- 98 -
[pag 98 F1]
tra le
connotazioni del genere e della specie, con una concentrazione di attenzione su
quel concetto che abbraccia in sé l’altro che gli immane, solo la presunzione
della pregiudiziale aristotelica che il genere coincida con il denotante e la
specie col denotato e che il moto dialettico da denotante a denotato coincida
univocamente col moto logico da predicato a soggetto e ne costituisca l’essenza intelligibile, assegna come unica
ed univoca al giudizio categorico la struttura Socrate è uomo, ma
nell’effettuale pensato è indistinto che il rapporto logico da predicato a
soggetto sia sostanziato dal moto dialettico da denotante a denotato e che il
denotato debba coincidere colla specie, donde deriva che già con la stessa
pregiudiziale aristotelica il giudizio categorico Socrate è uomo è equipollente al giudizio categorico
((-Un??)) uomo è Socrate, e che fuori da tale pregiudiziale i due giudizi sono
entrambi leciti ed equivalenti, e tutto ciò sta ad indicare che la differenza
di estensione è criterio indeterminato e insufficiente a segnare fra più
concetti il concetto-principio; infine, se l’intento del pensiero è quello di
stabilire un’identità del concetto-soggetto col concetto - che è principio del
moto dialettico, è indifferente affermare che uomo è Socrate o che Socrate è
uomo pur che venga sostituito al punto di vista che nel genere vuol vedere il
principio il punto di vista opposto che cerca il principio nella specie. L’osservazione
che deve farsi sul rapporto di ragione tra due concetti che abbiano denotazioni
in comune e la cui eterogeneità abbia il suo fondamento su differenze
quantitative è che l’estensione non è sufficiente a stabilire a chi spetti la
funzione di principio, appunto perché le differenze nelle quantità dei
rispettivi denotati, assolutamente considerati in sé, sono troppo indeterminate
perché sia lecito inferirne un’identità tra la funzione generica e la natura di
principio da un lato e la funzione speciale e la natura di conseguenza
dall’altro e viceversa; tutt’al più è dato rilevare che l’assunzione della
specie a principio facilita il processo dialettico, sia sotto il punto di vista
dell’acquisizione del sapere che sotto quello della contemplazione del rapporto,
ed elide aporie presenti nell’assunzione opposta: quando principio sia il
genere, la dialettica dal genere alla specie non si vede come possa essere
originaria e primaria, in quanto senza l’esistenza e la conoscenza della specie
non è presente al pensiero il genere, comunque ci si voglia rappresentare la
genesi nel pensiero consapevole del genere o per astrazione dalla specie o per
una elaborazione complessa di cui l’esistenza della specie non è che il
principio motore; se principio è il genere, non si vede come esso possa
conservare al tempo stesso il primato nell’intelligenza e nella esistenza, dal
[pag.98 F 2]
momento che
non è dato rappresentarsi in atto la genesi della specie dal genere, ma
soltanto l’intelligenza della specie dall’intelligenza del genere, essendo la
genesi dell’esistenza o pensamento dalla specie al genere; se principio è il
genere, data l’ignoranza degli effettivi rapporti causativi che legano il
generico allo specifico, non si vede come il genere possa porre la specie se
non alla condizione che sia data già la specie e il rapporto che la connette al
genere; capovolgendo invece il rapporto di ragione e muovendo dalla specie al
genere, la dialettica dalla specie al genere conserva di diritto che
((da??))quel primato che ha di fatto, la genesi dell’un concetto dall’altro si
dà sia sotto il punto di vista dell’intelligibilità che sotto quello della
esistenza o pensamento, la specie pone il genere in quanto dà sé e insieme il
rapporto che lo connette al genere; sicché dati due concetti eterogenei per la
quantità, sarà sempre lecito instaurare tra essi un rapporto di principio a
conseguenza sulla base della loro funzione di specie e di genere,
indipendentemente dalla definizione delle loro connotazioni, sulla base cioè
della differenza delle rispettive denotazioni, dato questo che è uno ed
univoco e non ambiguo com’è il dato delle connotazioni che debbono
attendere la propria determinazione materiale dalla determinazione delle
funzioni o generica o speciale che assumono l’una rispetto all’altra; in altri
termini, se a fondamento della determinazione del rapporto di ragione tra due
concetti siffatti si assume la dialettica della genesi cognitiva che ha luogo
sempre dal più determinato al meno determinato, dalla specie al genere - il che
è valido non solo per la descrizione della piramide concettuale di tipo
aristotelico, per la quale è evidente che l’acquisizione del sapere ha luogo
solo dalle specie al genere, ma anche per una piramide concettuale strutturata
platonicamente, perché in essa solo la contemplazione della totalità della
specie rende noto il genere - e se si prepone alla genesi intelligibile dei
concetti la genesi cognitiva - a questa preposizione si adegua totalmente
l’aristotelismo, che null’altro fa se non ridurre la prima alla seconda
attribuendo agli enti specifici della specie la potestà causatrice dell’attuale
sul potenziale -, la specie diviene principio di esistenza, ossia di cognizione
