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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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e H ed L due specie rispettivamente l’una sussunta e l’altra non sotto F, ma sotto G, nell’ontità il genere F è relazionato ad H pel vincolo di sussunzione diretta e ad L pel tramite indiretto di B che, sussumendo sotto di sé F e G come sue specie, instaura in sé l’unità di F e di G e quindi di H e di L -; e analogo discorso è lecito fare per la zona esistenziale dell’ontico e per la sfera delle rappresentazioni in quanto sistematicamente ordinate in funzione dei loro diritti ad esistere: anche in queste la connessione che per la prima sarà ontica e per la seconda esistenziale può avvenire tra un sovraordinato e un qualsivoglia subordinato sussunto oppur no sotto questo, in quanto al sovraordinato si sovraordina sempre un’entità di grado superiore atto a ricondurre a sé e ad unificare in sé sia il sovraordinato primo sia quel suo subordinato sotto cui il subordinato primo è sussunto: nelle tre gerarchie la negazione è inesistente al livello dell’ente supremo, e agli altri livelli è un momento puramente relativo che deve la sua esistenza o all’arresto illegittimo a un piano medio tra l’ente supremo e gli enti infimi o a un modo di giudicare valido esclusivamente per un soggetto conoscente a condizioni cognitive di tipo umano; la negazione invece diviene reale nella sfera delle rappresentazioni sistematicamente ordinate a fini di intelligibilità, perché ivi la connessione tra sovraordinato e subordinato è di fatto e di diritto solo nel caso di un effettivo nesso di sussunzione tra i due, mentre resta circoscritta allo stato di fatto e quindi illegittima se il nesso sussuntorio manca, a nulla servendo in questo caso il risalire a livelli di sovraordinazione superiore nei quali non solo non compaiono affatto quelle note che assenti nel preteso sussumente sono invece presenti nel preteso sussunto, ma scompaiono sia alcune note del presunto sussumente sia quelle note che nel legittimo sussumente facevano di questo il predicabile di diritto e di fatto del legittimo sussunto, con la conseguenza che il ricondurre la predicazione posta di fatto a una predicazione di livello sovraordinato non arricchisce per nulla la predicazione di fatto facendone una predicazione di diritto bensì vita a una predicazione che, essendo eterogenea sia dalla predicazione di fatto che dalla predicazione di fatto e di diritto, non serve ai fini cognitivi né all’una né all’altra; ma per un platonismo la gerarchia concettuale come sistema scalare di rappresentazioni a fini di

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intelligibilità non solo non ha nulla che fare coll’ontico sistema scalare degli intelligibili in sé, ma addirittura ne è la deformazione e il capovolgimento - sarà poi compito per un platonismo di giustificare e di argomentare l’inferenza dalla gerarchia degli ontologici rappresentati della gerarchia degli ontologici ontici, e inoltre di eliminare tutte le altre aporie che l’eterogeneità materiale e formale evidentemente affetta le due gerarchie -; e allora per il platonismo, essendo siffatto sistema scalare un’entità puramente soggettiva e fenomenica, nulla di ciò che essa abbraccia e provoca è reale assoluto e ha che fare con l’ontico, e, poiché tra gli effetti suoi c’è anche la negazione, si estende a questa l’attributo di relativo e di valido solo per un soggetto conoscente di tipo umano. Ma il discorso dev’essere ben altro per l’aristotelismo: qui già la sfera dell’ontico non manifesta affatto quella equivalenza totale, materiale e formale, che nel platonismo si dava tra sistema scalare di ontici ontologici e sistema scalare di ontici esistenziali: nella gerarchia piramidale dei reali in sé, considerata dal punto di vista dell’ontologia, il moto dialettico che voglia offrire al pensiero una successione logica di intelligibili deve muovere dall’alto al basso, dai livelli del generico verso quelli dello speciale, per lo stesso motivo per cui in seno ad ogni ontico lo stesso movimento deve darsi dall’attuale al potenziale, ossia per il fatto che, come qui il potenziale è l’indeterminato che attende dalla causalità effettrice dell’atto l’impulso ad elevarsi al reale definito che va ad arricchire di nuova determinazione il già determinato, così , nel sistema scalare, il movimento discensivo parte da universali e necessari già dati per scendere verso quelli che sempre nuovi si danno nelle sottoordinate specie e che s’aggiungono ai primi per costituire con questi una sfera di più elevata definizione; ma non altrettanto può dirsi della medesima gerarchia, se considerata dal punto di vista esistenziale, perché sotto questo angolo le ragioni sufficienti non vengono offerte per il tutto ontico dalla parte già attuata, nel senso che la connotazione di una specie trova argomentazione in una dialettica la quale parta dalle note prime, che sono poi  la connotazione del generico sovraordinato denotante la specie stessa e pervenga alle note successive che sono connotazioni di generici denotatori medi fino alle note ultime che sono lo specifico della specie stessa, bensì sono costituite dal tutto ontico e da queste offerte alla parte puramente potenziale, nel senso che il processo di ascesa all’esistenza non ha a suo principio

