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Apocalisse di Paolo

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Nuova visione del paradiso  

[45] Dopo, l'angelo mi disse: "Hai visto tutte queste cose?". Risposi: "Sì, signore". Egli proseguì: "Seguimi e ti condurrò in paradiso affinché ti vedano i giusti che colà si trovano; sperano, infatti, di vederti e sono pronti a venirti incontro con gioia ed esultanza".

Sotto l'impulso dello Spirito santo seguii l'angelo il quale, trasportandomi nel paradiso, mi disse: "Questo è il paradiso nel quale mancò Adamo e sua moglie".

Entrai nel paradiso e vidi l'origine delle acque. L'angelo mi fece un cenno e poi mi disse: "Guarda le acque! Questo è il fiume Fison, che avvolge tutta la regione di Evila, l'altro è il Ghion che avvolge tutta la regione d'Egitto e d'Etiopia, l'altro è il Tigri che è di fronte agli Assiri, e il quarto è l'Eufrate che irriga la regione della Mesopotamia".

Quando penetrai dentro vidi che c'era piantato un albero dalle cui radici scaturiscono acque: qui si trova l'inizio dei quattro fiumi. Su quell'albero riposava lo spirito di Dio, e quando lo spirito soffiava scaturivano le acque.

Domandai: "Signore, è questo stesso albero che fa scaturire le acque?". Mi rispose: "In principio, prima che apparissero il cielo e la terra, dato che tutte le cose erano invisibili, lo spirito di Dio si librava sulle acque; ma da quando per ordine di Dio apparve il cielo e la terra, lo spirito si posò su quest'albero. Perciò quando lo spirito soffia le acque scaturiscono dall'albero".

Mi prese poi per mano, mi condusse presso l'albero della conoscenza del bene e del male, e mi disse: "Questo è l'albero per mezzo del quale entrò nel mondo la morte: prendendone da sua moglie, Adamo ne mangiò e nel mondo entrò la morte".

Mi mostrò un altro albero in mezzo al paradiso, e mi disse: "Questo è l'albero della vita".

[46] Mentre io osservavo ancora l'albero, vidi che da lontano veniva una vergine, davanti alla quale duecento angeli cantavano inni. Io domandai: "Chi è, signore, costei che sta venendo con tanta gloria?". Mi rispose: "Questa è la vergine Maria, madre del Signore".

Quando giunse vicino, mi salutò dicendo: "Salve, Paolo, amatissimo da Dio, dagli angeli e dagli uomini! Tutti i santi supplicarono, infatti, il mio Figlio Gesù, il mio Signore, affinché tu venissi qui corporalmente per vederti prima che tu te ne andassi dal mondo. Il Signore rispose loro: "Aspettate e abbiate pazienza! Ancora un poco e lo vedrete e sarà poi eternamente con voi". Ma tutti insieme replicarono: "Non ci rattristare! Vogliamo vederlo mentre è tuttora nel corpo; da lui, infatti, ebbe molta gloria il tuo nome nel mondo e vediamo che egli ha sorpassato tutte le opere sia dei piccoli sia dei grandi. A quelli che vengono qui noi domandiamo: Chi è colui che vi ha guidato nel mondo? Ed essi ci rispondono: Nel mondo c'è uno che si chiama Paolo il quale annunzia e predica Cristo, e pensiamo che per la potenza e la dolcezza delle sue parole siano molti quelli che sono entrati in questo regno". Ecco che tutti i giusti sono qui dietro di me per venirti incontro.

A te, Paolo, dico ch'io sono la prima ad andare incontro a coloro che hanno fatto la volontà del Figlio mio e del mio Signore Gesù Cristo. Sono la prima ad andare incontro, non permettendo che siano come pellegrini fino a che incontrino in pace il mio diletto Figlio".

[47] Mentre lei stava ancora parlando vidi che da lontano venivano tre uomini: erano molto belli, avevano l'aspetto di Cristo, le loro forme erano raggianti, e con essi c'erano i loro angeli.

Io domandai: "Chi sono costoro, signore?". Mi rispose: "Non li conosci?". Risposi: "Non li conosco, signore". Mi disse: "Sono i padri del popolo: Abramo, Isacco e Giacobbe". Quando giunsero vicino, mi salutarono, dicendo: "Salve, Paolo, amatissimo da Dio e dagli uomini! Beato colui che, per amore del Signore, resiste alla violenza".

