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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 51 - 101
    • 95
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trattare il giudizio come segno di un nesso causale, alla condizione però di sostituirgli un’ontità cognitiva altra da quella sotto cui si presentava all’intuizione immediata originaria: anche ammettendo in generale il pregiudizio platonico che la fondazione dell’esistenza  e ((o??)) dell’intelligibilità abbia luogo in un giudizio categorico grazie al moto dialettico dal predicato al soggetto, la statica posizione di specie che il concetto di questo assume nei confronti della genericità del concetto di quello e la natura di parzialità della specie rispetto alla totalità del genere, che sono i modi secondo  i quali tale moto impone di pensare soggetto e predicato interrelati, non ha nessun punto di contatto con il dinamico infrangersi del concetto- generico con cui coincide l’esistere della specie, sia perché a questa immagine che si nel pensato non corrisponde nessuna intuizione nell’ontico in sé, sia perché, soprattutto, nel giudizio categorico una delle condizioni di intelligibilità del nesso di predicazione è la simultanea esistenza dei due concetti, mentre la condizione di intelligibilità della predicazione del giudizio ipotetico sotteso al categorico è la sostituzione nell’esistere del concetto specie o soggetto al concetto genere o predicato, ossia il non essere di questo a favore dell’essere dell’altro, essendoci tra giudizio categorico e giudizio ipotetico corrispondente lo stesso rapporto che passa tra la formula dell’acqua, in cui il pensiero conserva le masse gassose separate in quanto antecedenti conservati nella rappresentazione mnemonica, e l’insorgere nell’ontico dell’acqua stessa, in cui le masse gassose cedono il proprio esistere a una equivalente quantità di massa liquida. Se, invece, l’elaborazione delle connotazioni dei concetti di un giudizio categorico ha luogo sotto l’impero del presupposto che di fondamento all’intelligibilità e all’esistenza dei fattori del giudizio stia una dialettica dal soggetto al predicato, la funzione di principio del soggetto impone una modifica alla sua connotazione che ne faccia una causa: poiché il rapporto di principio a conseguenza tra soggetto e predicato tocca non il vincolo di specie a genere che è fondamento del rapporto, ma la relazione da parte a tutto che questa volta è dal predicato, che deve essere pensato come una componente della totalità del concetto-soggetto, al soggetto che deve riguardarsi come il complessivo entro cui immane  come costituente il concetto-predicato, e la genesi dell’esistenza e dell’intelligibilità, dell’esistenza per la quale il pensiero deve trascorrere dal soggetto al predicato per rendersi conto come possa darsi nel pensato una nozione qual è quella del predicato, dell’intelligibilità che investe il predicato, alla condizione però che sia analizzata la comprensione del soggetto in quella denotante che sarà poi eretta a predicato, per riflettersi poi dal predicato

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al soggetto, siffatto modo di interpretare il nesso di predicazione dato dall’intuizione riflessa e immediata del giudizio categorico sostituisce una differente immagine della struttura generico-formale dei concetti e in particolare del concetto-principio a quella che l’opposta interpretazione, a base platonica, consente: si ha un genere che, dovendo comprendere in sé una specie, quella del concetto-soggetto, e insieme tutte le altre specie che siano cogeneri di questo e insieme giacciano a un medesimo piano di intelligibilità, non offre la liceità di essere pensata come una sintesi di molteplici denotazioni in forza del principio contraddizione che imporrebbe di predicargli degli eterogenei sotto il medesimo punto di vista e nel medesimo tempo o che comporterebbe la predicazione simultanea di molti eterogenei a un unico ed univoco intelligibile secondo un nesso di predicazione valido solo alla condizione o di muovere da una contraddittorietà intrinseca alla nozione su cui s’appuntano le predicazioni e quindi di partire appunto dall’inintelligibilità e impossibilità del concetto, predicato nel giudizio categorico, o di assegnare alla contraddittorietà delle predicazioni una funzione differente da quella di designare degli immanenti, la funzione cioè di segnare degli effetti e quindi dei determinati riconducibili al soggetto in quanto ricco di una determinazione altra da quella che ha in un giudizio categorico; il che è appunto quel che si fa, quando la predicazione delle molteplici specie all’unico genere non ha il significato né di un’asserita immanenza sotto un univoco  punto di vista e in un identico istante di molteplici contraddittori  in un solo intelligibile né di un’asserita identità di un solo intelligibile  con molti altri intelligibili eterogenei tra loro, ma acquista la portata di un asserito rapporto causale tra una certa situazione ontica determinata dal darsi in simultaneità di una moltitudine di cogeneri eterogenei, e una diversa situazione ontica determinata dal sovraggiungere dalla nuova determinazione dell’esistere secondo la pluralità; a parte il fatto delle molte aporie che l’immagine accoglie, un semplice che è omogeneo e insieme destinato a lasciarsi sostituire da eterogenei, una modificazione quantitativa che equivale a un mutamento qualitativo, la fondazione di una eterogeneità di molti su ontici cogeneri  inanalizzabili, aporie che son proprie di qualunque platonismo, resta che il moto dialettico dal predicato al soggetto in un giudizio categorico impone di aggiungere alla connotazione dei due concetti, al fine di situarli in un

