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Paolo Atti di Paolo IntraText CT - Lettura del testo |
Lei rese questa e altre testimonianze ed esortava sua madre, ma questa non volle credere a quanto le diceva la martire Tecla. Visto che non riusciva a nulla, Tecla segnò tutto il suo corpo con il segno della croce, uscì dalla porta e si recò a Dafne.
Entrata nella tomba ove era stato trovato Paolo con Onesiforo, vi si prostrò e scoppiò in lacrime davanti a Dio. Poi uscì e si recò a Seleucia condotta da una nube luminosa. Entrata in Seleucia, se ne allontanò, se ne scostò per lo spazio di uno stadio, temendone gli abitanti essendo adoratori degli idoli.
La sua guida si fermò sul monte Calamone e Rodeone: quivi trovò una grotta, vi si ritirò e rimase molti anni. Da parte del diavolo subì molte e dolorose prove, sopportate nobilmente con il soccorso di Cristo.
Alcune donne nobili, avendo sentito parlare della vergine Tecla, andarono da lei e impararono le parole di Dio; molte di esse abbandonarono il mondo e praticarono con lei la virtù. Ovunque si sparse la sua fama, e per mezzo suo si operarono ovunque miracoli. Venutane a conoscenza tutta la città e i dintorni, portavano i loro malati sulla montagna, e prima ancora che si avvicinassero alla porta venivano guariti, qualunque fosse la loro malattia, e gli spiriti impuri uscivano gridando: tutti riacquistavano la salute del corpo, glorificando Dio che aveva dato una tale grazia alla vergine Tecla.
E in tal modo i medici di Seleucia erano considerati buoni a nulla: persero i loro clienti e nessuno prestava più attenzione a loro. Pieni d'invidia e gelosia, escogitarono inganni contro la serva di Dio, e il diavolo suggerì loro un piano perverso.
Un giorno tennero consiglio e discussero insieme, affermando: "Questa vergine è consacrata alla grande dea Artemide; qualsiasi cosa le chieda lei l'ascolta perché è vergine ed è amata da tutti gli dèi. Prendiamo uomini disonesti, ubriachiamoli con molto vino, diamo loro molto oro, dicendo: "Se potete corromperla e contaminarla, vi daremo ancora molto denaro". I medici pensavano: se riusciranno a corromperla, non l'ascolteranno più, per i malati, né gli dèi, né Artemide.
Eseguirono dunque il loro progetto. Uomini disonesti andarono sul monte e, postisi all'ingresso della caverna, simili a leoni, bussarono alla porta. La santa martire Tecla aprì fiduciosa nel Dio nel quale credeva, pur essendo già a conoscenza del loro criminale progetto; disse loro: "Che volete, figli?". Risposero: "E' qui quella che si chiama Tecla?". Lei rispose: "Perché la volete?". Essi risposero: "Vogliamo coricarci con lei". La beata Tecla rispose: "Io sono una povera vecchia, serva del mio Signore Gesù Cristo. Anche se volete farmi del male, non ci riuscirete". Risposero: "Non è possibile che non riusciamo a fare di te ciò che vogliamo". Così dicendo s'impadronirono di lei con la forza e cercarono di violentarla. Ma lei disse loro con dolcezza: "Aspettate, figli, e vedrete la gloria del Signore". Afferrata da essi, lei guardò verso il cielo e disse: "Dio terribile, incomparabile e glorioso di fronte ai tuoi nemici, tu che mi hai scampato dal fuoco, non mi hai abbandonato a Tamiri, non mi hai abbandonato ad Alessandro, mi hai strappato dalle belve, mi hai salvato dalla fossa, tu che ovunque mi hai soccorso ed hai glorificato in me il tuo nome, strappami anche adesso da questi uomini empi! Non permettere che violentino la mia verginità, conservata fino a oggi per il tuo nome perché ti amo, ti desidero, mi prostro davanti a te, Padre, Figlio e Spirito santo, per sempre, Amen".
Dal cielo s'udì una voce: "Tecla, mia serva verace, non temere perché io sono con te. Guarda! Vedi il luogo aperto davanti a te. Là troverai una casa perpetua, là sarai soccorsa". La beata Tecla, tutta intenta, vide la pietra aprirsi come per una persona e fece come le era stato detto. Sfuggendo abilmente a quegli uomini disonesti, entrò nella roccia, che subito si chiuse non lasciando apparire neppure una fessura.
Alla vista di questo strano prodigio, restarono fuori di sé e non ebbero la forza di impadronirsi della serva di Dio. Riuscirono soltanto ad afferrare il suo velo, strappandone un pezzo. E ciò per concessione di Dio per corroborare la fede dei visitatori di questo luogo venerabile e per la benedizione delle generazioni future, di coloro che con cuore puro credono nel Signore nostro Gesù Cristo.
Dunque, Tecla di Iconio, protomartire, apostola e vergine di Dio, patì all'età di 18 anni; dopo la peregrinazione, il viaggio e l'esercizio della virtù sul monte, visse ancora 72 anni; quando il Signore la riprese, aveva 90 anni: questa fu la sua fine.
La sua santa memoria si fa il 24 settembre, a gloria del Padre, del Figlio e dello Spirito santo ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.