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il pensiero decide di far intervenire nel giuoco dei concetti entro cui
viene instaurato il rapporto di inerenza il concetto del tempo come principio o
ragion sufficiente della legittimità di un determinato rapporto inerenza, il
tempo non esercita in tutti i casi di contraddittorietà una medesima causalità
di negazione. La contraddizione, infatti, non insorge soltanto nella
successione cronologica di stati o modi immanenti in una totalità, considerata
unità complessa e composita; ma si instaura pure nella situazione, che stiamo
ora esaminando in b), della dualità, o molteplicità, di due ontici che comunque
debbono essere pensati sempre come due, o più, porzioni costitutive di una
unitaria totalità composita, perché alla posizione di ciascuno dei due momenti
corrisponde la simultaneità di un rapporto di inerenza e al complesso dei due momenti
corrisponde la simultaneità delle due simultaneità, sicché, se il pensiero
decide di utilizzare la forza di cui la norma della negazione è dotata, deve
escludere dalla sfera del pensiero del pensato legittimo uno dei due rapporti,
mentre se rinuncia ad applicare la norma, deve però assoggettarsi ad oscillare
dalla posizione dell’un rapporto alla negazione del secondo o dalla posizione
di questo alla negazione del primo. Giacché il concetto di tempo si presenta
come legittimo elemento di valutazione dei due rapporti, non solo perché esso è
il fattore determinante della successione degli stati qualitativi e quindi
della relatività del simultaneo dei due rapporti di inerenza quando coinvolgano
come parti costitutive eterogenee due stati qualitativi non coesistenti, ma
perché esso interviene di fatto anche nel pensiero a dirigerne e regolarne i
moti dialettici, i quali, in qualsivoglia tipo di contraddizione, garantiscono
a una diacronicità a due differenti strutture abbraccianti una posizione e
((o??)) una negazione, il pensiero può ritenere di trovare nel tempo quel
fattore privilegiato cui rifarsi come a ragione dell’applicazione e uso della
norma di negazione. Ma appunto a questa assunzione privilegiata del concetto di
tempo risale l’eterogeneità che distingue la contraddizione del diveniente
dalla contraddizione del molteplice: nella prima, la quale alla simultaneità
degli eterogenei rapporti di inerenza concede una validità relativa al pensiero
e toglie un valore assoluto ed oggettivo, in quanto i rapporti di inerenza,
eterogenei per sé e per il pensiero, conservano coesistenza nel pensiero ma non
in sé, l’assenza di simultaneità di diritto e di fatto
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concede al pensiero di
procedere alla negazione del rapporto di inerenza illegittimo sulla base del
criterio dell’intuizione in atto, e con ciò garantisce la pretesa che il
pensiero avanza di corrispondere puntualmente all’ontico fenomenico, in cui il
rapporto di inerenza antecedente è passato al non essere allo stesso modo che
nel pensiero è stato escluso dai pensati legittimi, mentre la relatività della
simultaneità di fatto, ossia il porsi dei due rapporti di inerenza in uno stato
di simultaneità che è però solo per il pensiero, se da un lato costringe il
pensiero a predicare a ciascuno dei due giudizi di inerenza l’attributo della
positività e insieme delle negatività e con ciò gli toglie la capacità di
garantirsi la pretesa di conoscere il reale, dall’altro limita tale impotenza,
che si rivela nell’incessante moto dialettico dall’uno all’altro dei due
rapporti, alle condizioni limitate del suo essere e insieme lo libera da tale
sua limitatezza rimandandolo all’oggettiva assenza di simultaneità che fissa
per uno dei due rapporti un’immutata validità positiva: resta è vero anche in
siffatto modo l’aporia delle successioni degli stati qualitativi eterogenei,
aporia che prende corpo nella necessità di giustificare il permanere del tutto
uno e identico con il succedersi entro di esso di determinazioni eterogenee e
che non è se non il riflesso di quella simultaneità di rapporti di inerenza che
il pensiero deve albergare in sé; sicché una teoria che, essendosi posta come
metafisica, si sia assunto il compito di fare i conti con il contraddittorio
del divenire non più su di un piano fenomenico, ma sulla base di una
descrizione essenziale delle cose, si troverà alle prese con siffatta aporia e
coi concetti che debbono da essa essere accolti per annullare le condizioni in
cui l’aporia insorge, e la stessa teoria potrà giustificare i concetti
aggiuntivi muovendo dalla dimostrazione della fenomenicità dell’aporia,
dimostrazione che non pare qualcuno sia riuscito a dare né direttamente né
indirettamente pel medio di concetti elaborati al fine di annullarla e capaci
in realtà di eliderla; nell’altra contraddizione, invece, nella contraddizione
della molteplicità il tempo esplica un’azione del tutto opposta, in quanto la
simultaneità di due rapporti di immanenza eterogenei per l’immanente si dà come
un oggettivo e un assoluto, come ciò che
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si pone per sè e precisamente per il fatto che i due immanenti