e di pensamento, e insieme di intelligibilità del genere, nel senso che ogni
concetto col rango di specie è fonte di cognizione di se stesso o
immediatamente nel caso che sia specie infima e con ciò rappresentazione
[pag 98 F 3]
intellettuale
di un corrispondente fenomenico sensoriale o mediatamente attraverso la
conoscenza di specie sottordinate fino alla specie infime da sussumersi sotto
di essa, senza che questa affermazione leda affatto la funzione privilegiata
del genere, il quale sotto questo punto di vista coincide con ciò che nella
specie genera l’intelligibilità della specie stessa; sicché, in questo modo, si
ribadisce quel che dicevamo sopra, essere indipendente la funzione logica di
soggetto o di predicato del giudizio dalla funzione razionale di principio o di
conseguenza, e insieme si rende indipendente la determinazione delle funzioni
di principio e di conseguenza dalla determinazione delle connotazioni dei due
concetti, nei confronti delle quali al pensiero è dato attribuire al genere una
quantità maggiore o minore che e quella della specie in funzione non già di ciò
che della specie e del genere è effettivamente noto, ma della genesi ontica o
causalità ontica del genere dalla specie o della specie dal genere, la quale
causalità è determinata muovendo da
altri principi che non sian quelli della mera cognizione intuitiva dei contenuti
dei due concetti: per questo, essendo i due concetti X e B, la determinazione
della genericità di B e della specialità di X, consente di affermare
indifferentemente che X è B o che B è X, che Socrate è uomo o che uomo è
Socrate, essendo la differenza tra le due strutture equivalente alla differenza
che separa il moto discensivo dal principio alla conseguenza dal moto ascensivo
dalla conseguenza al principio. Ma, ammesso anche che questa mia asserzione non
sia la descrizione di ciò che si dà nel pensato intuitivamente riflesso e che
il pensiero, invece di rifarsi alla estensione dei due concetti del giudizio e
alla funzione che da tale punto di vista
l’uno acquista di specie, prenda in effettuale considerazione le due
connotazioni e riscontrando, come vogliono i platonici, l’immanenza della
connotazione della specie entro la connotazione del genere, o l’immanenza della
connotazione del genere entro quella della specie, come vogliono gli
aristotelici, il fondamento del giudizio sia non i rapporti fra le denotazioni,
ma quelli fra le connotazioni: non si dà un’eccessiva differenza tra questo
assunto e la mia asserzione, in quanto anche questa implicitamente prende in
considerazione le connotazioni, ma come fattore secondario; comunque, e nel
caso in cui le connotazioni in rapporto reciproco siano cognizione primaria e
fondamentale
[pag.98 F 4]
del rapporto
di ragione tra i due concetti o siano solo nozione secondaria e marginale, è
sempre opportuno indagare in quale rapporto vengano a trovarsi le due connotazioni
dei concetti di un giudizio categorico. Al pensiero è lecito assumere a
principio dell’altro concetto il concetto-specie o il concetto-genere; come pure è lecito denotare il
concetto-genere con tante note quante sono quelle che si danno nella connotazione
della specie considerata e nella connotazione delle altre specie cogeneri,
oppure costruire la connotazione del concetto -specie attraverso la
giustapposizione delle note che distinguono
la specie considerata da tutte le altre specie cogeneri, alle note che
tutta la classe comprende in sé come comuni e che si pone a genere della
classe; nel primo caso la differenza quantitativa segna un di più a favore
della connotazione del genere, nel secondo a favore della specie. Ma tutto ciò
non è decisivo agli effetti dell’indagine che qui muoviamo; quel che conta è
che la differenza quantitativa è segno di qualcosa d’altro nel rapporto tra le
due connotazioni, e precisamente di una eguaglianza parziale, che di diritto
nulla è se non un’identificazione tra il concetto la cui connotazione segna un
di meno, e il concetto la cui connotazione segna un di più; e questa
identificazione non è che la conseguenza di quella rottura dell’unità ontica
che intercorre tra i due concetti. Nulla impedisce, per la verità, al pensiero
di definire un giudizio categorico come un rapporto da principio a conseguenza
in cui il principio è una causa e la conseguenza è un effetto: ma a parte il
fatto che tale definizione deve rivestire una determinazione che non è per
nulla né necessaria né univoca, proprio per il fatto che nel giudizio
categorico il punto di vista formale assunto a fondare le funzioni di principio
e di conseguenza è insufficiente, sicché da tal punto di vista nella forma
convenzionale del giudizio categorico nulla impone che il principio sia il
soggetto-genere e la conseguenza il predicato-specie - la differenza di
estensione dei concetti costitutivi di un giudizio categorico non è ragion
sufficiente a fondare la diversità di funzioni entro il giudizio stesso -, la riduzione
del giudizio categorico a giudizio ipotetico si fa legittima solo alla
condizione di sostituire alla connotazione del concetto-soggetto, così com’è
data all’intuizione di immediata riflessione, una connotazione differente,
|