- 103 -
[pag.103 F1]
una classe
pensati distributivamente, dal punto di vista cognitivo il giudizio
distributivo si manifesta come un atto di conoscenza incompleto viziato da
parziale ignoranza: se è vero che il suo concetto-soggetto è uno qualsivoglia
di tutti gli individui raccolti nell’ambito di una classe e rappresentati
attraverso quel che di generico li accomuna, è del pari vero che per tale
concetto entro il giudizio assunto nella sua astrattezza non sono fornite le
necessarie nozioni che consentirebbero di procedere all’ulteriore sua
assegnazione alla classe che è classe del generico; si sa che tali nozioni
debbono essere conseguite in quanto note denotanti il concetto, il quale quindi
quantitativamente è determinato, ma si ignora l’effettiva connotazione delle
note sicché il concetto resta qualitativamente ignorato e indeterminato in una
parte della sua connotazione. Si obbietta che questa ignoranza è quanto appunto
assicura al giudizio la validità della sua funzione operazionale; ma
l’obiezione non fa che mettere in rilievo quello cui vogliamo arrivare che
tutto il valore del giudizio sta appunto
nella sua funzionalità, la quale dipende dalla carica di ignoranza da
cui il giudizio stesso è pervaso. La ragione è in generale una serie di
operazioni complesse che son discorsi destinati ad allontanare il quadro
rappresentativo da uno stato di ignoranza per sistemarlo in una condizione di
conoscenza in cui l’ignoranza sia stata elisa e sostituita da una nozione:
perché ciò avvenga è necessario che l’ignoto sia in relazione con il noto e in
una relazione tale che quanto di conoscenza il noto offre sia sufficiente a
ridurre l’ignoto al noto, il che comporta che fra tutti i pensati, reali e
possibili, sussista una trama di connessioni, come poneva Cartesio nella sua
terza regola. Ma si tratta di stabilire in che cosa consistano i rapporti fra
l’ignoto e il noto. Poiché non è nostra intenzione svolgere qui una teoria
completa della ricerca, ci limitiamo al caso in cui il rapporto tra noto e ignoto
sia di sussunzione, al caso cioè dell’analisi-deduzione in cui l’ignoto si
presenta come un dato la cui parziale analisi consente di rappresentarlo come
intelligibile sottoordinato a un intelligibile di cui già si conoscano nella
loro interezza estensione e comprensione: in questa situazione il punto di
partenza della
[pag.103 F2]
ragione è
sempre una rappresentazione soddisfacente in tutte le esigenze del conoscere,
ossia un giudizio che esplicitamente prospetta alla coscienza contemplante
l’intero quadro delle note e dei rapporti tra le note che vi immangono; la
situazione di ignoranza che è principio all’operazione discorsiva non riguarda
più il giudizio noto o tutt’al più lo può investire per difetto di analisi, in
quanto la ricerca non ha proseguito fino al termine estremo la determinazione
delle note e delle classi proprie di ciascuno dei concetti del giudizio; ma se
supponiamo che il difetto sia stato superato, la conoscenza che il giudizio
offre è completa e zone di cecità rappresentativa non si danno né nel
concetto-soggetto, né nel concetto-predicato né nel loro rapporto; che se
supponiamo invece che il difetto sussista, si tratterà sempre di un’ignoranza
inconsapevole, che è in fondo quella che dobbiamo presupporre per tutte le
nostre conoscenze anche le più luminose. Se, dunque, il punto di partenza di un
discorso è uno stato di conoscenza per sua essenza o privo di ignoranza o tale
da trasformare in noto con i soli suoi contenuti quanto di ignoto può
ritrovarsi, e se l’ignoto che si vuol conoscere con il discorso è per ipotesi
un subordinato a uno dei concetti costitutivi del giudizio noto, il rapporto
tra noto e ignoto è formalmente la sussunzione, materialmente un sovraggiunto
alla conoscenza che amplia quantitativamente il quadro del sapere, in quanto
esso s’aggiunge come nuovo membro a quelli delle classi sottoordinate già note
o va ad arricchire gli intelligibili generici che siano ragione di classe: il
discorso che dall’ignoranza mena alla
conoscenza modifica quantitativamente il conosciuto precedente nel caso che l’ignoto sia specie del noto,
quantitativamente e qualitativamente solo nel caso che l’ignoto sia genere del
noto:- sia A il giudizio conosciuto, siano A1 e A2 i
concetti che lo costituiscono, siano B C...N e D E...M le classi rispettivamente
