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| Gregorius PP. XVI Inter maximas IntraText CT - Lettura del testo |
L’autore afferma che non si può dare una risposta vincente agli argomenti dei filosofi scettici "e insinua incredulità anche a proposito della Cosmogonia Mosaica; e avanza pericolosi e capziosi dubbi circa la natura dell’anima e le sue facoltà". Inoltre, secondo il suo criterio, egli pretende che le virtù e i vizi debbano essere giudicati soltanto in relazione alla felicità del genere umano e alla conservazione dell’ordine di natura nella società civile, "senza avere alcun rispetto della legge divina né della moralità religiosa nella azione pratica". Pertanto egli perviene a tal segno di empietà che ritiene assurdo e immorale ogni principio dogmatico che valga ad imporre un freno alle passioni umane. Deposto ogni pudore, egli osa suggerire al potere politico l’impunità anche per la passione più turpe e sfrenata: "Invero lo stato di natura insegna che esso è stato di guerra, a guisa di bruti". Inoltre riferisce di aver accolto da Lutero e dal protestantesimo, come beneficio per la società, la riforma filosofica e la riforma politica, per cui afferma che la condizione dei popoli e di tutte le nazioni è certamente migliorata in passato e lo è anche al presente. Risulta dunque evidente che la religione (come la immagina l’autore) è essenzialmente cosa diversa dalla Religione rivelata e che essa è soltanto una religione politica, da determinare, da governare e anche da riformare secondo la volontà del potere politico di ciascun Stato, come negli Stati dei protestanti.