- 95 -
[pag. 95 F 1]
trattare il
giudizio come segno di un nesso causale, alla condizione però di sostituirgli
un’ontità cognitiva altra da quella sotto cui si presentava all’intuizione
immediata originaria: anche ammettendo in generale il pregiudizio platonico che
la fondazione dell’esistenza e ((o??))
dell’intelligibilità abbia luogo in un giudizio categorico grazie al moto
dialettico dal predicato al soggetto, la statica posizione di specie che il
concetto di questo assume nei confronti della genericità del concetto di quello
e la natura di parzialità della specie rispetto alla totalità del genere, che
sono i modi secondo i quali tale moto
impone di pensare soggetto e predicato interrelati, non ha nessun punto di
contatto con il dinamico infrangersi del concetto- generico con cui coincide
l’esistere della specie, sia perché a questa immagine che si dà nel pensato non
corrisponde nessuna intuizione nell’ontico in sé, sia perché, soprattutto, nel
giudizio categorico una delle condizioni di intelligibilità del nesso di
predicazione è la simultanea esistenza dei due concetti, mentre la condizione
di intelligibilità della predicazione del giudizio ipotetico sotteso al
categorico è la sostituzione nell’esistere del concetto specie o soggetto al
concetto genere o predicato, ossia il non essere di questo a favore dell’essere
dell’altro, essendoci tra giudizio categorico e giudizio ipotetico
corrispondente lo stesso rapporto che passa tra la formula dell’acqua, in cui
il pensiero conserva le masse gassose separate in quanto antecedenti conservati
nella rappresentazione mnemonica, e l’insorgere nell’ontico dell’acqua stessa,
in cui le masse gassose cedono il proprio esistere a una equivalente quantità
di massa liquida. Se, invece, l’elaborazione delle connotazioni dei concetti di
un giudizio categorico ha luogo sotto l’impero del presupposto che di
fondamento all’intelligibilità e all’esistenza dei fattori del giudizio stia
una dialettica dal soggetto al predicato, la funzione di principio del soggetto
impone una modifica alla sua connotazione che ne faccia una causa: poiché il
rapporto di principio a conseguenza tra soggetto e predicato tocca non il
vincolo di specie a genere che è fondamento del rapporto, ma la relazione da
parte a tutto che questa volta è dal predicato, che deve essere pensato come
una componente della totalità del concetto-soggetto, al soggetto che deve
riguardarsi come il complessivo entro cui immane come costituente il concetto-predicato, e la genesi
dell’esistenza e dell’intelligibilità, dell’esistenza per la quale il pensiero
deve trascorrere dal soggetto al predicato per rendersi conto come possa darsi
nel pensato una nozione qual è quella del predicato, dell’intelligibilità che
investe il predicato, alla condizione però che sia analizzata la comprensione
del soggetto in quella denotante che sarà poi eretta a predicato, per
riflettersi poi dal predicato
[pag.95 F2]
al soggetto,
siffatto modo di interpretare il nesso di predicazione dato dall’intuizione
riflessa e immediata del giudizio categorico sostituisce una differente
immagine della struttura generico-formale dei concetti e in particolare del
concetto-principio a quella che l’opposta interpretazione, a base platonica,
consente: là si ha un genere che, dovendo comprendere in sé una specie, quella
del concetto-soggetto, e insieme tutte le altre specie che siano cogeneri di
questo e insieme giacciano a un medesimo piano di intelligibilità, non offre la
liceità di essere pensata come una sintesi di molteplici denotazioni in forza
del principio contraddizione che imporrebbe di predicargli degli eterogenei
sotto il medesimo punto di vista e nel medesimo tempo o che comporterebbe la
predicazione simultanea di molti eterogenei a un unico ed univoco intelligibile
secondo un nesso di predicazione valido solo alla condizione o di muovere da
una contraddittorietà intrinseca alla nozione su cui s’appuntano le
predicazioni e quindi di partire appunto dall’inintelligibilità e impossibilità
del concetto, predicato nel giudizio categorico, o di assegnare alla
contraddittorietà delle predicazioni una funzione differente da quella di
designare degli immanenti, la funzione cioè di segnare degli effetti e quindi
dei determinati riconducibili al soggetto in quanto ricco di una determinazione
altra da quella che ha in un giudizio categorico; il che è appunto quel che là
si fa, quando la predicazione delle molteplici specie all’unico genere non ha
il significato né di un’asserita immanenza sotto un univoco punto di vista e in un identico istante di
molteplici contraddittori in un solo
intelligibile né di un’asserita identità di un solo intelligibile con molti altri intelligibili eterogenei tra
loro, ma acquista la portata di un asserito rapporto causale tra una certa
situazione ontica determinata dal darsi in simultaneità di una moltitudine di
cogeneri eterogenei, e una diversa situazione ontica determinata dal
sovraggiungere dalla nuova determinazione dell’esistere secondo la pluralità; a
parte il fatto delle molte aporie che l’immagine accoglie, un semplice che è
omogeneo e insieme destinato a lasciarsi sostituire da eterogenei, una
modificazione quantitativa che equivale a un mutamento qualitativo, la
fondazione di una eterogeneità di molti su ontici cogeneri inanalizzabili, aporie che son proprie di
qualunque platonismo, resta che il moto dialettico dal predicato al soggetto in
