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Giuseppe il falegname

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XVI

[16, 1]"Guai a me, oggi! Guai al giorno in cui mia madre mi ha partorito in questo mondo! Guai al seno nel quale ricevetti il germe della vita! Guai alle mammelle dalle quali ho succhiato il latte! Guai ai piedi sui quali mi sono seduto! Guai alle mani che mi hanno sostenuto fino a quando divenni adulto, per diventare peccatore! [2] Guai alla mia lingua e alle mie labbra che così spesso si sono implicate nell'ingiuria, nella calunnia, nella detrazione, in parole vane dissipate, piene di inganno! Guai ai miei occhi che hanno guardato cose scandalose! Guai alle mie orecchie che si sono dilettate a udire discorsi frivoli! Guai alle mie mani che hanno preso quanto non apparteneva ad esse! Guai al mio stomaco e alle mie viscere che hanno avuto cupidigia di alimenti che non appartenevano ad essi! [3] Se quello trova qualcosa lo divora peggio di una fiamma di fornace ardente fino a renderlo inutile sotto ogni aspetto! Guai ai miei piedi che hanno servito male il mio corpo portandolo in vie non buone! Guai al mio corpo che ha ridotto deserta la mia anima e straniera per il Dio che l'ha creata!

[4] Che fare adesso? Sono stretto da ogni parte. Veramente, guai ad ognuno che peccherà. Veramente, lo stesso grande turbamento che vidi abbattersi su mio padre Giacobbe, allorché abbandonò il suo corpo, si impadronisce ora di me, infelice. Ma Gesù Dio, arbitro della mia anima e del mio corpo, compie su di me la sua volontà".




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