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a quell’indeterminata descrizione del fenomeno che farebbe di tutti i
fatti del conoscere altrettanti momenti o classe di una sola grande classe
cognitiva vuota di valore gnoseologico. Ora, l’eterogeneità della tautologia
dall’ideale del conoscere di un’assoluta identità tra rappresentazione da
conoscersi e rappresentazione che dà conoscenza della prima sgorga dalla
differente connotazione del fenomeno tautologico dell’ideale cognitivo e può
porsi come medio per una descrizione totale della stessa tautologia in
generale. Siano date due rappresentazioni in siffatta relazione reciproca che
la loro unità per unificazione soddisfi all’ideale cognitivo stesso, essendo la
seconda delle due rappresentazioni lo strumento di cui il pensiero si vale per
offrire soluzione a tutti i possibili problemi che possono insorgere su ciò che
di noto è dato dalla prima di esse, essendo cioè la seconda rappresentazione
fonte di una conoscenza totale e totalmente soddisfacente della prima. Se
chiamiamo stato dialettico o semplicemente dialettica il fatto fenomenico
intuitivo che il pensiero coglie in sé quando da una rappresentazione si porta
su di un’altra, ossia quando dalla concentrazione di attenzione o energia
gnoseologico -indagativo su di un rappresentato passa ad operare identica
concentrazione su di un altro rappresentato, diremo che l’unità per
unificazione di quelle due rappresentazioni, in quanto spostamento di
attenzione dall’una all’altra, è stato dialettico e che come tale implica quel
che uno stato dialettico involge in generale, anzitutto una eterogeneità
qualsivoglia dei due rappresentati; ma per quanto abbiamo posto nel principio
del presente discorso, i due rappresentati debbono essere identici se debbono
consentire al pensiero il fine da questo propostosi all’atto di assumere in
unità i due rappresentati, di valersi cioè dell’uno per conoscere interamente
l’altro, il che certo non potrebbe darsi se le due rappresentazioni fossero sia
pure di poco inequivalenti e diseguali, come quelle che, per siffatta loro
natura, non potrebbero essere l’una, la prima, quella da conoscersi, la stessa
cosa che è la seconda ma in una tale modalità di esistenza delle sue componenti
che la totalità di queste e le connessioni loro relazioni non siano
immediatamente evidenti, l’altra la seconda, quella fonte di conoscenza, la
stessa cosa che è la prima ma in una differente modalità di esistenza, per la
quale la somma delle sue componenti si dà in sé e nelle connessioni relazionali
che l’ordiscono come totalmente e immediatamente evidente: dunque si deve dare
un’identità materiale, che può variare da caso a caso, ossia da coppia di
rappresentazioni
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in connessione cognitiva a coppia di rappresentazioni in medesimo
rapporto, e che coinvolge s’intende anche la formalità intrinseca a ciascuno
dei due rappresentati di ciascuna coppia, variando l’ordito unificatore delle
materie da ente ad ente e in funzione della costituzione materiale delle
singole componenti che lo costituiscono; con ciò, l’eterogeneità delle due
rappresentazioni esatta dal nesso dialettico che le unifica nell’unità
cognitiva non può riguardare né la loro identità o eguaglianza materiale né
quell’identità formale che è in funzione di questa: in altre parole, se una
rappresentazione ha da servire da fonte di conoscenza completa di un’altra, è
necessario che le due rappresentazioni siano l’una, nella sua materia e nella
sua forma, identica in assoluto a quel che è la materia e la forma nell’altra,
e per questo dicevamo sopra che il grado di conoscenza che la loro unità
realizza è rigidamente proporzionale al quanto di identico ciascuna delle due
ha, nella sua materia e nella sua forma, nei confronti dell’altra, e quindi
rigidamente proporzionale alla loro convertibilità legittima, corrispondendo il
grado supremo e perfetto di cognizione per due rappresentati ((alla??))la loro
assoluta ed universale convertibilità affermativa; e per questo dicevamo sopra che se tautologia è identità
concettuale sic et simpliciter, non solo l’ideale supremo del conoscere, ma
anche tutte le conoscenze divengono tautologie. Se il conoscere esige
l’eterogeneità dello stato dialettico e l’omogeneità assoluta del materiale e
formale delle due rappresentazioni ciascuna presa nella sua rispettiva
connotazione, delle due l’una o i fattori componenti la”situazione” cognitiva
sono solo le due connotazioni, identiche nella materia e nella struttura
formale, delle due rappresentazioni, e in questo caso non si presenta nessuna
eterogeneità il che impedisce un effettivo stato dialettico, o nella
“situazione” cognitiva compaiono uno o più altri componenti elementari, e
allora dalla loro eterogeneità può sgorgare la condizione sufficiente e
necessaria per sussistere di uno stato dialettico - si può affermare che
l’identità assoluta della forma e della materia dei due rappresentati è un modo
errato di situare il rapporto tra i due unificati nella “situazione” cognitiva