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nesso che sia immagine di una causalità ontica, una modifica che tenga conto della loro inscindibilità - sia dato il giudizio categorico X è B, in cui X, cogenere eterogeneo e colivellare di Y, Z,...N, sia specie di B e riceva intelligibilità ed esistenza da una dialettica che abbia a suo principio B; dovrà darsi anzitutto la liceità di affermare che B è X e che B è X, Y, Z,...N; ma se B è X, Y, Z,...N, data l’eterogeneità di X, Y, Z,..N, si avrà che X, Y, Z,...N sono predicati simultaneamente e sotto univoco punto di vista a B, o che X, Y, Z...N sono identificati con B; se B è pensato come sintesi di molti denotanti, il principio di contraddizione, in entrambi i casi  che nulla di altro sono dalle applicazioni delle sue due definizioni, fa di B un inintelligibile e un impossibile; se X, Y, Z,...N son predicati a B e insieme rappresentati in un rapporto con B che non è di immanenza, il principio di contraddizione non è offeso e il giudizio B è X, Y, Z,..N conserva la sua legittimità; ma perché X, Y, Z,..N non siano immanenti in B, è necessario che il rapporto di genere a specie tra il secondo e il primo sia rappresentato come rapporto genetico-causale, e inoltre è necessario che né B né X, Y, Z...N siano pensati come sintesi ma come unità semplici, il che renderebbe del tutto inintelligibile il nesso B è X, Y, Z...N, se B non venisse pensato come arricchito dalla determinazione dell’esistere in pluralità e quindi secondo la modificazione dall’uno e semplice al molto e complesso, e se X, Y, Z....N non fossero identificati coi molti secondo cui B può esistere, con un’immagine, dunque, che, se identifica X, Y, Z...N con B, e, con ciò, fonda la legittimità del giudizio in ossequio al principio di identità, sostituisce insieme alla struttura dei concetti che fa dell’enunciato un giudizio categorico, una struttura che fa dell’enunciato un giudizio ipotetico ((ipotico??)), se B è secondo la determinazione della molteplicità, X, Y, Z..N sono nella loro determinazione della pluralità eterogenea -. Ma si capovolga il rapporto di ragione e si faccia del soggetto del giudizio categorico il principio di esistenza e di intelligibilità del predicato, poiché ciò può avvenire solo se la connotazione del concetto-predicato è ritrovata entro la connotazione del concetto-soggetto con la natura formale di un momento che partecipa dell’esistenza del tutto e la cui analisi coincide con l’analisi di una parte del tutto, la struttura formale del concetto-soggetto necessariamente è rappresentata come la sintesi di molti eterogenei, e, di conseguenza, diviene criterio apriori che ogni concetto sia connotato da una pluralità di eterogenei cui l’unità proviene nell’ontico dalla

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sintesi, nel pensato dall’unicità dell’atto con cui la pluralità è rappresentata; accolto l’impegno di identificare un fondamento sotteso al giudizio categorico riconducendo al quale il rapporto di predicazione di questo, risulti tra soggetto e predicato un rapporto di ragione che sia segno di un nesso causale ontico, si tratterà di definire la sintesi di molteplici alla quale formalmente si riduce l’unità dell’intelligibile, si tratterà cioè di determinare una successione tale dei molteplici che da un lato faccia di ciascuno dei molti un dipendente condizionale da ((??dai??)) denotanti che lo prendono in quanto condizionanti, e insieme un sovraordinato condizionatore dei denotanti che lo seguono in quanto condizionati; il che non è un modo arbitrario assunto dal pensiero casualmente per sostituire alla pluralità una struttura sintetica qualsivoglia che riduca il molto ad uno senza eliderlo, ma è l’unica modalità che il pensiero ritrova in se stesso quando, avendo che fare con una quantità di intelligibili eterogenei e dovendo per la forza del principio d’identità ridurli a una struttura pensabile con un unico atto costantemente ripetibile secondo forme identiche, incatena gli intelligibili in serie dominate dal principio di ragione, entro le quali i vincoli necessari da condizionante a condizionato generano una continuità infrazionata lungo cui corre il moto dell’attenzione intelligente fattosi da dialettico uniforme e continuo; una volta ridotta la pluralità disorganica dei denotanti eterogenei del concetto-soggetto, e di qualsivoglia altro concetto, a serie organica e unificatrice di denotanti in rapporto di principio  a conseguenza, di condizionante a condizionante, il concetto-predicato con la sua connotazione da semplice parte componente si fa fattore organico di denotazione secondo la funzione di condizionare alcuni denotanti e di ricevere condizionamento da altri, acquista ciò un valore intelligibile non solo in sé ma nel suo modo relativo di componente, dato l’ordine logico cui la successione indifferenziata delle denotanti è stata ridotta; basterà adesso arricchire con una determinazione appropriata ciascuna delle denotanti del concetto-soggetto e trattare la determinazione sovraggiunta come l’ultima di una serie di modifiche insorte nella situazione costituita dalle denotazioni condizionanti, perché la denotante considerata possa essere pensata come la rappresentazione confusa di due distinti, da un lato una situazione eterogenea, costituita dalle medesime denotazioni arricchite di qualcosa di nuovo, dall’altro una determinazione eterogenea simultanea all’altra e insieme prima di una serie di nuovi modi




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