- 60 -
[pag. 60 F1]
che potrebbe condurre da un lato al superamento della molteplicità
delle categorie dall’altro alla totale intuizione e quindi intellezione di
tutti i possibili rapporti di subordinazione tra intelligibili -; b) quello di
ragione in quanto l’esistere e il modo di esistere dell’ordine gerarchico
intelligibile ed essenziale deve fondare se stesso sull’esistenza e sul modo di
esistenza in genere propri delle due sfere del generale generico e del generale
specifico nel loro reciproco rapporto di subordinazione con cui si vincolano
nella connotazione di un qualsiasi intelligibile. E qui si pone la questione di
individuare entro l’intelligibile ciò che in esso si pone come essenziale di
contro a ciò che si pone come essenza dell’essenziale; si pone cioè il problema
se il pensiero abbia, sempre su di un piano formale, i principi da cui dedurre
l’eterogeneità funzionale delle porzioni individue che compongono la
connotazione composita di un intelligibile in genere, oppure se al pensiero sia
data solo la nozione di una differenza di gerarchia entro le note
eterogeneamente qualificate di una connotazione individua, senza che
contemporaneamente siano ad esso offerti gli attributi universali e necessari
di portata formale che devono affettare una nota connotante, indipendentemente
dalla sua qualificazione materiale, onde di essa si possa conoscere la funzione
o di mera essenzialità o di essenza di un essenziale, ossia la funzione
generica o specifica; una soluzione positiva del problema rende legittima,
unica, univoca, intelligibile, razionale, fondamentale la gerarchia ordinata di
intelligibili che il pensiero avrebbe il diritto di costruire operativamente
facendo dei principi suddetti altrettanti canoni operativi; l’opposta soluzione
negativa non priverebbe il pensiero della capacità di procedere dialetticamente
a strutturare i concetti in rapporti di genere a specie, ma lo costringerebbe
ad assumere a principi normativi dell’operazione punti di vista che saranno
tanti quanti sono gli intelligibili denotanti un intelligibile in quanto
connotanti di esso, e a dar vita a un numero definito di gerarchie di logici,
molteplici, equivoche, tutte e nessuna legittimamente pretendenti
all’ottemperanza ai principi di ragione, e quindi tutte inintelligibili e
irrazionali. E ancora si manifesta il privilegio dell’analisi formale: né
l’intuito fenomenico né la dispersione disorganica degli intelligibili che si
pongano a classi dei fenomenici intuiti possono offrire siffatti principi
normativi, o piuttosto se ne offrono il loro valore sarà subordinato alla
validità del metodo di induzione in generale e di quella particolare canonica
induttiva che si è voluto assumere; d’altra parte, a guardar bene,
[pag. 60 F 2]
surrettizia è l’affermazione che la definizione dei principi
classificatori normativi di una costruzione gerarchica unidirezionale sia di
origine materiale e conseguenza di un discorso induttivo applicato al
fenomenico sensoriale; infatti, essa deve pur sempre assumere, prima di porsi
come tale, il concetto puramente formale del rapporto di subordinazione da
((che??)) essenziale ad essenza che vincola lo specifico al generico e su di
essa condurre una qualche interpretazione analitica che stabilisca per quali
funzioni effettive sue proprie il generico si ponga dinanzi allo specifico come
un generatore di esistenza e di modalità di esistenza apodittiche e per quali
altre funzioni concretamente denotanti lo specifico questo si ponga come
quell’esistente e quell’esistente secondo certi modi il quale attende
l’apoditticità dal generico. Di diritto e di fatto quindi l’analisi del primo
dato formale, che viene appreso dalla considerazione della struttura meramente
formale di un intelligibile, ossia del rapporto di subordinazione da essenziale
ad essenza tra specifico e generico nel seno della sua individualità composita,
l’analisi, dunque, della prima conseguenza della nuova definizione formale
dell’unità di un intelligibile in genere, conseguenza per la quale
l’intelligibile trova la ragione della sua intelligibilità in un genere e
insieme l’opposizione con almeno un terzo intelligibile cogenere, è il
principio da cui soltanto è lecito dedurre le funzioni generiche e formali che
specifico e generico in generale debbono rivestire per entrare nel vincolo di
subordinazione, ed elevare le stesse funzioni a principi di deduzione
dell’eterogeneità funzionale dicotomizzante la connotazione di un intelligibile
qualsiasi. Il rapporto di subordinazione tra specifico e generico non può
essere pensato che come nesso di causalità in ordine tuttavia al solo essere:
il genere può essere pensato nei confronti dello specifico coimmanente nella
connotazione di una delle specie
sussunte solamente come un antecedente
il cui esistere necessario pone necessaria l’esistenza dello specifico;
infatti, poiché il genere si pone rispetto alla specie come la ragion sufficiente
dell’esistere e del modo di esistere della specie stessa e poiché al tempo
stesso il genere immane nella specie di diritto e di fatto separato dal resto
della connotazione speciale, solo nel caso che fosse data un’omogeneità
qualitativa tra le due porzioni connotanti sarebbe dato il diritto di porre il
genere come causatore dell’essere e del modo di essere dello specifico; ma
l’unità di composizione dell’intelligibile è fondata
[pag 60 F3]
tra l’altro anche sull’eterogeneità qualitativa che irriducibilmente
distingue le varie parti della connotazione di un intelligibile, e, di
