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il quale,
mai potrà essere conosciuto con un atto unico di intuizione sensoriale che lo
colga con immediatezza nella sua totalità; gli enti derivati intuiti potranno
allora ricevere una predicazione veridica solo se questa li connota in
congruenza sia con ciò che di essi offre la rispettiva intuizione con tutto ciò
che di implicito essa racchiude, sia con la loro condizione di determinazione
del principio, ossia in conformità con quanto del principio è noto. Gli enti
intuiti dunque rimandano per la loro nozione veridica, ossia per una nozione
per la quale le rappresentazioni costitutive della nozione o pensate sono di
fatto e di diritto equivalenti alle componenti costitutive dell’ente o non
pensate in assoluto, da un lato all’intuizione, dall’altro alla proposizione
metafisica prima con la quadruplice conseguenza che se l’affermato non è
congruente con l’intuizione è falso, che se l’affermato è indifferente nei
confronti dell’intuizione e congruente col primo metafisico può essere vero,
che se l’affermato è congruente con l’intuizione e incongruente con il primo
metafisico questo è almeno parzialmente falso, che se l’affermato è congruente
con l’intuizione e col primo metafisico è indubbiamente vero e il primo
metafisico riceve conferma a priori: la congruenza con l’intuizione è frutto di
una riproduzione riflessa di essa e di una sua analisi razionale che, in uno o
in altro modo, ne riveli l’implicito testimoniato, ma non palesato dalle immagini
sensoriali. Non così è per gli enti non intuibili, pei quali derivati come sono
dal principio senza tuttavia offrirsi all’intuizione sensoriale, la veridicità
dell’affermazione sarà costantemente in funzione della sua congruenza con
quanto si afferma del principio nella proposizione metafisica prima; ma ciò che
in questa si afferma riguarda pure un ente non intuito e non intuibile; sicché
la conoscenza di tutti i non intuiti dovrà darsi con modi che sono altri da quelli con cui conosciamo
gli intuiti, e non sarà fondata né sull’analisi né sulla riproduzione di dati
sensoriali. Si può allora concludere che tutte le proposizioni si dividono
nelle due classi delle affermazioni che sono conoscenze di intuiti, analizzati
o riprodotti, e delle affermazioni che sono conoscenze di non intuiti; ma
queste sono o conoscenze del principio o conoscenze derivate da questa e quindi
dipendenti
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da questa e
condizionate unicamente da essa; allora tutte si riconducono alla conoscenza
del principio: per questo, tra lo stuolo delle proposizioni presenti nel
pensiero si leva unica ed eterogenea la proposizione prima metafisica.
Le
proposizioni, allora, che costituiscono il nostro sapere, quantunque di diritto
si ordinino in una sola gerarchia lungo la quale l’attenzione pensante si
sposta, per soffermarsi or sull’una or sull’altra, con il moto dolce e continuo
consentito dalla congruenza della totalità e non con un procedere a salti imposto dalla reciproca incongruenza
di almeno alcune parti, di fatto si dispongono in due ordini differenti, sia
pur l’uno sovraordinato all’altro: la diversità è imposta al subordinato dalla
presenza in tutti i giudizi che lo costituiscono di una nota che manca nel
sovraordinato, la nota della intuizione o reale o possibile, equivalente alla
nota della verificazione diretta o reale o possibile. L’ordine sovraordinato,
campo della metafisica, vede le proposizioni che lo costituiscono rimandare
tutte in forza della gerarchizzazione
al primo giudizio che è
definizione e conoscenza generica e fondamentale del principio. Ma la prima
proposizione solo in apparenza e formalmente è tale, gode cioè di primato
assoluto. Essa è nel suo aspetto formale sintesi di predicato e soggetto, nel
suo valore materiale analisi del
principio, nozione del principio in armonia con le condizioni umane del
conoscere razionale. Il primo problema è di stabilire il diritto che il
pensiero può addurre a garanzia dell’essere e del modo d’essere del primo
giudizio, il diritto che è ragione della nozione e della predicazione: con ciò
la prima proposizione metafisica ha primato assoluto nell’ordine
logico-formale, non nell’ordine gnoseologico, perché una moltitudine di altre
conoscenze e di altri processi di pensiero, altri da quello che l’attenzione pensante accoglie dopo l’enunciazione del
(la) proposizione stessa, è venuta prima in ordine di tempo: materialmente la
