Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

IntraText CT - Lettura del testo

  • Prot. 51 - 101
    • 100
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

- 100 -


[pag.100 F1]

predicato si riempie quando si determina secondo la determinazione che l’accompagna nel concetto-soggetto - è questa l’interpretazione platonica, per la quale, dato X è B, da X piove luce di conoscenza su B il quale solo attraverso X rivela, pel tramite della nota specifica di X, quel che di determinato è capace di aggiungere a sé e quel che di determinato è capace di attuare in sé onde rendersi atto ad accogliere la determinazione aggiuntiva (la mammiferinità aristotelica non si modifica quando si associa alla razionalità e resta con questa  quel che è con l’istintività, mentre la mammiferinità platonica rivela la sua pienezza soltanto con la razionalità sia perché solo in associazione con questa manifesta la sua attitudine a siffatta unione sia perché solo se giustapposta alla razionalità si dispone secondo modi che da un lato la rendono congruente con la razionalità, e dall’altro non sono quelli che assume quando s’associa all’istintività) -; ma queste soluzioni, aggiunte alla descrizione primaria del giudizio categorico, non modificano l’essenza del giudizio che abbiam colto nel primo esame, essere cioè il giudizio categorico la contemplazione di un tutto composito in cui l’attenzione si sposta dal tutto a una parte componente; per analoga sussunzione del giudizio categorico sotto il principio di ragione agente sul diritto che uno dei due concetti ha di garantire esistenza, si porrà la questione, ricca di molte altre che ne seguono come corollari, se l’autonomia nell’esistere sia da darsi al concetto-soggetto o al concetto-predicato, e si opterà per una delle due soluzioni, che la sostanzialità spetti direttamente o indirettamente al concetto-soggetto o al concetto-predicato, ma anche questo problema con le due sue soluzioni non intacca il nucleo del nostro giudizio che resta ciò a cui la prima indagine lo aveva ridotto, una scomposizione di un tutto in parti in forza di un atto di attenzione che gioca tra il rilievo dato al tutto e il rilievo dato a una parte del tutto. Ora, in questo atto non penetra la categoria di causalità, e il giudizio categorico fuoriesce dalla sussunzione sotto di essa: infatti, il pensiero prende sì in considerazione due esistenze, ma fonda la loro separazione non sulla loro eterogeneità qualitativa, ma sull’eterogeneità degli atti di attenzione  con cui le rileva e le apprende; con ciò si trova dinanzi a una simultaneità di due esistenti i quali non sono eterogenei  in sé e in assoluto, ma solo relativamente e per altro, per lo stesso pensiero che li pensa,

[pag.100 F 2]

come d’altra parte dimostra il fatto che se si volessero erigere ad eterogenei essenziali sarebbe necessario privare la connotazione dell’un concetto della connotazione dell’altro con una sottrazione che, mentre consente la sussunzione del giudizio sotto la categoria di causa, lo spoglia al tempo stesso di quel rapporto di parte a tutto che costituisce la sua essenza; nel giudizio categorico manca quell’eterogeneità di esistenze che è una delle condizioni che rendono intelligibile una relazione di causa: per questo il pensiero sposta tranquillamente un concetto con funzione di predicato da un giudizio categorico ad un altro differente per il concetto-soggetto, senza temere per questo di offendere una delle necessarie inferenze dalla categoria di causa, l’unicità della causa, e insieme giustappone molti giudizi categorici a concetto-soggetto, identico  e a concetto-predicato variato, certo di non aver offeso il canone dell’unicità dell’effetto in funzione dell’unicità della causa. Che se si vuol negare il diritto al pensiero  di porre il giudizio categorico in nome dell’assurdo di equiparare un uno a dei molteplici giustapposti, l’obiezione non colpisce  soltanto la legittimità del giudizio, ma anche la legittimità della pretesa di ridurlo a giudizio ipotetico e delle operazioni trasformatrici cui il giudizio categorico  vien sottoposto per fondare la pretesa. Il giudizio ipotetico, poi, che si erige come substrato essenziale e assoluto di contro al giudizio categorico, vede spostato e trasformato il punto di vista da cui il pensiero si pone per conoscere il concetto-soggetto e il concetto-predicato: non son più un tutto e una parte da contemplarsi secondo il rapporto in cui la prima si pone col secondo al fine di rendere più completa la conoscenza di questo; son divenuti due esistenti eterogenei in assoluto: se l’uno, il concetto totalità, si è ridotto a una parte di se stesso che si contrappone al concetto-predicato come a una parte altra dello stesso tutto e che si lega a questa con la necessità di simultaneità nell’esistere con cui due eterogenei assoluti si vincolano in un rapporto causale, il concetto-soggetto si è posto a causa del concetto-predicato secondo un rapporto per cui la nota specifica del primo si pone come ultima di una serie di determinazioni in simultaneità con la quale si il generico del secondo come prima di una serie di determinazioni diverse; ma in questo caso il concetto-soggetto del

