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Pius PP. IX
Iamdum cernimus

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VI.

Ma la battaglia che si fa contro il Pontificato Romano non tende solamente a privare questa Santa Sede e il Romano Pontefice di ogni suo civile Principato, ma cerca anche di indebolire e, se fosse possibile, di togliere totalmente di mezzo ogni salutare efficacia della Religione Cattolica: e perciò anche l’opera stessa di Dio, il frutto della redenzione, e quella santissima fede che è la preziosissima eredità a noi pervenuta dall’ineffabile sacrificio consumato sul Golgota. E che la cosa sia così, si scorge più che chiaramente dai fatti già accennati, e da quanto vediamo ogni giorno. Infatti quante diocesi in Italia sono, per frapposti impedimenti, orbate dei loro Vescovi, con il plauso dei patroni della moderna civiltà che lasciano tanti popoli cristiani senza pastori e che s’impadroniscono dei loro beni per convertirli anche a mali usi! Quanti Vescovi in esilio! Quanti (lo diciamo con incredibile dolore dell’animo Nostro), quanti apostati che parlando a nome non di Dio, ma di Satana, e fidandosi dell’impunità loro concessa da un fatale sistema di governo, turbano le coscienze, spingono alla prevaricazione i deboli, confermano coloro che sono miseramente caduti in ogni più turpe dottrina, e cercano di lacerare la veste di Cristo, non temendo di proporre fondazioni di Chiese nazionali, come dicono, e altre simili empietà! Ora, dopo avere così insultato la Religione, che ipocritamente invitano ad accordarsi con l’odierna civiltà, non dubitano di convincere anche Noi, con uguale ipocrisia, a riconciliarci con l’Italia. Cioè: mentre, quasi spogliati d’ogni Nostro civile Principato, Noi sosteniamo i gravissimi pesi del Pontificato e del Principato con l’aiuto delle pie largizioni dei figli della Chiesa cattolica, mandate a Noi quotidianamente con grandissimo amore; mentre siamo gratuitamente fatti segno all’invidia e all’odio per opera di quegli stessi che chiedono la Nostra conciliazione, essi vorrebbero anche che dichiarassimo formalmente di cedere in libera proprietà degli usurpatori le Province del Nostro Stato Pontificio. Con tale audacissima e inaudita richiesta vorrebbero che questa Apostolica Sede, la quale fu sempre e sarà il baluardo della verità e della giustizia, sancisca che la cosa ingiustamente e violentemente rubata può tranquillamente ed onestamente possedersi dall’iniquo aggressore; e così si stabilisca il falso principio che la fortunata ingiustizia del fatto non reca alcun danno alla santità del diritto. Siffatta domanda contrasta anche con quelle solenni parole, con le quali in un grande ed illustre Senato fu testé dichiarato che "il Romano Pontefice è il rappresentante della precipua forza morale nell’umana società". Dal che segue che Egli non può in alcun modo consentire ad una tale vandalica spoliazione, senza violare il fondamento di quella morale disciplina di cui Egli è riconosciuto essere come la prima forma, e l’esemplare.




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