Abramo prese poi a dirmi: "Qui c'è mio figlio Isacco, e Giacobbe, il mio prediletto. Abbiamo conosciuto il Signore e l'abbiamo seguito. Beati tutti coloro che credettero alla tua parola! Con la sofferenza, l'abnegazione, la santità, l'umiltà, la carità, la mansuetudine e una fede retta nel Signore erediteranno il regno di Dio. Anche noi abbiamo avuto devozione verso il Signore, che tu predichi, con la promessa di assistere ogni anima che crede in lui e di servirla come i padri servono i loro figli".

Mentre essi stavano ancora parlando vidi che da lontano venivano dodici persone. Domandai: "Chi sono costoro, signore?". Mi rispose: "Questi sono i patriarchi". Quando giunsero vicino, mi salutarono, dicendo: "Salve, Paolo, amatissimo da Dio e dagli uomini! Il Signore non volle rattristarci e ci concesse di vederti mentre sei tuttora con il corpo, prima che tu esca dal mondo".

Ognuno, per ordine, mi manifestava il suo nome da Ruben fino a Beniamino. Giuseppe mi disse: "Io sono quello che fu venduto. Ma ti assicuro, Paolo, che per tutto ciò che i miei fratelli fecero contro di me, io non mi comportai mai maliziosamente verso di essi nonostante tutto il tormento che mi imposero; in nessuna cosa ho agito contro di essi dal mattino alla sera. Beato colui che è leso per amore del Signore e sa sopportare; il Signore lo ricompenserà in molti modi quando uscirà dal mondo".

[48] Mentre egli stava ancora parlando vidi che da lontano veniva una bella persona accompagnata dai suoi angeli al canto di inni. Io domandai: "Chi è, signore, costui dal bell'aspetto?". Mi disse: "Non lo conosci?". Risposi: "No, signore".

Rispose: "Questi è Mosè, il legislatore, al quale il Signore diede la Legge".

Quando mi giunse vicino, prese subito a piangere; poi mi salutò. Gli domandai: "Perché piangi? Ho udito che la tua mansuetudine supera quella di ogni altro uomo". Rispose: "Piango per coloro che piantai con molta fatica, giacché non portano frutto, né alcuno di loro agisce bene. Ho visto che tutte le pecore che pascolavo si sono disperse e sono diventate come se non avessero un pastore; tutte le fatiche che sostenni per i figli di Israele non valsero a nulla; tutti i prodigi che compii in mezzo a loro non li compresero; mi stupisco che stranieri, incirconcisi e cultori degli idoli si siano convertiti e abbiano avuto adito alle promesse di Dio, ed Israele non sia entrato.

Ti confesso, fratello Paolo, che nell'ora in cui il popolo appese Gesù, che tu predichi, il Padre, Dio di tutti, che mi diede la legge, Michele, tutti gli angeli e gli arcangeli, Abramo, Isacco, Giacobbe e tutti i giusti piansero sul Figlio di Dio, appeso alla croce. In quell'ora, tutti i santi fissavano gli sguardi su di me e dicevano: "Guarda, Mosè, che cosa fecero al Figlio di Dio quelli del tuo popolo!". Te beato, dunque, Paolo, e beata la generazione e la gente che credette alla tua parola!".

[49] Mentre egli stava ancora parlando giunsero altri dodici, e appena mi videro, dissero: "Sei tu Paolo celebrato in cielo e sulla terra?". Io domandai: "Chi siete voi?". Rispose il primo e disse: "Io sono Isaia, colui al quale Manasse segò la testa con una sega di legno". Il secondo disse: "Io sono Geremia: fui lapidato e ucciso dai figli di Israele". Il terzo disse: "Io sono Ezechiele, colui che i figli di Israele trascinarono per i piedi su di un monte pietroso fino a farne schizzare fuori il cervello. Tutti questi dolori li sopportammo con la volontà di salvare i figli di Israele. Ti assicuro che dopo i dolori che mi facevano sopportare mi prostravo bocconi al cospetto del Signore pregando per loro e curvavo le mie ginocchia fino alla seconda ora del giorno del Signore, quando veniva Michele e mi sollevava da terra. Te beato, Paolo, e beata la gente che credette per mezzo tuo!".

