- 94 -
[pag.94 F1]
a fondamento
della predicazione di un giudizio categorico quale si dà in un’intuizione
immediata, consiste sempre nella validità dei risultati dell’analisi che si
conduce sul concetto del soggetto la quale deve rivelare presente nella
connotazione di esso il concetto del predicato, il che esclude l’eterogeneità
tra soggetto e predicato, anzi esclude di fatto e di diritto il confronto qualitativo
e materiale, nel senso che il risultato di siffatta analisi offre il rapporto
di parte a tutto, e quindi due termini che dal punto di vista della qualità non
sono né identici né diversi, in quanto dal tal punto inconfrontabili; comunque,
non è lecito parlare di un’eterogeneità del predicato dal soggetto di un
giudizio categorico; ma allora neppure è lecito riguardare il loro rapporto
come un nesso di ragione verificante un vincolo causale ontico; e poiché la
pretesa di trattare il rapporto di predicazione di un giudizio categorico come segno di un nesso causale è frustrato
dall’assenza di eterogeneità dei termini in rapporto, questa assenza è da
considerarsi ragione delle modificazioni che dovranno essere apportate alle due
connotazioni onde queste tollerino di inquadrarsi entro lo schema di un nesso
causale. A tal scopo il pensiero si chiude in sé e pone come possibile una
certa struttura della connotazione del soggetto e del predicato; poiché sono
assolutamente equipollenti i moti dialettici che al fine di fondare l’esistenza
e l’intelligibilità vanno dal soggetto al predicato o dal predicato al
soggetto, sul piano meramente formale sarà indifferente per il pensiero
assumere come modello del rapporto di ragione il processo dialettico
soggetto-predicato o predicato-soggetto. Ma non indifferente è la scelta per
ciò che riguarda l’elaborazione cui devono sottoporsi le due connotazioni: se
il predicato è assunto a principio del soggetto, la connotazione del
concetto-predicato è assunta come una totalità indifferenziata e semplice,
entro cui qualunque analisi connotativa è un fatto puramente relativo al
soggetto conoscente, la connotazione del concetto-soggetto è pure assunta come
un’unità totale semplice e indifferenziata, entro cui il pensiero può rinvenire
una molteplicità di modi qualitativi alla condizione che esso valuti la
molteplicità come un dato valido solo per una conoscenza di tipo umano, e vuoto
di qualunque effettiva corrispondenza con l’ontico intelligibile - dato X è B,
del tipo Socrate è uomo, la connotazione di X e di B è pensabile come sintesi
di esistenza, vita, animalità, mammiferinità, razionalità, alla condizione che
il dirompere della sintesi nei molti che la costituiscono sia una condizione
del conoscere umano e quindi un relativo a questa, mentre di diritto deve
essere pensata come un uno entro cui si danno in semplicità e omogeneità
[pag 94 F 2]
indifferenziata
quei molti qualitativi la cui molteplicità pareva prima essere elisa dall’atto
sintetico del pensamento unitario -; entrambe le connotazioni secondo la loro
rispettiva modalità possono venir relazionate dal pensiero secondo un rapporto
che varia a seconda che o pretenda di rappresentare il nesso ontico che vincola
la connotazione del concetto-soggetto alla connotazione del concetto-predicato
o si limiti a porsi a segno del nesso cognitivo in cui si pongono le due
connotazioni nella cognizione relativa alla conoscenza umana: se il pensiero si
limita a considerare la differenza cognitiva che distingue le due connotazioni,
il concetto predicato entra col concetto-soggetto in un rapporto che è di tutto
a parte, in quanto il primo aduna in sé a lato delle denotanti che ha in comune
col soggetto anche tutte le denotanti che s’aggiungono alle prime per dar vita
a tanti intelligibili quanti sono i concetti che si pongono col
concetto-predicato nello stesso rapporto in cui il concetto-soggetto del
giudizio considerato si pone con esso - dato X è B, del tipo Socrate è uomo, la
connotazione di X dovrà pensarsi sintesi di B e di quel denotante X1
che distingue e differenzia la connotazione di X dalle connotazioni di tutti
gli intelligibili che possono prendere B a loro predicato secondo lo stesso
rapporto sotto cui B è predicato ad X; la connotazione di B invece dovrà essere
pensata come la sintesi di B, ossia di tutte le denotanti che restano ad X una
volta tolto X1, e di tutte le denotanti le quali si ritrovano a lato
di B in tutti gli intelligibili che tollerano il predicato B secondo lo stesso
rapporto di predicazione in cui B si pone rispetto ad X nel giudizio X è B, e
delle quali X1 è una; in tal modo X si porrà come una parte di B e
precisamente come il resto che si dà una volta che si tolgano da B tutte le
connotazioni degli intelligibili cogeneri di X; ma siffatto modo di rapporto,
appunto perché tratta le due connotazioni come delle molteplicità in sintesi
operazionale e non ontica e quindi tali da poter essere manipolate al pari di
quantitativi pluralizzati, riflette il modo secondo cui gli intelligibili
vivono entro l’atmosfera di un pensiero di condizione umana e ignora il modo
con cui il pensiero deve pensarli se vuol adeguare le sue rappresentazioni alla
struttura ontica dei corrispondenti reali razionali-; non appena il pensiero si