prima proposizione metafisica è media. Infatti, sia che il principio abbia
rivelato se stesso
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sia che al
principio si sia giunti per una sorta di induzione dall’intuito, il principio
mai è stato dato per intuizione
immediata e quindi mai è stato nel conoscere quel primo che è nell’essere; è
allora sia che sia stato dato per rivelazione sia che sia stato raggiunto per
analisi razionale, il pensiero ha potuto accogliere il dato rivelato o
analitico solo in virtù di un vaglio e di un esame convalidatore alla luce di certi canoni già assunti come principi
della verità e validità gnoseologica di un noto. Donde la prima aporia
levantesi nell’ambito stesso della soluzione del primo problema, e precisamente
che alla prima proposizione metafisica
si può giungere solo previo un processo di conoscenza il quale trae
liceità dalla padronanza e dall’usufrutto di criteri di validità, che a loro
volta sono proposizioni, prime nell’ambito della verifica e quindi della
formalità razionale, ma non nell’ambito della conoscenza, perché qui
presuppongono un precedente lavoro di ricerca che è attività di conoscere
postulante un primo giudizio metafisico: la validità della testimonianza, o di
sé o di altro, di chi si presenti al pensiero umano per far conoscere qualcosa
che non può essere immediatamente intuito e che nella fattispecie è o il
principio metafisico stesso e un suo momento è fonte della prima proposizione
metafisica, ma solo alla condizione che sia posseduto il criterio formale della
validità della testimonianza in generale e il criterio pure formale delle
situazioni e dei modi in genere in cui è valida una testimonianza in quanto
tale; ma i due criteri sono punti di arrivo di una precedente elaborazione di
pensiero che è processo di conoscenza che rimanda a una prima proposizione
metafisica che sia garanzia di valore per il processo stesso; e per questa
prima proposizione si ripropone il problema di diritto che già si era posto per
la prima proposizione metafisica al vertice
delle conoscenze attualmente date e usufruite; lo stesso discorso deve
essere ripetuto per la validità dell’analisi induttiva accolta a fonte di
descrizione e definizione di un primo metafisico.
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E l’aporia
non è in alcun modo superabile: o perché il pensiero risale di prima
proposizione in prima proposizione, lasciandosi rimandare dalla prima
proposizione che è al vertice dell’ordine delle conoscenze di cui ci si vale in
atto per rappresentarsi il mondo alla prima proposizione che è al vertice delle
conoscenze entro cui si ritrovano i canoni di validità formale, e da questa
all’altra prima proposizione da cui è scaturito per la mente il diritto e la
ragion sufficiente di pensare la prima proposizione che vien seconda nel
processo ascendente, e dalla prima proposizione che siffatto processo pone come
terza e così via - l’infinità del processo ascendente è tuttavia puramente
apparente perché qualunque ipotesi nuova si possa formulare secondo un metodo di analisi di tipo platonico, questo non potrà non valersi della somma di
tutte le conoscenze date, presenti passate future, non potrà cioè non porsi
come manipolazione sia pure non arbitraria di tale somma, e la somma, essendo
finita, stabilisce un numero finito per
le possibili combinazioni dei componenti -; o perché il pensiero stesso, nel
processo ascensivo, deve arrestarsi a
dei primi dati che godono di un primato
assoluto nell’ordine formale e che
quindi debbono porsi come principi
logici assoluti, la veridicità delle leggi supreme di ragione e il monopolio di
conoscenza materiale esercitato dalle intuizioni: questi che sono i canoni
primi di un qualunque conoscere che sia
richiesto per stabilire il diritto di una conoscenza a porsi come vera, sono
insuperabili e costituiscono quel limite supremo cui si voleva pervenire: si
potrà una volta giunti in possesso della prima proposizione metafisica, che è
prima anche in quel processo ascendente cui la problematica del suo diritto ad
essere pensata vera ha dato inizio, ignorare il rapporto che intercorre tra
questa e i canoni, si potrà trascurare la relazione di dipendenza che
intercorre tra la prima proposizione
metafisica che è prima nell’ordine metafisico universale e la prima
proposizione canonica che è prima nell’ordine gnoseologico universale, ma media
nell’ordine metafisico; ma la trascuranza è segno di
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