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il potenziale in sé, massa assolutamente indeterminata e caotica in cui non è dato trovare linee o canali preordinati di determinabilità, ma l’attuale stesso in quanto sintesi dell’atto speciale definiente l’atto generico e in quanto unità di un atto speciale che è il semplice possibile esistenziale tratto all’essere secondo certi modi determinati dall’atto generico che ha bisogno di siffatti modi per perseguire la propria completezza ontica, e dell’atto generico che per dir così plasma quel possibile ontico implicitamente immerso nella sua realtà e lo trae all’ontico secondo quelle modalità dalle quali attende la propria definizione, sicché il moto dialettico a finalità esistenziale non segue la direzione dal vertice alla base, ma dalla base al vertice; per questo in un aristotelismo la gerarchia scalare degli ontici deve sdoppiarsi in due ordini sistematici di proporzionalità inversa, come quelli in cui a un momento che nell’uno è principio di tutto il sottoordinato ed è argomentato dal sovraordinato come da ragion sufficiente, corrisponde nell’altro il momento simmetrico che si pone a ragion sufficiente del sovraordinato e attende da ciò che gli si subordina la propria ragion sufficiente; per questo, volendo tradurre i due ordini nell’immagine dei due triangoli ABC, A’BC’, si deve o rovesciare l’orientamento dei moti dialettici argomentativi se si vuol conservare identico l’orientamento geometrico delle due figure, o capovolgere qui l’orientamento geometrico dell’una di esse per mantenere omogeneo il primo:

e il quadro aristotelico conserva le stesse condizioni per i sistemi scalari degli intelligibili in quanto rappresentati, in quanto oggetti di pensiero; qui ogni momento rappresentato è certo più povero del momento che simmetricamente gli corrisponde nell’ontità, in quanto nel pensato è assente la sfera del potenziale, essendo l’attuale del pensato un conosciuto e il potenziale ontico uno sconosciuto, la cui ignoranza è conseguenza e insieme equivalenza del possibile reale in sé; ma in forza dell’equivalenza che tra l’ignoto o assente dal pensiero e il potenziale o assente dal reale ontologico instaurano l’indeterminatezza e l’impotenza causatrice di entrambi, la differenza che per siffatte cause insorge tra pensiero conoscente ed ontico conosciuto è molto meno grave e meno essenziale di quella che in

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un platonismo è introdotta tra i due dall’assenza nella rappresentazione intellettiva dell’unificazione in unità sintetica della pienezza ontologica delle specie sottoordinate e dalla riduzione della connotazione dell’intellito pensato all’astrazione dell’identico coessenziale a tutte le specie sottoordinate, in quanto nel quadro aristotelico il deficiente del conosciuto è una equivalenza del deficiente dell’ontico, omogenea nella materia ed eterogenea nella forma, mentre nella visione platonica la deficienza del rappresentato non trova nessuna corrispondenza nell’ontità da cui resta scissa da un’eterogeneità sostanziale e formale; in forza, allora, dell’equivalenza tra l’ordine del pensato e l’ordine del reale, a quel modo che in questo la dialettica dal generico allo speciale rende ragione dell’universalità, necessità, razionalità delle specie, e la dialettica dallo speciale al generico argomenta l’esistenza degli intelligibili, allo stesso modo il movimento dell’attenzione cognitiva dai generi alle specie attinge dall’intelligibilità dei primi l’intelligenza dei secondi pel medio di una loro relazione reciproca in giudizi categorici in cui la funzione di predicato dei generici e la funzione di soggetto delle specie determinano la finalità universalizzatrice dell’asserita inerenza dei primi nei secondi e della convertibilità o semplice o accidentale o contrappositiva consentono soltanto la prima e la terza, mentre il movimento dell’attenzione cognitiva dalle specie ai generi attinge dall’esistenza in quanto pensati delle prime, nella loro totalità complessiva, la ragion sufficiente del diritto dei secondi ad esistere  nel pensiero con la loro funzione di pensati sussumenti un complesso particolare di pensati altri da essi, e traduce siffatta connessione nella connessione reciproca dei rappresentati in un giudizio disgiuntivo in cui la funzione del predicato assunta dal complesso totale delle specie disgiunte e predicate a un genere con funzione di soggetto non persegue già la finalità che un predicato in genere ha in un giudizio categorico quanto piuttosto la finalità di designare la totalità delle possibili determinazioni di cui il generico si arricchisce, sicché in siffatto giudizio il predicato non intelligibilità al soggetto, ma piuttosto le condizioni e la ragion sufficiente della sua esistenza, il che tra l’altro è dimostrato sia dal fatto che nel predicato la disgiunzione è indifferentemente sostituibile dalla copulazione, sia dal fatto che tale giudizio o a predicato con disgiunzione dei predicabili o a predicato con copulazione dei predicabili consente la conversione semplice, la conversione accidentale, la conversione contrapposta, il che non sarebbe possibile se il genere, una volta eretto a predicato,




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