dà
[pag.94 F3]
cura di
orientare il pensamento degli intelligibili secondo la direzione di
accostamento al modo con cui gli intelligibili sussistono in sé, la
connotazione del concetto-predicato, illazionato alla connotazione del
concetto-soggetto, è rappresentata come l’unità semplice del razionale nell’atto
in cui si fraziona e si suddivide in tanti intelligibili quante sono le
eterogeneità che nell’unità omogenea insorgono al subentrare ad essa del
molteplice e che appunto in virtù delle differenze qualitative che le dividono
consentono un mutarsi dell’uno in molti che sia effettivo molteplice
qualitativo; e tale spezzettamento può essere riguardato da due punti di vista
diversi, come il termine estremo di una successione di determinazioni che si
son date nella situazione dell’intelligibile ontico rappresentato dal
concetto-predicato, e insieme come il momento primo di una successione di
determinazioni destinate a verificarsi nell’eterogenea situazione di una zona
sola dell’intelligibile ontico rappresentato dal concetto-soggetto, essendo il
termine estremo e il momento primo due eterogenei essi stessi, in quanto il
primo è il dirompere di una totale indeterminata in una quantità fissa e
calcolabile di determinabili ed eterogeneizzabili e il secondo è una stasi
immutabile indeterminata ed omogenea in sé, solo relativamente determinabile ed
eterogeneizzabile, ma siffatto rapporto è appunto quello schema particolare di
nesso causale di cui si andava alla ricerca e il pensiero può in pieno diritto
farlo sostituto del nesso di predicazione del giudizio categorico divenuto per
questa elaborazione giudizio ipotetico dato il giudizio X è B, del tipo Socrate è uomo, quando si
faccia di B un’unità indeterminata omogenea semplice colta nell’atto stesso in
cui dirompe e si moltiplica in tante ripetizioni di se stessa quante sono gli
eterogenei che risultano dal suo pluralizzarsi, se si ignora la questione
aporetica del rapporto che deve pure intercorrere tra le eterogeneità che
distinguono i molti e la semplicità uniforme entro cui esse debbono annegarsi
dell’((??nell’??)) uno, X risulterà uno dei tanti eterogenei, astrattamente
separato dagli altri che han trovato simultanea origine nel frazionamento del
loro principio, e il rapporto che intercorre tra X e B è di effetto a causa,
essendo X e B due simultanei e insieme due determinazioni eterogenee di due
eterogenee situazioni ontiche nell’una delle quali l’effetto è la prima della
catena di determinazioni che le sussegueranno, nell’altra la causa è l’ultima
delle
[pag 94 F 4]
determinazioni
che l’hanno preceduta, tant’è vero che sotto il nuovo punto di vista il
giudizio categorico X è B diventa equivalente dell’ipotetico se B è, è X, il
cui senso profondo suona se B passa dall’unità al molteplice, nell’ontico
l’intelligibilità si determina secondo X,-; una volta che siano state così
determinate le connotazioni del concetto-soggetto e del concetto-predicato,
vengono meno tutte le modalità che son essenziali al giudizio categorico e che
insieme ostacolano la sua riduzione a rapporto causale: infatti la liceità che
il concetto X possiede di lasciarsi predicato da più concetti oltre che dal
predicato considerato, null’altro è che il segno apparente, diciamo così
fenomenico o relativo alla conoscenza di condizione umana, di prendere in
considerazione sia tutte le traduzioni dell’uno intelligibile in molti che
hanno preceduto e consentito l’ultimo di cui la predicazione di B ad X è quella
contemplata nel giudizio sia tutte le identiche traduzioni che seguono e
trovano in questa la loro ragione, e non designa per nulla la variabilità delle
cause in rapporto a un effetto unico ed univoco contraddittorio alla struttura
formale del nesso causale ontico; e del pari la liceità di predicare il
medesimo concetto B a concetti altri da X secondo lo stesso rapporto di
predicazione sotto cui B si lega ad X nel giudizio X è B, non indica affatto la
variabilità degli effetti da un’unica ed univoca causa secondo un medesimo
nesso di simultaneità e di situazioni, variabilità che contraddice alle forme
di un rapporto ontico di causalità, ma è il semplice segno della modalità in
cui si attua la causalità di B, ossia del fatto che B è causa in quanto spezza
se stesso in molti intelligibili eterogenei, i quali sono altrettanti effetti
simultanei e distinguibili separatamente non nell’ontico ma nelle condizioni in
cui il pensiero è capace ed è costretto a conoscerli: in quest’ultimo caso la
legittimità dei giudizi X è B, Y è B, Z è B ecc., nei quali X, Y, Z sono
eterogenei, cogeneri, effetti equivalenti di B, si dà e non contraddice alla causalità univoca di B in quanto la loro
pluralità e distinzione è effetto della condizione astraente e progressiva del
conoscere umano, e in quanto di fatto il loro pluralizzarsi dev’essere ridotto
all’unico giudizio “ la classe di X (X, Y, Z....N) è B “, equivalente a “ se è
B, è la classe di X “, e a “se B passa dall’unità alla pluralità,
l’intelligibile ontico si determina secondo la classe di X”. A questo punto, il
confronto fra quel che è il giudizio categorico prima dell’elaborazione e quel
che è diventato il giudizio una volta elaborato, dimostra che è stato lecito
|