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Pius PP. IX
Multis gravibusque

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IV.

Se non che, mentre Ci addoloravamo per il nuovo turbamento recato alle cose della Religione nel Granducato di Baden, e per la Chiesa colà esposta a nuove agitazioni, un’altra ragione di dolore Ci sopraggiunse dal pessimo libello poco fa pubblicato in Parigi, nel quale l’autore radunò cose così false e anche così assurde e tra sé contrastanti, che pare piuttosto meritare disprezzo che confutazione. Ma non è da tollerare che egli sia giunto a tale grado di audacia e di empietà che, dopo aver osato assalire il sacro e civile Principato della Chiesa Romana, va ideando una certa particolare chiesa di nuova specie da erigersi, come a lui sembra, nell’Impero francese: chiesa che sia sottratta e totalmente divisa dall’autorità del Romano Pontefice. La qual cosa a che riesce, se non a dividere e squarciare l’unità della Chiesa Cattolica? Di tale necessaria unità così parlò Gesù Cristo Nostro Signore al Padre dicendo: "Non per quelli solo io prego: ma per quelli ancora che crederanno in me per la parola loro, affinché tutti siano uno come tu, o Padre, sei in me ed io in te". Ma la natura di questa unità richiede che – come le membra col capo – così tutti i fedeli siano congiunti con il Romano Pontefice, Vicario di Gesù Cristo in terra. Per la qual cosa il Dottore della Chiesa San Girolamo scriveva al Nostro Predecessore di santa memoria Damaso: "Io sono unito alla Vostra Beatitudine, cioè alla Cattedra di Pietro: so che la Chiesa è edificata sopra quella Pietra: chi fuori di quella casa mangia dell’agnello, è profano". Quale grande ingiuria poi reca l’autore di quel libello all’illustrissima nazione francese ritenendo che essa, attaccatissima all’unità cattolica, possa macchiarsi di errori scismatici! Quanto grande è la temerità sua, mentre crede che possano essere strappati dall’ossequio e dalla fede verso la Sede Apostolica quel Clero e principalmente quegli specchiatissimi Vescovi che registrano tra i loro predecessori Sant’Ireneo, Pastore della Chiesa di Lione, il quale così nobilmente scriveva: "Alla Chiesa Romana, in quanto principale, è necessario che si riunisca ogni Chiesa: cioè tutti i fedeli ovunque siano": i quali, da nessun timore turbati, da nessun pericolo trattenuti, con la voce e con gli scritti combatterono per vendicare i Nostri diritti e quelli della Santa Sede, né mai cessarono di darci certissime testimonianze della loro devozione! Ora, mentre Noi onoriamo con le debite lodi questi e gli altri Vescovi del mondo per la loro cura pastorale, per la loro vigilanza e la loro fermezza, non tralasciamo però, in questa iniquità di tempi, di esortarli e di eccitarli, benché già di per sé accesi e zelanti, affinché quanto crescono ogni dì gli assalti nemici, tanto più si studino di affrontarli e di vincerli con animo forte, né cessino di mettere in guardia i fedeli loro affidati dalle fallacie e dalle insidie, con cui uomini astutissimi tentano di svellerli dal seno della Madre Chiesa.




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