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si lascia guardare senza accecarci si offre come un luminoso e bianco e
ardente tutto in cui l’occhio non ritrova né la macchia contrapposta alla
facula né il violetto distinto dal rosso. Penso che così dovessero bramare le
menti platonicamente orientate il loro intelligibile, e chiedo perdono per
l’uso di tante immagini fenomeniche che fanno le veci di quella
rappresentazione chiara ed evidente di cui già mi son confessato privo. Una
volta posta questa relazione tra un intelligibile e la sfera delle specie ad
esso sussunte, il pensiero umano può ripetere l’operazione per tutti gli
intelligibili e sfociare in tal modo in una serie di pensati universali che si
rastrema via via che dalle specie si sale ai generi, essendo unica ragion
sufficiente della distinzione tra il genere e la specie la differenza
quantitativa della rispettiva connotazione. Ed è appunto in questo atto di
ordinamento rivolto a tutti gli intelligibili che al pensiero si aprono due
strade: dinanzi alla successione dei pensati razionali orientata all’ordine,
che con proiezione di una modalità spaziale la mente rappresenta a se
stessa come un molteplice cui l’ordine
proviene da un lato dal geometrico o rastremarsi o divaricarsi a seconda dello
spostamento dialettico dei generi alle specie e dalle specie ai generi,
dall’altro dalla differenza quantitativa cui dà luogo il medesimo salto
dialettico - differenza quantitativa che, una volta accettatta la canonica
dicotomica, potrebbe abbandonare anche l’indeterminato per assumere la
normatività di una progressione geometrica a ragione positiva o a ragione
negativa a seconda che il moto sia dalle specie al genere o dal genere alle
specie -, dinanzi a tale successione, ripeto, il pensiero trova al punto di confluenza
della rastremazione un razionale che egli deve pensare ora come unità omogenea
e solare ora come concetto dalla connotazione più ricca possibile come quella
che è giustapposizione suturata di tutti gli eterogenei qualitativi che si
danno a conoscere al piano della massima divaricazione, eterogenei raccolti per
dir così in porzioni sintetiche - tante quanti sono gli intelligibili medi tra
il razionale supremo e i razionali infimi -, ciascuna delle quali è una
sfumatura qualitativa fondamentale che da sé trae solo l’essere in unità,
mentre mutua la sua determinazione qualitativa dagli eterogenei che essa
racchiude - ponendo per ipotesi semplificata una molteplicità articolata per
dicotomia di sette intelligibili, A B C D E F G, di cui l’uno A sia il razionale
supremo e quattro i razionali infimi,
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D E F G, il pensiero può contemplare la loro sistemazione ordinata

((le frecce vanno intese verso il basso e in obliquo))
in sette atti di concepimento, l’uno meditazione del supremo, A,
pensato come A=A, nel senso di una sua unità assoluta, e come A=[B(D. E)]. [C
(F. G)], nel senso di una sintesi di tutte le determinazione dell’essere, il
secondo e il terzo meditazioni di B e di C, rispettivamente pensati come unità
assolute (B=B, C=C) e come sintesi delle determinazioni del loro essere
[(B=D.E), (C = F.G)], gli altri quattro meditazioni dei quattro intelligibili
infimi pensati come unità inarticolate e inarticolabili (D=D, E=E, F=F, G=G) -;
ma allo stesso pensiero è dato pure osservare che siffatto suo modo di
contemplare l’ordine degli intelligibili solo in apparenza è monodico, in
quanto di fatto risulta dalla equivalenza instaurata tra due modi di pensamento
di ciascun intelligibile, l’uno come contemplazione del razionale in sé,
l’altro come contemplazione di quell’interpretazione che all’intelligibile
proviene dalla sua scissione nelle specie sussunte, sicché di fatto nel suo
intimo la gerarchia degli intelligibili si sdoppia in una scalarità entro la
quale ogni intelligibile è avulso in se stesso nella sua unità irrepetibile e
relato ai gradi sovraordinati e subordinati da vincoli puramente genetici, e in
un’altra scalarità entro la quale ogni intelligibile in quanto composizione per
giustapposizione delle specie sussunte e in quanto componente giustapposta
entro il genere sussumente entra con tutti gli altri intelligibili in
connessioni qualificativi e intellettive -valendosi della notazione di sopra
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Le due gerarchie solo in apparenza sono eguali ed equipollenti,
essendoci tra esse la stessa differenza che passa tra l’unità in quanto unità e
l’unità in quanto unificazioni delle sue componenti frazionali; e non basta
perché la gerarchia ad intelligibili qualitativamente irridotti alle specie
sussunte è di per sé insufficiente, in quanto una volta predeterminata la
cognizione di un intelligibile al concepimento della sua unità, da un lato
dovrebbe darsi intuitivamente l‘intelligibile nella
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sua effettiva unità, e, anche ammesso che tale unità venga
intuitivamente fornita da una sorta di reminiscenza e non concesso perché la
reminiscenza dovrebbe verificarsi all’atto del ricordo dell’intelligibile
infimo in concomitanza con la rimembranza di tutti i generi sussumenti l’intelligibile
