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i casi un’oscillazione del pensiero tra posizione e negazione e
un’insufficienza del pensiero a far di sé il fattore univoco di interpretazione
dell’ontico. Infatti, la particolare simultaneità che abbiam chiamato
contraddizione non conosce univocità nell’ontico e nel pensiero, non può essere
predicata da identici attributi allorché si dà nel fenomenico in sé o quando si
verifica nel pensiero:il fenomenico riscontra una sola delle due
contraddizioni, precisamente quella che fonda se stessa sulla molteplicità;
quanto alla contraddizione che ha a suo principio il tempo e i mutamenti che questo
comporta, il fenomenico in sé la ignora giacché il mutamento stesso che investe
le qualità eterogenee, lasciando ad una sola l’esistenza elide il loro
coesistere e quindi la simultaneità dei loro rispettivi rapporti di immanenza;
ma il contraddittorio del molteplice coesistente il fenomenico non può eliderlo da sé se non alla condizione di
adattarsi a una interpretazione determinata di base metafisica in nome della
quale il molteplice o venga affermato irriducibile ad un’unità onnicomprensiva
e quindi tale da non sopportare il confronto e l’equazione di parti che lo
costituiscono o venga predicato con un essere almeno ambiguo, o in altri
termini con un essere che ammette differenti gradi e che investendo di sé le
varie parti costitutive le scagliona su livelli multipli privandole dell’irriducibilità a un uno
coessenziale e comune, ma il fenomenico in sé come fenomenico puro, proprio per
il fatto che non solo sembra tollerare l’una e l’altra delle due determinazioni
metafisiche ma anche altre interpretazioni reali o possibili non ne verifica
nessuna privilegiatamente e, di fatto, non può verificare altro che un’unità
onnicomprensiva, se non altro in forza della comune coessenzialità intuitiva
molteplice e contingente in cui tutte le parti sue coincidono, e di conseguenza
altro che la simultaneità di un numerosissimo gruppo di rapporti di immanenza e
la conseguente contraddittorietà che ne scaturisce. Il pensiero, per conto suo,
modifica e inverte la valutazione del contraddittorio in quanto da un lato si vede
costretto a conservare quella contraddizione per il divenire che il fenomenico
ha eliso grazie al divenire stesso e, se supera il contraddittorio
dell’immanenza di due eterogenei diacronici, a ciò riesce grazie a una
qualunque dottrina in forza della quale la successione temporale con le sue
generazioni e corruzioni ((??)) vien affermata ontica, ma non ontologica,
dall’altro giunge ad abradere la contraddittorietà dei molteplici coesistenti
grazie alla sostituzione all’ontico fenomenico di un substrato essenziale entro
il quale la coesistenza del molteplice si dà con una loro inconfrontabilità e
ineguaglianza dissimetrica e, quindi, non si vincola né all’eterogeneità né
alla simultaneità; ed entrambe le operazioni è in grado di fare qualora tra sé
e la contraddizione il medio dimostrato che non tollera la contraddizione e
che, dichiarato essenziale ed ontologico, si sostituisce all’ontico fenomenico,
e qualora voglia
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inferire dal principio di contraddizione tutto il contenuto di energia
distruggitrice e negatrice che lo
pervade; che se invece il pensiero universalizza la sua condizione umana e
attribuisce a se stesso l’energia dell’essenziale, allora il compito gli è
ancor più facilitato, almeno dal punto di vista dell’intepretazione superficiale
se non dell’intelligibilità dell’ontico fenomenico, perché, qualora il pensiero
voglia procedere a siffatta universalizzazione, non gli resta altro da fare che
conservare intatte le due contraddizioni, la contraddizione per il divenire che
gli viene imposta dalla sua stessa natura e la contraddizione per il molteplice
che gli viene imposta dall’intuitivo fenomenico, ed erigerle a modi di
essenziale esistenza e apodittica interpretazione dei fenomeni. E in realtà la
contraddizione trae vitalità e sussistenza dal fenomenico e dalla condizione
temporale di questo e, inoltre, poiché è madre e generatrice della negazione,
pone a principi di questa quel fenomenico e quella temporalità del fenomenico
che si sovraordinano ad essa stessa in
qualità di principi: che dovunque ci sia contraddizione ivi ci sia negazione
già lo si è visto, e d’altra parte appare da questo breve discorso, che se
l’affermazione di assenza di un rapporto di immanenza è l’equivalente
dell’esclusione di siffatto rapporto dal pensiero in quanto legittimo e
dall’ontico in quanto simmetrico equivalente del pensiero legittimo, e se tale
esclusione è la conseguenza necessaria della sostituzione di un differente
rapporto che si pone di diritto, sia pure sul piano della mera possibilità, al
rapporto originario che si pone di fatto ma non eleva questa pretesa al
diritto, nella contraddizione, in cui la sostituzione di un possibile rapporto
di diritto al rapporto di fatto investe sia l’uno che entrambi i rapporti di
immanenza, ciascuno dei quali e tutt’ e due assieme si pongono l’uno nei
confronti dell’altro come rapporti di fatto eterogenei da quel rapporto di