[pag.100 F3]

giudizio categorico trova a suo principio causale non già il predicato ma l’intero giudizio ipotetico, nel senso che onticamente l’ontico rappresentato dal concetto-soggetto è eterogeneo simultaneo non dell’ontico riflesso dal concetto-predicato, ma della simultaneità con cui coesistono gli ontici che son pensati come soggetto e come predicato nel giudizio ipotetico; se il concetto-predicato si è equi_ parato o ((??a??)) un intelligibile pensato però come nell’atto in cui patisce la trasformazione da uno a molti e la conseguente dispersione in una molteplicità di intelligibili di cui uno è il concetto-soggetto, il rapporto causale vien capovolto e la disunione dell’intelligibile che nel categorico è predicato diviene nell’ipotetico l’ultima di una serie di determinazioni in simultaneità con la quale si pone l’intelligibile, già soggetto del categorico e prima della nuova serie di determinazioni; in questo caso allora il giudizio categorico ritrova il suo principio-causa non nel suo concetto- predicato, ma nella simultaneità in cui la scissione di questo si con il suo determinarsi secondo il concetto-soggetto, ossia ancora una volta nel giudizio ipotetico. Si deve dunque concludere che un giudizio categorico non è né una sostituzione relativa di un ipotetico né l’equivalente di un ipotetico, in quanto tra categorico e ipotetico può tutt’al più passare il rapporto che lega una conseguenza al suo principio: di fatto, tra i due giudizi, nel caso che abbiano a fattori concetti identificabili, sta la differenza di due dissimili punti di vista, l’uno dei quali coincide con la contemplazione da parte del pensiero di due intelligibili eterogenei, sussistenti oppure no in un solo tutto e quindi parti di un identico tutto o di due totalità distinte: col primo punto di vista si coglie un’unica esistenza nella sua staticità, col che resta ancor più dimostrato che il giudizio categorico non è nel suo intimo per nulla fondato su un nesso di causalità, col secondo punto di vista il nesso di causalità diviene il fondamento del rapporto di predicazione, proprio perché si considerano due esistenze eterogenee e necessariamente simultanee.Un giudizio categorico non può essere in alcun modo ricondotto alla struttura di un ipotetico, appunto perché l’esistenza di per sé non fa causa. Sarà consentito, previa

[pag.100 F4]

dimostrazione s’intende, affermare l’illegittimità del pensiero di situarsi sul duplice piano del giudizio categorico e del giudizio ipotetico e dichiarare il primo  un piano di mera soggettività, che nulla fa conoscere dell’ontico intelligibile in sé; ma tale illegittimità fonda il diritto di cassare tutti i giudizi categorici, non di elencarli sotto la classe degli ipotetici: siffatto compito spetta ad un’interpretazione dei meccanismi del conoscere e ad una dottrina del valore cognitivo dei loro prodotti; ad una dottrina logica non resta che riconoscere al pensiero il diritto di intuirsi per immediata riflessione e la necessità di distinguere le due classi di giudizi, il categorico e l’ipotetico, come irriducibili.

 Il giudizio disgiuntivo pare al primo superficiale esame potersi ridurre a un modo della categoricità e o dell’ipoteticità, sicché le sottoclassi del giudizio delle relazioni dovrebbero ridursi a queste due ultime soltanto. A prima vista infatti il pensiero sembra trovarsi a suo agio sia che la forma assunta dalla disgiunzione sia quella della predicazione semplice sia che la disgiunzione assuma la forma della consequenzialità necessaria: per il pensiero sarebbe indifferente affermare che A è o B o C o D oppure che se A è, è o B o C o D, e quindi accogliere l’enunciato sia come segno di una qualificazione del concetto-soggetto ad opera del concetto-predicato sia come segno della necessità dell’esistenza del concetto-predicato al darsi necessario dell’esistenza del concetto-soggetto. Traccia di questa propensione del pensiero a ridurre la disgiunzione a una sottoclasse della causalità si ritrova nel tutt’altro che chiaro discorso dedicato da Kant alla giustificazione dell’inferenza della categoria di comunanza dall’analisi di un giudizio disgiuntivo: Kant ci dice che il contenuto complessivo di un giudizio disgiuntivo è la rappresentazione di una totalità intelligibile suddivisa nelle parti intelligibili che la compongono e che, prive come sono di un vicendevole rapporto di genere a specie o di inerenza, debbono giudicarsi connesse vicendevolmente da coordinazione e non da subordinazione, debbono cioè essere pensate nei loro rapporti reciproci come sottoclassi di un’unica classe sovraordinata e non come l’una classe delle altre: le sottoclassi, membri della divisione della classe,




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License