la quale sussisterebbe appunto perché qualcosa
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di ciò che denota la forma e la materia dalla comprensione dell’un
rappresentato dev’essere per ipotesi differente da almeno una delle note che
denotano nella forma o nella materia la comprensione dell’altro, dandosi, ad
esempio, che la definizione per quantità del cerchio come di figura a raggi
uguali o la definizione per analisi del cerchio come di figura dalla formula x2
+ y2 = z2 sono sì unità per unificazioni di due
rappresentazioni, cerchio e figura a raggi eguali, cerchio e spaziale
determinato algebricamente dalla formula, le quali sono materialmente uguali,
ma che l’uguaglianza materiale non condiziona in nulla la condizione formale
delle due rispettive connotazioni, essendo l’una connotazione un’ unità
organica, l’altra un’unità ottenuta unificando per giustapposizione elementi
disorganizzati: ora, a parte il fatto che se sostituiamo nella coppia delle
rappresentazioni relazionate a fini cognitivi all’intuito sensoriale, che dalla
relazione attende conoscenza, il suo concetto, tosto identifichiamo i due
rappresentati non solo nella materia ma anche nella forma che diviene in
entrambi elisione di disorganico per giustapposizione (dire che questa figura
geometrica davanti a noi tracciata su un foglio di carta è intelligibile perché
ha i raggi suoi tutti uguali, oppure perché il quadrato di una sua componente è
la somma dei quadrati di due sue altre componenti, onde al variare quantitativo
di ciascuna di queste corrisponde il mutamento quantitativo del raggio, ma non
il rapporto tra le quantità stesse che permane costante, significa non già
confrontare ed equiparare un tutto uno per organicità e quindi immediatamente
uno con un tutto uno per rapportazione di parti e quindi mediatamente o
secondariamente uno, bensì prendere quell’uno che è uno organico e immediato,
identificarlo con una sua rappresentazione che è unitaria per rapportazione di
disorganici analizzati e che è problematica e non evidente per ciò che riguarda
la rapportazione stessa dei disorganici, e procedere poi a identificare questa
seconda rappresentazione con un’altra del pari unificata per rapportazione
degli analizzati, nella quale tuttavia tutto è noto ed evidente, compresi i
rapporti unificatori), a parte ancora il fatto che non sembra possibile per il
pensiero confrontare direttamente due eterogenei, come sono una
rappresentazione una organicamente e immediatamente e una rappresentazione una
sinteticamente e mediatamente, resta pur sempre che se i due unificati sono due
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rappresentazioni concettuali, il che si dà sempre nelle definizioni ad
esempio, non si vede in che cosa di formale le loro rispettive connotazioni
possano differire, sicché alla presupposta e necessariamente presupposta
identità, o totale o parziale, della materia connotante deve aggiungersi una
altrettanto necessariamente presupposta identità, o parziale o totale, della
forma, che sarà per entrambi la forma universale di un concetto in genere,
dovendosi postulare, tra l’altro, un’identità tra le parti stesse note, o della
forma o della materia nel caso di una parzialità del connotante e materiale e
formale -.
In un rapporto tra due rappresentazioni a finalità cognitiva non ci
sono semplicemente le connotazioni formali e materiali di ciascuna delle due
rappresentazioni, connotazioni la cui identità liceizza il perseguimento delle
finalità; c’è pure quel rapporto che è non già la loro reciproca identità, ma è
posto da quel particolare stato della loro unità che coincide col moto
dialettico: quando due noti si offrano in identità, totale o parziale, rispetto
alla materia e al tempo stesso alla forma delle loro connotazioni, è logico che
tra i due la mente instauri una relazione di eguaglianza o di equivalenza - se
è dato A1 come predicato in un giudizio, e se è dato come soggetto
di un altro giudizio un A2, qualora l’analisi di A1 e di
A2 riveli entro la loro connotazione, al di sotto dei differenti
discorsi di cui fan parte, un’assoluta uguaglianza nella rispettiva
connotazione materiale e formale, è necessario che all’analisi consegua
l’affermazione di identità A1 = A2, essendo la differenza
dei segni nulla di più che l’effetto di una differenza delle situazioni
relazionali nelle quali son venute a trovarsi -; ed è logico che la posizione
stessa dell’eguaglianza o dell’equivalenza coincida con uno stato dialettico,
ossia con uno spostamento di concentrazione di attenzione dall’un identico
all’altro; ma questo spostamento che è dialettica non ha nulla che fare con
quella dialettica che costituisce l’unificazione a finalità gnoseologica, in
quanto da un lato assume ad eterogeneità condizionale una semplice differenza
situazionale, dall’altro consegue soltanto la conoscenza dell’identità, sicché
il rapporto cognitivo non si dà tra i due identici, ma tra la coppia colta
nella differenza situazionale e la medesima
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