riunione di Sacerdoti all’insaputa del popolo. San Basilio elesse in un suo Sinodo per Vescovo di Nicopoli Eufronio senza alcuna richiesta e consenso dei cittadini e del popolo. San Gregorio II ordinò Vescovo in Germania San Bonifazio, senza che ne sapessero nulla, o se lo immaginassero, neppure i Germani. Lo stesso Valentiniano Augusto, essendogli stata proposta dai Vescovi l’elezione del Vescovo di Milano, rispose: "Questo è un affare troppo superiore alle mie forze. Voi sì, che siete ripieni della grazia Divina e avete attinto allo Spirito Divino, potrete scegliere meglio di me". L’opinione di Valentiniano dovrebbe essere a maggior ragione sentita e dichiarata dai Dipartimenti della Francia, ed abbracciata dai Principi Cattolici. Contro ciò che abbiamo fin qui esposto, si oppone da Lutero, da Calvino e dai loro seguaci l’esempio di San Pietro, il quale, alzandosi in mezzo ai fratelli (il numero delle persone adunate era di circa centoventi) così disse: "Bisogna che di questi uomini, i quali sono qui con noi radunati, se ne elegga uno a ricevere il posto del Ministero e dell’Apostolato, da cui Giuda traviò". Ma inutilmente essi si oppongono, in quanto, innanzi tutto, Pietro non lasciò all’Adunanza la libertà di scegliere chiunque le fosse piaciuto, ma prescrisse, e indicò che l’elezione dovesse cadere sopra uno di coloro che ivi erano raccolti. Inoltre fanno svanire ogni contraria eccezione le seguenti parole di Crisostomo: "Che dunque? Non poteva Pietro scegliere di per se stesso? Poteva certamente, ma per non sembrare che concedeva favori, egli se ne astenne". Al che danno maggior forza anche le altre azioni di Pietro seguite successivamente.

22. È da leggere altresì la lettera di Sant’Innocenzo I al Vescovo di Gubbio, Decenzio. Dopo che per la violenza degli Ariani, favoriti dall’Imperatore Costanzo, si era cominciato a cacciare dalle loro sedi i Vescovi Cattolici, ed a sostituirli con seguaci dell’eresia Ariana (del che amaramente piange Sant’Atanasio), la necessità dei tempi costrinse a far intervenire il Popolo nelle elezioni dei Vescovi, affinché esso s’infiammasse di zelo per mantenere nella sua sede quel Vescovo, che ben sapeva essere stato eletto alla propria presenza. Ma non per questo il Clero decadde dal gius della elezione, la quale, è certo, gli appartenne sempre per speciale diritto di ragione; né mai s’intese che il gius delle elezioni fosse stato deferito al solo Popolo, come ora si pretenderebbe introdurre; i Romani Pontefici non consentirono mai che la loro autorità rimanesse inoperosa. Infatti San Gregorio il Grande spedì il suddiacono Giovanni come suo delegato a Genova, perché colà, dove si trovavano molti milanesi, esaminasse le loro opinioni e i loro pareri riguardo alla persona di Costanzo: se li avesse trovati perseveranti e propensi per lui, lo facesse consacrare Vescovo di Milano dai propri Vescovi con l’assenso dell’Autorità Pontificia. Ulteriormente, in una sua lettera a diversi Vescovi della Dalmazia comandò con l’autorità del Beato Pietro, Principe degli Apostoli, che non si arrogassero, senza il suo consenso e il suo permesso, d’imporre le mani ad alcuno nella città di Salona, né di ordinare alcuno a Vescovo di essa diversamente da come egli prescriveva; se mai avessero osato trasgredire, sarebbero stati privati della partecipazione del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo, e colui che fosse stato da loro ordinato, non sarebbe stato considerato Vescovo. Altresì, scrivendo a Pietro d’Otranto, essendo morti i Vescovi di Brindisi, di Lecce e di Gallipoli, gli ordinò di recarsi in quelle Diocesi, di visitarle, e di procurare che venissero sostituiti nel governo spirituale Sacerdoti degni di così gran Ministero, i quali poi si portassero dal Pontefice per poter essere consacrati. Ancora: in una lettera che egli scrive ai Milanesi, approva che essi, in luogo del defunto Vescovo Costanzo, abbiano eletto Diodato, e se nulla osta ai sensi dei vigenti Sacri Canoni, comanda che per sua Autorità venga solennemente ordinato.

