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Atti di Andrea

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XXX

[30, 1] Massimilla, moglie del proconsole Egea. Quando giunse nella città di Patrasso, dove il proconsole Egea era succeduto a Lisbio, gli si avvicinò una donna di nome Efidama, che si era convertita alla dottrina da un certo Sosia, discepolo di un apostolico e abbracciando i piedi del beato apostolo, disse: "Sant'Andrea, la mia signora Massimilla colpita da grande febbre, ti prega di andare da lei. Volentieri, infatti, desidera ascoltare la tua dottrina. Il proconsole, suo marito, sta davanti al lettuccio e, piangendo, tiene in mano la spada per trafiggersi non appena lei avrà esalato lo spirito".

Allora, preceduto da Efidama, andò nella camera dove giaceva la donna malata. Visto il preside, con la spada sguainata, disse: "Non farti alcun male ora. Metti la spada al suo posto. Verrà il tempo in cui sarà da sguainare per noi". Ma il preside non comprese nulla e fece posto a colui che si avvicinava.

[2] Giunto davanti al letto dell'inferma, l'apostolo fece una preghiera. Poi le prese una mano e subito la donna sudò abbondantemente, la febbre la lasciò e l'apostolo ordinò che le fosse dato da mangiare.

Il proconsole, infine, offrì al santo di Dio cento pezzi d'argento, il quale, però, non volle neppure guardarli.




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