eterogenei godono di una coesistenza che è posta dal fenomenico e non dal
pensiero contemplante il fenomenico; se allora il pensiero vuole e deve valersi
del tempo come di motore della negazione, la simultaneità oggettiva dei due
rapporti gli impone di predicare entrambi i giudizi di inerenza
contemporaneamente con gli attributi di positività e di negatività e quindi di
oscillare dall’accettazione dell’uno al ripudio dell’altro e viceversa, senza
consentirgli di trovare un fondamento alla sua pretesa di rappresentare in
perfetta simmetria il corrispondente fenomenico, in quanto questo gli si offre
in una situazione di due ontici eterogenei entrambi godenti di pacifica
oggettività, mentre esso nel suo intimo si vede costretto a sostituire
all’ambigua oggettiva la necessaria negazione o dell’uno o di entrambi o del
tutto che li alberga; e anche qui insorge l’aporia di un reale che si dà
secondo modalità che non consentono al
pensiero di inserirlo entro le proprie condizioni e norme senza doverlo o
alterare o ripudiare; è vero che una teoria, che voglia compiere la
trasfigurazione del fenomenico con la sua interpretazione metafisica, trova
siffatta aporia meno grave della precedente e più facilmente annullabile con
concetti che vengono introdotti appunto per eroderne le basi, ma è del pari
vero che tali concetti aggiuntivi debbono tener conto della univocità o
ambiguità o equivocità del segno della contraddizione, la quale può aspirare a
determinarsi in più classi o può vedere tale aspirazione denegata((??)) dal
fatto che tutte le classi determinative si riducono di fatto all’unico modo
della contrarietà, e insieme non debbono ignorare che, anche ammessa una
equivocità del contraddittorio, questa non annulla la contrarietà, nei
confronti della quale l’aporia si dà nella sua intera pienezza, con la
conseguenza che le teorie metafisiche hanno diritto di utilizzare i concetti
con cui muovono all’estromissione della contraddizione per molteplicità in
quanto fenomenica, previa una dimostrazione della possibile fenomenicità
dell’aporia, il che però pare nessuna teoria abbia finora fatto; d’altra parte,
nella stessa contraddizione sgorgante dal molteplice il tempo interviene come
elemento a favore della negazione e del suo uso cognitivo ed interpretativo del
reale quando dall’oggettività della simultaneità o simultaneità in sè si passa
a quell’assenza di simultaneità o simultaneità relativa o per il pensiero e non
per sé, che il pensiero stesso verifica quando riconduce la coppia dei
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simultanei rapporti di immanenza o giudizi di inerenza al suo spazio
circoncluso e nettamente separato dal reale fenomenico; in tale ambiente quel
che nel fenomenico era di fatto e di diritto assolutamente simultaneo si fa
diacronico, in quanto il movimento dialettico che dalla posizione di uno dei
due rapporti o dei due giudizi inferisce la posizione del rapporto o giudizio
stesso e la negazione del rapporto e del giudizio eterogenei si dà in assoluta
antecedenza temporale rispetto all’opposto moto dialettico che posizione di
questi e negazione di quelli inferisce dalla posizione del rapporto e del
giudizio prima negati, mentre il rapporto di antecedenza temporale può essere
facilmente capovolto, ma non eliminato; si tratta, allora, di riempire la
priorità cronologica di un primato logico e cognitivo qualsivoglia perché l’oscillazione venga a cessare e uno dei due
rapporti venga negato ed escluso dalla cerchia dei pensati legittimi; il che,
tuttavia, non annulla tutte le aporie, ma fa rinascere quell’aporia che la
negazione di uno dei rapporti di inerenza suscitava nell’ontico considerato
acronicamente dal punto di vista della contraddizione per divenire.
In sintesi, il fenomenico pone delle contraddizioni in quanto pone
delle simultanetà tra due relazioni simultanee di immanenza o di inerenza,
entrambe godenti di un polo in comune ma eterogenee rispetto al polo che con la
propria eterogeneità le rende eterogenee e distinguibili; tali simultaneità
contraddittorie pongono necessariamente per il pensiero e da parte del pensiero
a) in generale la negazione, come fatto o fenomeno del pensiero in quanto
attingente almeno una parte del suo contenuto, se non l’intera sfera del suo
contenuto e della sua legislazione, dal fenomenico il quale è temporalità e
come temporalità pone la contraddizione e la negazione in genere che da questa
sgorga o nel proprio intimo o in seno al pensiero, b) in particolare, la
negazione apodittica e immediata di una delle due relazioni di
immanenza-inerenza nel caso che la contraddizione sia l’effetto di un’azione
del tempo sul fenomenico come oggetto di intuizione, la negazione contingente e
mediata di una delle due relazioni di immanenza-inerenza nel caso che il tempo
ingeneri la contraddizione esrcitando la sua azione sul fenomenico in quanto
intuito e definito come pensato o momento del pensiero, c)in particolare e in
entrambi
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