23. San Nicolao I non cessò di riprendere il Re Lotario, perché procurava che nel suo Regno fossero promosse al Vescovato solamente persone sue favorite; perciò, con l’apostolica autorità, gl’ingiunse, se non voleva incorrere nello sdegno divino, di non permettere che alcuno venisse eletto ai Vescovati di Treviri e di Colonia prima che ne fosse stata data relazione al Pontificio Apostolato. Di più, Innocenzo III rigettò il Vescovo di Penna da poco creato, perché di proprio arbitrio era salito sul soglio vescovile prima di esservi chiamato dal Romano Pontefice. Similmente depose il Vescovo Corrado dalla sede di Hildesheim e di Wirtzburg, perché arrogantemente aveva preso possesso dell’una e dell’altra senza il permesso del Romano Pontefice. San Bernardo chiese umilmente al Pontefice Onorio II che si degnasse di confermare Alberico, eletto per voti al Vescovato di Catalogna; il che apertamente dimostra essersi riconosciuto anche dal Santo Abbate che non erano di alcun valore le elezioni dei Vescovi, se non interveniva l’approvazione apostolica.

24. Da ultimo, poiché erano continui le discordie, i tumulti e altri abusi, fu necessario escludere il Popolo dalle elezioni, e non ricercare né la testimonianza, né il desiderio di esso sulla Persona da eleggere. Ma se questa esclusione del Popolo venne provvidamente introdotta in tempi in cui si trattava di ammettere all’elezione soli Cattolici, che dovrà dirsi ora del Decreto dell’Assemblea Nazionale, in forza del quale, messo da parte il Clero, queste elezioni si affidano ai Dipartimenti della Francia, nei quali si trovano Ebrei, Eretici ed Eterodossi di vario genere? Per conseguenza, una non piccola parte di essi interverrebbe alle elezioni Vescovili, quindi ne seguirebbe ciò che altamente aborrì e non volle sopportare San Gregorio Magno, il quale in una sua lettera ai Milanesi così dichiarò: "Noi non concediamo il nostro consenso per una persona che non viene eletta dai Cattolici, e massime dai Longobardi... Poiché se si ordina uno che sia eletto da tali persone, egli si dimostra evidentemente un indegno Vicario di Sant’Ambrogio".

25. In questa maniera non solo si rinnoverebbero tutti i disturbi e gli scandali già da tanto tempo aboliti, ma verrebbero scelti quali Vescovi uomini che potrebbero avere per compagni e maestri della corruttela e dell’errore i loro elettori, o almeno occultamente nell’animo potrebbero coltivare sentimenti conformi a quelli di chi li elesse, come avverte San Girolamo, quando dice: "Errano talvolta la plebe e il volgo nel loro giudizio; nell’approvare i Sacerdoti favorisce ciascuno il proprio genio, e i propri costumi, e non cerca tanto di avere un buon Pastore, quanto di averlo simile a se medesimo". Da tali Vescovi poi, i quali entrassero da qualunque altra parte che non sia la porta, non si dovrebbe aspettare, anzi non si dovrebbe temere che danno per la Religione, dato che essi, impigliati nel laccio dell’inganno, non potranno mai correggere il Popolo? Certamente essi, chiunque siano, non avrebbero potestà alcuna di legare e di sciogliere, in quanto privi di legittima missione, e tosto sarebbero dichiarati fuori della comunione della Chiesa da questa Santa Sede, come sempre essa ha fatto in simili casi, e come anche al presente espressamente dichiara con pubblico Proclama a proposito di tutte le elezioni dei Vescovi di Utrecht.




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