infimo - ma di questo più avanti, perché ha che fare con una delle tante aporie
di un platonismo -, oltre all’intuizione dell’intelligibile in sé dovrebbe
esser data l’intuizione complessiva di tutti gli altri razionali ordinati
secondo lo schema gerarchico ontico; infatti, non verificandosi ciò, ed essendo
data la sola intuizione dell’intelligibile isolato fuor dai rapporti di genere
a specie, la nozione dispersa e caotica dei molti razionali, ciascuno
conosciuto e intelletto nella sua uniforme unità qualitativa, non offre nessuna
ragione sufficiente della genesi degli
uni, i sussunti, dall’altro, i sussumenti, essendo solamente la conoscenza o
dell’effettivo processo genetico degli speciali dai generici o della differente
quantità delle loro connotazioni, strumento per una differenza di denotazione
formale di ciascun intelligibile e per quel movimento dialettico attraverso di
essi capace di ridurre la loro informe caoticità all’ordine di una gerarchia
razionale, ed insieme non essendo data
almeno al pensiero di condizione umana la prima e non potendosi parlare di
differenze quantitative per degli enti che sono, l’uno dei ((nei??))confronti
dell’altro, indivisibili unità qualitative assolutamente omogenee e
relativamente eterogenee. Per tutto ciò, la gerarchia per unità, ai fini di un
suo possibile pensamento, si subordina all’altra e in fondo trae origine
dall’altra, di cui non è che la trasfigurazione sulla base della definizione in
generale di un ontico ontologico: dunque, a parte il fatto che anche nel caso
della gerarchia degli intelligibili per connotazione qualitativamente
differenziata il suo insorgere nel pensiero e il suo strutturarsi ad opera del
pensiero sono tutt’altro che operazioni pacifiche, automatiche e non
aporetiche,- e anche per questo rimandiamo a pagine successive -, ammesso e non
concesso che il pensiero riesca coi modi di conoscenza a sua disposizione, sian
pur anche questi costituiti dalla reminiscenza, ad ordinare in rapporti di
denotazione tutti gli intelligibili, si verificherà che esso ((si??)) pensiero
assumerà questa seconda gerarchia come ragione sufficiente del particolare
ordine secondo cui strutturerà nella prima gli intelligibili. Di qui
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deriva che di fatto al pensiero umano è possibile, di una possibilità
che per ora accettiamo come puramente ipotetica, soltanto lo scalare gerarchico
di razionali a connotazione qualificata per giustapposizione dei qualitativi
universali subordinati: in questo esso ritrova
nei razionali in quanto generici la giustapposizione suturale dei
molteplici qualitativi sussunti e, con ciò, il diritto di sussumere un
qualunque sottoordinato a un qualsivoglia dei subordinati e quindi di predicare
in generale un genere di una specie in forza della legittimità di ricondurre il
genere predicato a uno dei generi ad esso sovraordinati fino a ritrovare quello
in cui la connotazione qualitativa del genere considerato si associa con le
altre connotazioni, tra cui deve pur darsi anche quella propria di quel genere
che è predicato di fatto e di diritto sussumente la specie soggetto, in
un’unità per la quale è vero che al pensiero mancano le connessioni
unificatrici che son ragione dell’identità tra la qualificazione del genere
prdicato di diritto e la qualificazione del genere predicabile di diritto e di
fatto, ma è pur vero che al pensiero è data come ragion sufficiente la norma presupposta della monadicità per
semplicità e omogeneità dell’intelligibile ontico simmetrico; donde a) la prima
conseguenza, che ripete quanto già affermato, che la negazione in un platonismo
ha un’esistenza meramente relativa sia al livello della razionalità infima con
la pura portata di una separazione per contraddittorietà tra gli intelligibili
infimi nessuno dei quali può essere predicato di un altro e tutti i quali son
destinati a rimanere in questo stato di discontinuità fintantoché tuttavia vien
trascurata la loro sussunzione sotto il genere immediatamente sovraordinato e
sotto i generi mediatamente sovraordinati per la quale la contraddittorietà
viene elisa dall’omogeneità instaurata da quelle connessioni unificatrici,
ignorate dal pensiero di condizione umana, che generano l’unità del genere, sia
al pensiero di condizione umana il quale, per quanto elimini come astrazione
l’assoluta autonomia del piano degli infimi intelligibili e per quanto
sostituisca a questa il vincolo dialettico con i generici sovraordinati,
patisce dai limiti della sua ignoranza l’impossibilità di tradurre siffatta
dialettica in un superamento del contraddittorio che sia effettiva omogeneizzazione
in unità monadica e non apparente unificazione pel medio di una suturazione
giustappositrice; b) la seconda conseguenza, che resta ulteriormente dimostrato
come il pensiero di condizione umana, quando instauri un paragone tra la
piramide dei razionali ontici, osservata nei suoi due aspetti di ordine
intelligibile per gradi lungo i quali la discesa dialettica è ragione
sufficiente dell’esistenza di ciascun nuovo grado inferiore e insieme della sua
intelligibilità come unità di essere
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