un giudizio categorico impone di aggiungere alla connotazione dei due concetti,
al fine di situarli in un
[pag.95 F 3]
nesso che
sia immagine di una causalità ontica, una modifica che tenga conto della loro
inscindibilità - sia dato il giudizio categorico X è B, in cui X, cogenere
eterogeneo e colivellare di Y, Z,...N, sia specie di B e riceva intelligibilità
ed esistenza da una dialettica che abbia a suo principio B; dovrà darsi
anzitutto la liceità di affermare che B è X e che B è X, Y, Z,...N; ma se B è
X, Y, Z,...N, data l’eterogeneità di X, Y, Z,..N, si avrà che X, Y, Z,...N sono
predicati simultaneamente e sotto univoco punto di vista a B, o che X, Y, Z...N
sono identificati con B; se B è pensato come sintesi di molti denotanti, il
principio di contraddizione, in entrambi i casi che nulla di altro sono dalle applicazioni delle sue due
definizioni, fa di B un inintelligibile e un impossibile; se X, Y, Z,...N son
predicati a B e insieme rappresentati in un rapporto con B che non è di
immanenza, il principio di contraddizione non è offeso e il giudizio B è X, Y,
Z,..N conserva la sua legittimità; ma perché X, Y, Z,..N non siano immanenti in
B, è necessario che il rapporto di genere a specie tra il secondo e il primo
sia rappresentato come rapporto genetico-causale, e inoltre è necessario che né
B né X, Y, Z...N siano pensati come sintesi ma come unità semplici, il che
renderebbe del tutto inintelligibile il nesso B è X, Y, Z...N, se B non venisse
pensato come arricchito dalla determinazione dell’esistere in pluralità e
quindi secondo la modificazione dall’uno e semplice al molto e complesso, e se
X, Y, Z....N non fossero identificati coi molti secondo cui B può esistere, con
un’immagine, dunque, che, se identifica X, Y, Z...N con B, e, con ciò, fonda la
legittimità del giudizio in ossequio al principio di identità, sostituisce
insieme alla struttura dei concetti che fa dell’enunciato un giudizio
categorico, una struttura che fa dell’enunciato un giudizio ipotetico
((ipotico??)), se B è secondo la determinazione della molteplicità, X, Y, Z..N
sono nella loro determinazione della pluralità eterogenea -. Ma si capovolga il
rapporto di ragione e si faccia del soggetto del giudizio categorico il
principio di esistenza e di intelligibilità del predicato, poiché ciò può
avvenire solo se la connotazione del concetto-predicato è ritrovata entro la
connotazione del concetto-soggetto con la natura formale di un momento che
partecipa dell’esistenza del tutto e la cui analisi coincide con l’analisi di
una parte del tutto, la struttura formale del concetto-soggetto necessariamente
è rappresentata come la sintesi di molti eterogenei, e, di conseguenza, diviene
criterio apriori che ogni concetto sia connotato da una pluralità di eterogenei
cui l’unità proviene nell’ontico dalla
[pag 95 F 4]
sintesi, nel
pensato dall’unicità dell’atto con cui la pluralità è rappresentata; accolto
l’impegno di identificare un fondamento sotteso al giudizio categorico
riconducendo al quale il rapporto di predicazione di questo, risulti tra
soggetto e predicato un rapporto di ragione che sia segno di un nesso causale
ontico, si tratterà di definire la sintesi di molteplici alla quale formalmente
si riduce l’unità dell’intelligibile, si tratterà cioè di determinare una
successione tale dei molteplici che da un lato faccia di ciascuno dei molti un
dipendente condizionale da ((??dai??)) denotanti che lo prendono in quanto
condizionanti, e insieme un sovraordinato condizionatore dei denotanti che lo
seguono in quanto condizionati; il che non è un modo arbitrario assunto dal
pensiero casualmente per sostituire alla pluralità una struttura sintetica
qualsivoglia che riduca il molto ad uno senza eliderlo, ma è l’unica modalità
che il pensiero ritrova in se stesso quando, avendo che fare con una quantità
di intelligibili eterogenei e dovendo per la forza del principio d’identità
ridurli a una struttura pensabile con un unico atto costantemente ripetibile
secondo forme identiche, incatena gli intelligibili in serie dominate dal
principio di ragione, entro le quali i vincoli necessari da condizionante a
condizionato generano una continuità infrazionata lungo cui corre il moto
dell’attenzione intelligente fattosi da dialettico uniforme e continuo; una
volta ridotta la pluralità disorganica dei denotanti eterogenei del
concetto-soggetto, e di qualsivoglia altro concetto, a serie organica e
unificatrice di denotanti in rapporto di principio a conseguenza, di condizionante a condizionante, il
concetto-predicato con la sua connotazione da semplice parte componente si fa
fattore organico di denotazione secondo la funzione di condizionare alcuni
denotanti e di ricevere condizionamento da altri, acquista ciò un valore
intelligibile non solo in sé ma nel suo modo relativo di componente, dato
l’ordine logico cui la successione indifferenziata delle denotanti è stata
ridotta; basterà adesso arricchire con una determinazione appropriata ciascuna
delle denotanti del concetto-soggetto e trattare la determinazione sovraggiunta
come l’ultima di una serie di modifiche insorte nella situazione costituita
dalle denotazioni condizionanti, perché la denotante considerata possa essere
pensata come la rappresentazione confusa di due distinti, da un lato una
situazione eterogenea, costituita dalle medesime denotazioni arricchite di
qualcosa di nuovo, dall’altro una determinazione eterogenea simultanea
all’altra e insieme prima di una serie di nuovi modi
|