diritto che è l’altro, sono apodittiche sia la conseguenza dell’esclusione o
dell’uno o di entrambi i rapporti sia la negazione che non è se non
l’espressione o indice o segno dell’esclusione o di quel suo equivalente che è
l’affermazione di assenza; ma perché ci sia contraddizione è necessario il
fenomenico, sia come temporalità sia come unità e unicità indeterminata,
giacché da un lato la simultaneità, condizione della contraddizione, esige la
valutazione di una coesistenza in genere, ossia di una generica
contemporaneità, che può essere tale per l’ontico fenomenico o per il pensiero,
e di una coesistenza di due rapporti di
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immanenza che non possono darsi senza l’unità di un onnicomprensivo o
in generale, dall’altro la negazione, senza la quale la contraddittorietà
smarrisce la sua essenza e il suo significato, diviene possibile solo sotto un
punto di vista di diacronicità, valido o per il pensiero o per il fenomenico
insieme o per il pensiero soltanto; per questo è lecito porre il fenomenico e
il temporale a principi del contraddittorio e della negazione. D’altra parte,
appunto per il fatto che contraddizione e negazione traggono la loro ragione
dalla temporalità del fenomenico, la sfera dell’intelligibilità pura viene
liberata dal contraddittorio e dalla negazione come fatti che possono
verificarsi in essa per un pensiero di condizione umana, non certo per la sfera
stessa in sé: un processo dialettico che si verifichi entro gli intelligibili
quasi entro un mondo di idee di tipo platonico, una dialettica cioè il cui
motore sia negli intelligibili stessi e non nel pensiero che li contempla,
rapporta l’intelligibile a un altro o come un tutto alla sua parte nel caso in cui siano di differenti livelli di
intelligibilità o come tutto a tutto nel caso che siano di intelligibilità
complanare; la prima rapportazione arresta l’identificazione a quel limite del
tutto che si dà in atto e nella totalità della specie e nella parzialità del
genere e non procede oltre perché la sosta è, per dir così automatica e
apodittica, mentre la seconda rapportazione procede all’identificazione dei due
cogeneri sino alla soglia che divide il coessenziale dall’eterogeneo della loro
comprensione e più oltre non procede per un arresto nello stesso modo
automatico e apodittico; solo un pensiero di condizione umana può oltrepassare
le due soglie e con ciò cadere nel contraddittorio, e per questo nella sfera dell’intelligibilità
penetra la negazione; come pure, per lo stesso motivo solo le metafisiche che
escludono totalmente il fenomenico dall’intelligibile o che includono quello in
questo pel tramite di una razionalizzazione del primo liberano assolutamente l’intelligibile
dal contraddittorio e dal negativo e relativizzano la contraddittorietà e la
negazione o al pensiero di condizione umana o al fenomenico in quanto non
razionalizzato.
[pag. 74’ F1 ((si trova sulla
facciata 1, ma è il seguito della facciata 4))] [((N.B. esistono due fogli 74:
ho chiamato il primo 74, il secondo 74’))]
E’ logico che una teoria
metafisica a base totalmente platonica, la quale abbia escluso da sé il
fenomenico in quanto temporale, annulli anche la contraddizione e la negazione
che ne deriva, e ne faccia una delle modalità dello stato di un pensiero di
condizione umana. Ma diversa è la condizione in cui viene a trovarsi una
metafisica la quale ampli la sfera del razionale fino ad abbracciare il
fenomenico e a farne uno dei suoi momenti, sia pur anche l’infimo; essa è
tenuta a dare un valore alla contraddizione e a determinare i limiti entro cui
la contraddizione può conservare validità. Se il processo di inclusione del
fenomenico entro la gerarchia degli intelligibili fosse uno ed univoco, tutte
le metafisiche di base aristotelica concluderebbero in una sola definizione
ontica e valutativa della contraddizione, in quanto non potrebbero non vedere
in essa se non o un modo della contemplazione di condizione umana che non
corrode per nulla l’ontico - restando qui, a lato dell’aporia indicata nel
discorso sulla contraddizione per divenire, l’altra aporia di ridurre ad unità
qualitativamente omogenea i due modi divaricantisi dell’ontico in sé e
dell’ontico come contemplante sé - o un modo di esistenza essenziale ed
apodittico per l’ontico in sé che nessun pregiudizio riceve da ciò che la
negazione è per il pensiero umano - e anche qui si dà un’aporia che non sarà
più quella di unificare in omogeneità due eterogenei, giacché la contraddizione
è il segno e la legge dell’ontico, bensì sarà l’aporia di un pensiero che deve
piegarsi a due legislazioni antinomiche, valendosi nei confronti della
negazione del diritto che ha di escluderla e insieme essendo costretto ad
accettare in sé necessariamente la negazione come negazione -. Ma in realtà il
processo di ampliamento dell’intelligibilità fino a comprendere entro questa il
fenomenico può aver luogo in due direzioni, secondo una via all’ingiù che
sovrappone i modi e la legislazione dell’intelligibile al fenomenico, secondo
una via all’insù che assolutizza e universalizza
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