Mentre questi se ne andavano, vidi un altro dal bell'aspetto. Domandai: "Chi è costui, signore?". Quello, intanto, appena mi vide gioì. L'angelo mi rispose: "Costui è Lot, colui che a Sodoma fu trovato giusto". Avvicinatosi mi salutò, dicendo: "Te beato, Paolo, e beata la generazione nella quale hai svolto il tuo ministero". Io risposi: "Sei tu Lot, colui che in Sodoma è stato trovato giusto?". Mi rispose: "Io accolsi gli angeli peregrini in casa mia e allorché quelli della città volevano abusare di loro, offrii loro le mie due figlie vergini, che ancora non conoscevano uomo, e dissi loro: "Servitevi di loro come volete, ma non fate però alcun male a questi uomini"; per questo appunto entrarono sotto il tetto di casa mia. Perciò dobbiamo avere fiducia e sapere che Dio ricompenserà abbondantemente ognuno per quello che ha compiuto, allorché si andrà da lui. Te beato, Paolo, e beata la gente che credette alla tua parola".

Quando ebbe finito di parlare vidi che da lontano stava venendo un altro molto bello d'aspetto, sorridente, e con lui i suoi angeli al canto di inni. Domandai all'angelo che era con me: "Ogni giusto, dunque, ha per compagno un angelo?". Mi rispose: "Ogni santo ha il proprio assistente che canta inni, e uno non s'allontana mai dall'altro".

Domandai: "Chi è costui, signore?". Rispose: "Costui è Giobbe". Avvicinatosi, mi salutò e disse: "Fratello Paolo, presso Dio e presso gli uomini grande è la tua lode! Io sono Giobbe. Soffersi molto, per un periodo di trent'anni, a causa di una piaga purulenta. All'inizio le pustole che si propagavano nel mio corpo erano come un chicco di frumento; ma nel terzo giorno divennero come la zampa di un asino, e i vermi che cadevano avevano la lunghezza di quattro dita; per tre volte mi apparve il diavolo e mi disse: " una qualche parola contro il Signore, e morrai". Io gli risposi: "Se è volontà di Dio ch'io resti con questa piaga per tutto il tempo della mia vita, fino alla morte, non cesserò di benedire il Signore Dio, e ne avrò una ricompensa maggiore. So che le sofferenze di questo mondo sono un nulla rispetto al refrigerio che verrà dopo". Perciò, beato te, Paolo, e beata la gente che crederà per mezzo tuo".

[50] Mentre egli ancora parlava, venne un altro da lontano gridando: "Beato te, Paolo, e beato anch'io che ho visto te, amato dal Signore".

Io domandai all'angelo: "Chi è costui, signore?". Mi rispose: "Costui è Noè, quello del tempo del diluvio". Subito ci salutammo l'un l'altro. Strapieno di gioia, mi domandò: "Tu sei Paolo, amatissimo da Dio?". Io gli domandai: "Tu chi sei?.". Mi rispose: "Io sono Noè, quello del tempo del diluvio. A te, Paolo, dico che per cento anni lavorai all'arca: non deposi la tunica che indossavotagliai i capelli del mio capo; osservai la continenza al punto che non mi avvicinai neppure a mia moglie; in quei cent'anni i capelli del mio capo non crebbero, né si sporcarono le mie vesti. In quel tempo scongiuravo gli uomini dicendo: "Pentitevi! Verrà, infatti, su di voi un diluvio di acque". Ma essi mi schernivano e deridevano le mie parole e mi ripetevano: "Questo tempo è per quelli che possono divertirsi e vogliono peccare a volontà; ora è possibile fornicare a piacimento. Dio, infatti, non guarda questo, non sa quello che si fa da noi uomini; inoltre non c'è alcun diluvio d'acqua che stia per venire in questo mondo". Non cessarono dai peccati fino a quando Dio non distrusse ogni carne che aveva in sé uno spirito vitale. Sappi, comunque, che Dio ama più un giusto che un intero mondo di empi. Perciò, te beato, Paolo, e beata la gente che credette per opera tua".

[51] Voltandomi vidi altri giusti venire da lontano. Domandai all'angelo: "Chi sono costoro, signore?". Mi rispose: "Questi sono Elia ed Eliseo".

Mi salutarono, e io domandai loro: "Chi siete voi?". Uno di loro mi rispose: "Io sono Elia, profeta di Dio. Io sono Elia che pregò e per la mia parola non piovve per tre anni e sei mesi, a causa delle ingiustizie degli uomini. Dio è giusto e verace, e compie la volontà dei suoi servi. Spesso, infatti, gli angeli pregarono il Signore per ottenere la pioggia, ed egli rispondeva: "Abbiate pazienza fino a quando il mio servo Elia pregherà e supplicherà per questo: allora io manderò la pioggia sulla terra..."".

 




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