di A1 e di A2 e s t...n e u v...n le note rispettivamente
della comprensione di A1 e di A2: A per essere dichiarato
noto deve essere tale che, data la materia posseduta del
[pag.103 F3]
conoscere,
quanto di ignoto possa toccare A1 o A2 dipenda dal
mancato approfondimento analitico; se la mente s’arricchisce dell’ignoto X, A
diviene principio di conoscenza di X alla condizione o che X sia sussumibile
sotto A1 soggetto, nel qual caso la somma del noto subisce una
semplice variazione quantitativa aumentando il numero delle classi
sottoordinate che devono essere pensate dal conoscente, o che A2
predicato sia sussumibile sotto X, nel qual caso la somma del noto subisce una
variazione quantitativa e insieme qualitativa, perché aumentano le classi di
intelligibili e insieme i generi sotto cui il precedente noto dev’essere
pensato -. Questo rapporto tra ignoto e noto è quel che di norma si verifica
quando i giudizi noti siano o un categorico o un ipotetico, per tale rapporto,
meramente avventizio, l’ignoranza e il suo superamento o non toccano affatto le
rappresentazioni già note attraverso il giudizio o le arricchiscono, sicché se
il rapporto avventizio non si dà il giudizio di partenza resta immobile nella
sua staticità, soddisfacente dal punto di vista cognitivo, e non dà luogo ad
altri discorsi o sillogismi che non siano quelli cui il contemplante è
costretto se si rappresenta gli intelligibili del giudizio entro la piramide
completa degli intelligibili posseduti. Ora, tutto questo non si dà in un giudizio
disgiuntivo: se assumiamo questo a principio di un discorso che pretenda
elidere un’ignoranza, l’ignoranza elisa non riguarda un ignoto avventizio,
bensì il giudizio stesso; il giudizio disgiuntivo, infatti, assume i membri di
una classe come totalmente ed attualmente dati alla conoscenza, sicché
quantitativamente il discorso cognitivo non provocherà alcuna modificazione
allo stato gnoseologico del pensiero contemplante, il quale attraverso
l’enunciazione del concetto-soggetto possiede la ragione di una classe e la
serie intera dei cogeneri della classe e attraverso l’enunciazione del
concetto-predicato possiede le ragioni delle classi sottoordinate alla prima e
sovraordinate ai secondi e insieme la serie intera degli intelligibili a queste
sottoordinati; al pensiero
[pag.103 F
4]
contemplante
non mancano neppure le conoscenze materiali-qualitative che son ragione della
sussunzione dei subordinati sotto gli intelligibili del predicato, perché tali
nozioni son date dalle differenze quantitative che distinguono la comprensione
degli intelligibili del predicato dalla comprensione dell’intelligibile che è
ragione dell’unica conoscenza data dei subordinati. Quel che è ignorato è la
differenza che divide la comprensione di ciascun intelligibile sottoordinato
dalla comprensione dei suoi cogeneri: ma siffatta ignoranza giace nell’intimo
del giudizio stesso e viene elisa solo attraverso il sovraggiungere o di un
noto o di un ignoto il quale però diviene noto attraverso un discorso che sia
altro da quello avente a suo principio
il giudizio disgiuntivo - se il giudizio disgiuntivo è “ M è o A o B”,
esso diviene principio di discorso alla condizione che il sovraggiunto X o sia
un noto, e come tale possa sussumersi sotto M in quanto ragione, oppure sia un
ignoto divenuto noto attraverso il discorso M è T, X è T, X è M e il discorso A
è V, X è V, X è A oppure B è Z, X è B, da cui risulta che X è M e o A o B -.
Ciò che di avventizio sovraggiunge per dare inizio a un discorso che abbia a
suo principio un giudizio disgiuntivo è, quindi, non un ignoto, ma un noto; ciò
che il discorso avente a suo principio un giudizio disgiuntivo è, quindi,
l’ignoranza immanente nel giudizio stesso, sicché dobbiamo affermare che il
discorso muovente dal giudizio stesso lascia qualitativamente e
quantitativamente immutata la situazione cognitiva, si vale di uno stato nuovo
di conoscenza e non di ignoranza, elide una struttura di ignoranza iniziale e
non sovraggiunto: dunque, non ha nulla che fare coi discorsi muoventi da un giudizio categorico e
ipotetico, in quanto questi sono una dialettica che da un noto perviene ad un
noto eterogeneo attraverso un ignoto omogeneo, mentre la dialettica dell’altro
è passaggio da un ignoto a un noto omogeneo pel tramite di un noto omogeneo. E’
naturale quindi che si abbia
|