conseguenza, al pensiero non resta altro che attribuire al generico la funzione
di un causatore e allo specifico la funzione di un effetto in ordine però al
mero esistere, il che lascia aperta l’intera problematica dei rapporti tra
generico e specifico quali debbono essere pensati in ordine al loro modo di
esistere, al loro qualitativo. Le conseguenze di tutto ciò sono varie: a) è
data la possibilità dell’operazione dialettica di ordinamento degli
intelligibili perché basterà assumere un intelligibile, procurarsi il modo di
scomporlo nelle componenti eterogenee, determinare quali di esse sian ripiene
della funzione di dover esistere alla condizione che sia data l’esistenza di
un’altra delle componenti, ripetere l’operazione tante volte quante sono le
coppie di eterogenei cui la complessa connotazione dell’intellegibile può
essere ridotta, per dar luogo nell’intimo della connotazione a una scalarità di
condizionamento nell’essere la quale sarà il segno della scalarità di
condizionamento nell’intellegibilità o, il che è lo stesso, del rapporto di
ragion sufficiente tra modo di essere universale e necessario e modo di essere
eterogeneo pure universale e necessario, ossia tra generico e specifico e
quindi tra genere e specie; b) l’operazione dialettica di ordinamento deve
muovere dagli intelligibili infimi, dagli intelligibili che sono l’innalzamento
a rappresentazione universale e necessaria delle intuizioni percettive e
sensoriali, essendo in essi data la molteplicità totale di tutti i possibili
qualitativi intelligibili e quindi la totalità delle coppie di intelligibili in
rapporto di causalità nell’essere; c) al pensiero, qualora si porti al livello
delle specie infime, è data la possibilità di procedere alla separazione di
essere in gruppi caratterizzati da cogenerità in forza dell’identità che in un
certo numero di specie si verifica nella loro rispettiva porzione connotante
causatrice dell’essere della restante connotazione, porzione che dovrà essere
formalmente assunta a ragion sufficiente della loro esistenza ed
intelligibilità, a loro genere, verificandosi d’altra parte in primo luogo il
necessario pensamento di un certo numero di generi il quale sarà di tante unità
quanti sono i gruppi di specie identificantisi nel complesso connotante
parziale causatore dell’esistere della parte restante e insieme non sarà
preordinatamente o apriori né binario né trinario né quaternario, in quanto non
è data apriori nessuna legge formale che determini quantitativamente la
funzione di causalità esistenziale del generico, ma siffatta determinazione
quantitativa è la conseguenza dell’analisi delle specie e può diventare legge
solo nel caso che si manifesti un comportamento costante ed uniforme
[pag.60 F4]
in tutti i rapporti causali possibili tra generico e specifico; d) è
data la possibilità di sostituire, al medesimo fine di ritrovare per gli
intelligibili del nuovo ordine la loro ragion sufficiente, al carattere che
questi hanno nei confronti delle specie infime di ragion sufficiente il
carattere di specie ossia di intelligibili che attendono da altro la loro
propria ragione con identico metodo a quello prima adottato, col risultato di giungere a nuovi livelli generici, che
dovranno essere di numero sempre inferiore, data l’identità del causatore nei
molteplici sussunti, fino a pervenire a un genere supremo che necessariamente
dovrà presentare due componenti elementari o indivisibili di diritto e di
fatto, entro le quali non sarà più lecito distinguere quella che abbia funzioni di condizionatore nell’essere e quella
che attende dall’altra il condizionamento nell’essere, e questo non già perché
non siano eterogenee, ma per il semplice fatto che al pensiero sfugge a quale
dei due eterogenei debba essere attribuita l’antecedenza logica in ordine
all’esistere - se consideriamo il rapporto che passa tra un animale e un
vertebrato la funzione dello scheletro interno di consentire un certo modo di movimento alla condizione che nelle sue
varie parti venga immessa una certa energia motrice rende evidente che solo
l’esistere di siffatta energia, in quanto però proveniente dalla totalità
dell’essere di cui lo scheletro è un((a))parte, consente l’esistere dello
scheletro stesso; ma un’energia che immanga nella totalità di un essere individuo è l’intelligibilità,
qualitativamente eterogenea da qualsiasi altra, che chiamiamo animale, sicché
questo è la condizione dell’essere dello scheletro, la causa di questo in
ordine all’esistere; ma consideriamo il concetto di sostanza, uno di quei
concetti che per Aristotele sono sommi, le due porzioni che lo connotano,
l’essere e l’in sé, due eterogenei di cui l’uno pone se stesso come costanza ed
uniformità e l’altro come il ritrovare la ragion sufficiente del proprio esistere
nel proprio esistere stesso, si ritrovano fuor da siffatto rapporto in altri
intelligibili, quali ad esempio tutte le leggi di natura che sono costanti ed
uniformi, e gli enti che sono sostanziali, i quali, si riducessero anche ad uno
solo, l’intero universo che, anche nel caso che a categoria suprema venga presa
la nozione di funzione al posto di quella di sostanza, non può essere esso
sostanza se non altro per garantire quella costanza e uniformità universali,
senza le quali la funzione non ha diritto di essere, debbono essere pensati
tutti come atti a identificare il proprio esistere con la ragione di esso: per
stabilire quale delle due componenti è ragion sufficiente dell’altra
|