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Pius PP. VI
Quod aliquantum

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Capp. XLI-XLV

41. Noi non vogliamo, e nessuno deve meravigliarsi, che presso alcuni Regolari possa essersi intiepidito talvolta, e illanguidito, lo spirito dei loro Istituti, e che essi non mantengano l’antica osservanza della disciplina loro prescritta. Ma per questo sono da abolire quegli Ordini Religiosi? Si ascolti in proposito la risposta data da Giovanni de Polemar nel Concilio di Basilea a Pietro Bayne che inveiva contro dei Regolari. Egli non negò che vi fossero fra i Regolari alcune cose meritevoli di riforma; aggiunse però che "sebbene presentemente le Religioni abbiano bisogno di riforma in molti punti, come l’avrebbero anche altri gruppi, nondimeno i Religiosi illustrano assai la Chiesa con le prediche e con la dottrina; nessuno che sia saggio, trovandosi in luogo oscuro, spegne la lucerna perché non fa lume chiaro, ma procura di eliminare quella parte di lucignolo che è arsiccia e impedisce il lume, e cerca di rassettare la lucerna meglio che può, perché infine è meglio che faccia un lume alquanto torbido, piuttosto che se fosse del tutto spenta". Tale ragionamento trae certo origine dall’altro che Sant’Agostino aveva tanto prima espresso con queste parole: "È forse da trascurare la medicina per questo, perché il malore di alcuni si è fatto insanabile?".

42. Pertanto, l’abolizione dei Regolari, che l’Assemblea Nazionale, plaudendo ai capricci degli Eretici, ha decretato, viene a ledere uno stato in cui si fa pubblica professione dei Consigli Evangelici, e un sistema di vita approvato dalla Chiesa come conforme alla dottrina degli Apostoli, e viene a ledere gli stessi insigni Fondatori, da Noi venerati sugli altari, i quali non senza divina ispirazione istituirono tali Ordini. Ma l’Assemblea Nazionale avanza anche più oltre, e con un suo Decreto del 13 febbraio 1790 stabilisce di non più riconoscere i voti solenni dei Religiosi, e per conseguenza dichiara che gli Ordini e le Congregazioni Religiose in cui si fanno tali voti s’intendono soppressi nella Francia, restino soppressi, né in avvenire possano mai essere ricostituiti. Ciò, che altro è se non mettere le mani sui voti maggiori e perpetui, e abolirli, il che appartiene soltanto all’Autorità Pontificia? "I voti maggiori poi, dice San Tommaso, cioè di continenza ecc. sono riservati al Sommo Pontefice". E siccome si tratta di una promessa fatta solennemente a Dio per nostro vantaggio, nel salmo 75 si legge:"Fate voti, e adempiteli per il Signore Dio Vostro",2 e nell’Ecclesiaste: "Se tu hai fatto qualche voto a Dio, non tardare ad adempierlo, poiché a lui dispiace un’infedele e stolta promessa; ma adempi tutto ciò di che avrai fatto voto".3

43. Inoltre, anche il Sommo Pontefice medesimo, quando indotto talvolta da particolari ragioni stima di dover concedere dispensa dai voti solenni, in ciò stesso non procede per proprio arbitrio, ma attraverso una dichiarazione. Né qui deve destare meraviglia alcuna che Lutero abbia insegnato "non doversi mantenere i voti che si sono fatti al Signore" dato che egli stesso fu un apostata e un disertore della sua Religione. Ma ad evitare ogni rimprovero e contestazione, a cui prevedevano di andare incontro, i membri dell’Assemblea Nazionale, in vista di tanti Religiosi dispersi, hanno ritenuto cosa saggia (nella loro mente) togliere ai Regolari, come di fatto lo hanno tolto, l’abito della loro professione, affinché non rimanesse alcun segno esterno dello stato anteriore da cui sono stati rimossi, e venisse abolita perfino la memoria dei loro Istituti. Gli Ordini dunque sono stati soppressi, tanto per invadere i loro beni, quanto perché non vi fosse più alcuno il quale trattenesse i popoli dall’errore e dalla scostumatezza. Questo artificio tanto reo e pestifero è descritto al vivo e condannato nel Concilio di Sens, che lodammo all’inizio:"Alle persone monastiche e ad altre obbligate ai voti lasciano tutta la libertà di vivere a capriccio, accordano loro la facoltà di deporre il velo, di gettar via la cocolla, di ritornare al secolo, e di apostatare, tentando ogni strada per togliere vigore ai Decreti dei Romani Pontefici, e anche alle Lettere Decretali e ai Canoni dei Concilii".

44. A quanto abbiamo ora detto circa i voti dei Religiosi bisogna aggiungere l’inumana sentenza proferita contro le sacre vergini, di rimuoverle cioè dai loro Chiostri, come fece Lutero, il quale (per usare le espressioni di Adriano VI) "non temette di contaminare quei vasi dedicati a Dio, e di estrarre dai loro Monasteri le vergini consacrate a Gesù Cristo, che avevano professato la vita monastica, e di restituirle al mondo, anzi al demonio, cui avevano prima abiurato". Eppure le monache (che sono poi la parte più illustre del Gregge Cattolico) spesso con le loro preghiere hanno tenuto lontani dalle città disastri gravissimi, come ricorda San Gregorio Magno essere avvenuto ai suoi tempi in Roma: "Se non ci fossero le vergini religiose, nessuno di noi avrebbe potuto sopravvivere per tanti anni in questo luogo tra le spade dei Longobardi". E Pio VI, parlando delle sue monache di Bologna, confessa "che quella Città già da molti anni oppressa sotto tante disgrazie non avrebbe potuto sussistere, se l’ira divina non fosse stata in parte placata dalle continue, fervorose orazioni delle nostre Religiose".

45. Intanto le Monache, che in Francia sono adesso nella massima desolazione, Ci destano in cuore gli affetti della più tenera pietà, massime che una gran parte di esse da tutte codeste Province Ci hanno significato con lettere il proprio affanno, perché viene loro impedito di perseverare nei propri Istituti e di osservare i voti solenni; insieme Ci hanno dichiarato di essere determinate e risolutissime a sottoporsi e a soffrire qualunque aspra cosa, piuttosto che recedere dalla loro vocazione. Quindi, o Diletti Figli e Venerabili Fratelli Nostri, non possiamo fare a meno di testimoniarvi nella più ampia maniera la loro costanza e fortezza, e di pregarvi con le più calde istanze a volerle animare con le vostre esortazioni e a porgere loro altresì, per quanto vi è possibile, ogni soccorso.




2 Sal 75,12.

3 Qo 5,3-4.




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